Valorizzare le identità culturali

Dare a ciascun individuo la propria dignità e il proprio spazio identitario
La posizione espressa dal gruppo dei «Cittadini per il Presidente» in Consi­glio regionale, in relazione alla tutela delle parlate locali unitamente alla lingua Slove­na, è analoga a quella manifestata nel Co­mitato paritetico dal prof. Odorico Serena, che giudico persona molto equilibrata e sensibile alla questione delle lingue mino­ritarie: né io né il mio gruppo politico ab­biamo mai negato che la tutela delle va­rianti locali della Val Resia, delle Valli del Natisone, della Val del Torre, della Valca­nale, etc. non appartengano all’ambito di tutela della legge n.38/2001, dedicata alla minoranza linguistica slovena. Non spetta alla politica, ma alla scienza e agli specia­listi, dire se queste particolarità linguistiche locali debbano essere considerate o meno del ceppo slavo o dello sloveno.

Personalmente so quali siano i giudizi espressi sull’argomento dai linguisti in oc­casione dei vari congressi scientifici inter­nazionali e mi ritengo anche privilegiato perché posso beneficiare in casa della competenza di mia madre che, da ormai molti anni, ha invaso le nostre librerie di studi e di ricerche sul tema...

Da politico, però, devo pormi una domanda:
qual' è la finalità di una legge di tu­tela delle minoranze linguistiche?
Quella di aiutare le popolazioni interessate a valo­rizzare la propria identità culturale, che trova nella lingua-madre uno dei cardini essenziali.
Se così è, va sostenuta la continuità didattica della scuola bilingue di San Pietro (alla cui inaugurazione il 12 settem­bre prossimo non potrò purtroppo parteci­pare, in quanto sarò in missione a Stra­sburgo), ma vanno appoggiate anche le iniziative tese a non sopraffare le parlate locali in nome di una koinè totalizzante, altrimenti questa imposizione potrebbe ri­schiare di trasformarsi in un’operazione culturalmente discutibile e contraria alle stesse finalità della legge.

Il gruppo dei «Cittadini per il presiden­te» ha assunto, quindi, sia nei confronti della legge regionale sul friulano che per quella sullo sloveno, una prospettiva am­pia che porti non all’agnosticismo o all’e­sclusione delle parlate locali, ma alla loro valorizzazione accanto alla acquisizione della lingua standard.

Del resto ciò è quanto si sta facendo da alcuni anni nei territori di riferimento: ri­cordo che le stesse istituzioni scolastiche bilingui, come la Scuola di San Pietro (che conosco di più anche perché è frequentata da mia nipote) e molti circoli sloveni han­no attuato varie e numerose iniziative per promuovere la conoscenza delle particolatità linguistiche locali, come valore di ar­ricchimento.
Il fatto di riconoscerne anche in legge l’esistenza e di tutelarle aiuta, ne sono convinto, a rendere la normativa in materia accetta e comprensibile anche per coloro che non sono i destinatari diretti delle norme di tutela, e che sono gli appar­tenenti alla maggioranza linguistica o alla «minoranza della minoranza».

Dare a ciascun individuo la propria di­gnità e il proprio spazio identitario favori­sce una serena convivenza delle diverse realtà linguistiche e, quindi, l’accettazione della multiculturalità anche in comunità piuttosto ristrette.

Ritengo che questo possa garantire effi­cacia alla legge di tutela, mettendola al ri­paro da strumentalizzazioni politiche, che spesso hanno fatto di queste distinzioni linguistiche dei pretesti per anacronistiche battaglie ideologiche piuttosto che occa­sione di studio, di approfondimento e di divulgazione culturale positiva.
Carlo Monai
Vicepresidente del Consiglio Regionale
da DOM 15.09.2007
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