Ospedale di Cividale
Slavia Friulana e dignità sociale di un territorio emarginato
La cronica crisi del modello di sviluppo imperniato sull’accelerazione della logica dei consumi e l’incapacità delle classi dirigenti politiche e sociali di proporre praticabili e lungimiranti alternative di sistema portano necessariamente a considerare ogni riforma come sinonimo di riduzione dei costi, di tagli ragionieristici alle impalcature del “Welfare System” sviluppatosi dalla fase della Ricostruzione post-bellica in avanti. L’ultima crisi finanziaria ha, inoltre, messo in luce l’impotenza delle parcellizzate/segmentate Istituzioni democratiche rappresentative delle istanze dei cittadini, di fronte alla globalità dell’azione dei cosiddetti “poteri forti”, impalpabili centri decisionali in grado di condizionare l’evoluzione delle società a livello planetario.
Se non teniamo conto di questo quadro di riferimento complessivo, non possiamo nemmeno capire e quindi interpretare il senso e la direzione delle varie “Riforme” che ci vengono proposte sia a livello nazionale che regionale. Istintivamente, ci limitiamo solo ad esprimere qualche insofferenza verso la rigidità dei “diktat” della Commissione Europea facendo gli scongiuri perché non piombi sulle nostre teste (e nelle nostre tasche) - per completare l’opera di depauperamento - l’azione vorace della famigerata “troijka” (Commissione Europea, Banca Centrale e Fondo Monetario Internazionale).
Il senso della proposta di “riordino dell’assetto istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale e norme in materia di programmazione sanitaria e sociosanitaria” va interpretata in quella logica: per alcuni, tagli subito e promesse di migliorie dopo un incerto periodo di sperimentazione. Questo vale in particolare per l’area della Slavia Friulana.
Chi scrive, non rappresenta un’area politica o una pubblica Amministrazione ma quella parte della Comunità che non intende, una volta ancora lasciarsi sacrificare sull’altare di non si sa bene quali logiche - e quindi interessi - come lo è sempre stata, nel contesto del Regno prima e della Repubblica dopo.
Leggendo ed ascoltando quanto si é scritto e detto in queste settimane sul “riordino” proposto, ci siamo persuasi che, in realtà, il destino dell’Ospedale di Cividale - e tutto quello che può e potrebbe rappresentare per la nostra Comunità la riforma proposta - si inserisce nella logica della presa d’atto della prossima cancellazione della Comunità della Slavia dai monti circostanti la città Ducale. In realtà, nel filone della “teologia della cancellazione” che ci è stata propinata per troppi anni senza provocare reazioni, ora si viene a proporci un percorso di “accompagnamento all’estinzione”, di eutanasia sociale.
Servizi in meno, subito, contro la promessa di un funzionamento migliore del sistema, domani. Temiamo però che quel domani, invece, quando la comunità della Slavia sarà demograficamente ulteriormente ridotta, porterà alla logica conclusione dell’inutilità di una struttura sanitaria per un bacino così limitato, quasi insignificante: tanto per Buttrio, Manzano, Remanzacco, Moimacco, Premariacco, Moimacco, ecc …. per la stessa Cividale … Udine è a due passi! Quindi, se oggi è soprattutto dalla Slavia che monta l’opposizione a questo riordino - assolutamente non preconcetta ma fondata su una reale preoccupazione dei cittadini - è perché intravediamo gli scenari che molto probabilmente andranno a trasformarsi in realtà irreversibile fra pochi anni. In questa logica va interpretata la diversa destinazione dei 6 milioni di Euro originariamente stanziati per il rinnovo delle attrezzature dell’ospedale di Cividale.
Il nostro non può, non vuole e non deve essere un intervento tecnico con dettagliate proposte di modifica del testo presentato. Si tratta, invece, di porre l’accento sulla specificità morfologica del territorio e quella identitaria della popolazione che qui rappresentiamo per dire con forza che la Slavia ha già dato, sempre e comunque, certamente troppo: dalle Guerre all’Emigrazione e allo Sviluppo dell’area della sedia e dell’udinese: senza mai chiedere compensazioni e senza mai alzare la voce.
Ora, nonostante la crudezza di tutti gli indicatori demografici e socio-economici che ci riguardano, noi scommettiamo ancora sul futuro della nostra Comunità. La Storia della Slavia è un lungo susseguirsi di atti indirizzati all’indebolimento e poi all’annullamento di questa Comunità. Ma ci siamo ancora! Anche per contraddire coloro i quali pensano e scrivono che si è esaurito il tempo del “Il piccolo è bello”. Anzi, economicamente è un discorso che non regge: l’anti-economicità sta nelle grandi concentrazioni urbane e nelle anonime megastrutture operative. Anche l’Europa se ne è accorta ponendo alla base del disegno democratico della sue edificazione il principio di sussidiarietà. Nello specifico va ricordato che il sistema decentrato della nostra sanità regionale è l’unico in Italia ad aver accumulato dal 2001 al 2011 un avanzo di bilancio.
