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La “Slavia friulana nel mondo” presenta la riedizione de “Gli sradicati” di Roman Firmani


Grazie ad un contributo regionale (L .R. 9/2019, art. 40, c.1-4) e dopo il racconto “Andren, zadnji škrat” (di Roman Firmani e Sergio Cernoja), la sempre più attiva associazione Slavia friulana nel mondo, presenta il secondo romanzo dello scrittore/emigrante di Rodda/Liegi, Roman Firmani, “Gli sradicati”, già uscito a cura delle edizioni del Noce nel 1998 e andato rapidamente esaurito.
Quella che viene raccontata non è una normale storia di emigrazione: è la drammatica vicenda che trascina i protagonisti nel vortice della guerra segnando profondamente il loro destino. Uno, il protagonista, finisce in un campo di concentrazione nazista, gli altri due, la moglie e il figlio, ritornano nella terra d’origine, le slave Valli del Natisone, in Friuli.
Un romanzo intenso e forte nel quale l’emigrazione è fuga dalla povertà ma è anche partecipazione alle sofferenze delle genti che offrono ospitalità.
Alla fine della guerra, la famiglia si ricongiunge anche se il suo “viaggiare” non è finito.
Il Belgio riapre le frontiere ai migranti italiani che ci avevano lavorato prima del conflitto, offrendo loro un lavoro in miniera. Una nuova partenza è inevitabile come lo era stata sedici anni prima. Si riapre la via dell’esilio.

L’autore è figlio del protagonista e quindi, come la madre, protagonista egli stesso di un’odissea vissuta con cuore intrepido e profonda sofferenza: le incertezze dei trasferimenti, il crollo nella miniera, l’ostilità dei compagni quando l’Italia entra in guerra a fianco della Germania, l’ansia per il padre lontano, sono narrati, quarant’anni dopo con incorrotta memoria, cicatrici incancellabili dalla sua travagliata coscienza. In queste pagine, ci sono racconti di vita vissuta accomunati dal medesimo dramma della lontananza e dell’esilio.
Emerge, però, un disegno più generale: quello di una concezione del “viaggio” come componente costitutiva e simbolo del vivere umano. Una interpretazione metafisica che conferisce all’epopea migratoria una nuova dimensione, particolarmente attuale.

Il romanzo è introdotto da una interessante presentazione a cura di Dino Chiabai e Ferruccio Clavora che precisano ed attualizzano alcune delle tematiche proprie della comunità della Slavia.

In copertina, un bellissimo olio su masonite “Verso l’ignoto” di Loretta Dorbolò.

CHI E’ L’ AUTORE




ROMAN FIRMANI nasce nel 1930 a Clavora, frazione di Rodda Alta nel comune di Pulfero (UD). In tenera età, con la madre Gilda, emigra in Belgio per riunirsi con il padre Celso che lavora nella miniera “Charbonnage Colard” di Seraing, in periferia di Liegi.
Fa la spola tra la sua terra ed il Belgio, arricchendo il suo bagaglio di lingue, culture ed esperienze umane. Dopo l’invasone tedesca del Belgio, l’entrata in guerra dell’Italia e la deportazione del padre in Germania, rientra nelle Valli del Natisone e si stabilisce a Biacis, dai nonni materni, Miha e Tonina.
Dopo la guerra, riparte per il Belgio dove, a sedici anni, lavora come “soffiatore” nella vetreria “Val Saint Lambert” di Seraing.
Nel 1960, intraprende un’attività nel settore edilizio che chiude nel 1978. Da disoccupato, inizia a scrivere, concentrando la sua attenzione sulle vicissitudini di quella Slavia che ama profondamente.
Raccontando della sua terra e della sua gente, partecipa, a modo suo, al Movimento impegnato per il riconoscimento della specifica identità della sua comunità.
Nel 1981 esce il suo primo romanzo “L’ultima valle”, nel 1989 la prima edizione del racconto “Andren zadnji škrat”, nel 1992 “La lupa del monte Mia” e nel 1996 “La miniera e gli uomini”.
Nel 1998 viene presentato il suo secondo romanzo “Gli sradicati”, mentre nel 2003 viene ripubblicata “L’ultima valle”.
Nel gennaio del 2009 Roman conclude, a Liegi, la sua travagliata ma allegra esperienza umana.
Le sue ceneri riposano nel cimitero di Antro (Pulfero).
Pochi mesi dopo, in aprile, su iniziativa di suo cugino Ferruccio Clavora ed il sostegno dell’Amministrazione comunale di Pulfero guidata da Piergiorgio Domenis, viene presentato, postumo, il suo ultimo racconto, “Lidia e il cosacco” con illustrazioni di Mara Cernoia.
Ferruccio Clavora


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