Uno spirito autenticamente riformista, in questo caso “ri-ordinatorio”, in un momento di crisi strutturale dei rapporti tra Poteri a livello internazionale e soprattutto nel caso specifico italiano - Paese fondato sulle diseguaglianze tra categorie di cittadini e sulla legittimazione di assurdi quanto insostenibili privilegi per determinate caste - dovrebbe ispirarsi alla logica del riequilibrio tra chi ha troppo - anche in virtù di abusi legalizzati - e chi ha meno o non ha a sufficienza per garantirsi una esistenza dignitosa. Il problema centrale che determinerà l’uscita dalla crisi del nostro Paese o il suo definitivo sprofondamento in condizioni sociali insostenibili sta proprio qui: ridistribuire le risorse in favore delle categorie e dei territori in sofferenza, riducendo i diritti/privilegi di coloro che usufruiscono di tutele maggiori. Il principio della “giustizia distributiva”, al quale ci richiamiamo comporta il sacrificio di alcuni in favore dei più deboli.
Indubbiamente la Slavia Friulana costituisce nel Friuli-Venezia Giulia, una realtà in grande sofferenza, al limite della sopravvivenza fisica ma anche identitaria. E’ quindi un’area nella quale sarebbe possibile - auspicabile e doveroso - applicare in concreto il principio di “solidarietà”. La Slavia non chiede che si spenda di più ma, a questo punto si trova costretta a chiedere che si spenda meglio. Per questo, vogliamo cogliere quest’occasione per lanciare un solenne appello alla coscienza civile dei popoli di queste terre ed al suo vertice istituzionale perché venga colta l’occasione di questo ri-ordino per la elaborazione di un Piano multisettoriale di rinascita e sviluppo di questo territorio, investendo con maggiore razionalità e buon senso, per un congruo numero di anni, le risorse già disponibili in un apposito “Fondo straordinario per la Slavia Friulana”. In questo fondo andrebbero fatte confluire parte delle risorse già stanziate per la Montagna, quelle della legge 38/2001 (che riguardano in maniera specifica lo sviluppo socioeconomico dei Comuni della provincia di Udine ammessi a tutela) e tutte le altre risorse (regionali, nazionali ed europee) che, in un modo o nell’altro, vengono già investite, più o meno utilmente, in loco.
Per concludere alcune considerazioni specifiche sul tema del ri-ordino del Servizio Sanitario Regionale, anche se la nostra posizione, a questo punto della discussone in Regione, come già detto, non può, non vuole e non deve essere un intervento tecnico. Premessa a qualsiasi riforma duratura e rispettosa delle legittime prerogative di tutti i cittadini nell’ambito dell’improcrastinabile eliminazione degli evidenti sprechi di denaro pubblico è l’applicazione dei costi standard anche nel settore della Sanità.
Vogliamo cogliere questa occasione per rappresentare quello di cui necessità la popolazione della Slavia quale anticipazione di quello che potrebbe essere la rivendicazione di tutti i cittadini del Friuli-Venezia Giulia domani: la garanzia della certezza, della tempestività e della qualità del Servizio. Anche in considerazione dell’attenzione posta alle “comunità isolate” ed alle ”zone particolarmente disagiate” dal recente “Patto per la salute” della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano e dal Regolamento recante “definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, vengano assegnati a Cividale nuovi compiti e funzioni in grado di contribuire al decongestionamento del pericoloso ed antieconomico accumulo di attività ad Udine, applicando con razionalità il principio vincente del decentramento produttivo anche in considerazione delle caratteristiche dell’utenza delle Valli. Tenendo conto dell’età e delle caratteristiche etnico-culturali della stessa, nel personale del Distretto andrebbe prevista - al di là del ri-ordino - una quota di operatori con buona conoscenza della particolare lingua locale. Per quanto riguarda la prospettiva transfrontaliera, prima di ulteriormente sviluppare il tema, andrebbe attentamente valutato, in particolare dagli amici della Slovenia, l’obiettiva realtà del problema delle distanze: se vale per le Valli a maggior ragione dovrebbe valere per i centri sloveni. Oltre a considerare i problemi di comunicazione tra operatori sanitari locali ed eventuali utenti provenienti dalla Slovenia. In questa ipotesi, gli eventuali fondi europei provenienti dalla cooperazione transfrontaliera non dovrebbero esaurirsi nella sola assunzione di personale a conoscenza anche della lingua slovena. Infine, l’occasione del “riordino” deve essere colta per ridefinire, per tutta l’area montana della Regione, il livello del rapporto ottimale tra assisiti e medici di base, per i quali va, comunque, programmata una adeguata attività di riqualificazione.
Nell’esprimere la nostra profonda preoccupazione per la mancata espressione di un fermo e solenne richiamo alle competenti Autorità al loro dovere di rappresentanza dei fondamentali diritti di tutti i cittadini, richiamiamo tutte le Parti in causa sulla necessità e l’urgenza di un serio confronto sulla situazione della Slavia Friulana, non sempre adeguatamente e realisticamente rappresentata, e soprattutto sulle azioni da porre in essere per garantire a questa porzione della Nazione italiana una concreta possibilità di rinascita e sviluppo.
Noi, nonostante tutto, forti delle prove superate nei secoli dalla nostra Comunità e confidando in Charles Darwin che affermava “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere ma quella che si adatta meglio al cambiamento”, ci crediamo ancora!
Istituto Slavia Viva
30 settembre 2014