Profughi abbandonati dalle istituzioni
Pulfero. La triste vicenda di 15 giovani africani fuggiti dalla guerra in Libia
Lavoravano in Libia emigrati dall’Africa sub-sahariana guadagnando abbastanza da poter avere una casa, una vita decente e mandare anche soldi alle famiglie.
Poi la guerra, la disoccupazione e la marcia forzata nel deserto alla volta della costa, depredati di tutto, documenti, soldi, telefoni.
Chi si ribella è subito ucciso.
Eppure c’è tanta speranza oggi nell’albergo di Pulfero che ospita 15 ragazzi, 7 del Togo, 7 del Ghana e uno dallo Sri Lanka, dai 19 ai 35 anni.
Paolo Venuti, professore e volontario dell’Auser, insegna loro l’italiano e i giovani ce la mettono tutta.
Tutti sono pieni di dignità e buona volontà.
Paolo si è fatto coinvolgere dal punto di vista umano perché, dice,
“è una ricchezza il rapporto che c’è con queste persone, così piene di entusiasmo nell’affacciarsi ad un mondo che a loro sembra “scintillante”» e ci si stringe il cuore temendo la disillusione, soprattutto per il momento di crisi acuta in cui sono arrivati.”
Desiderano restare in Italia perché si trovano bene, con Bruna Vogrig, la proprietaria dell’albergo, che chiamano mamma e che li ammonisce sulla pulizia personale e li incoraggia continuamente:
«Su la testa. Ce l’avete fatta fin qui, ce la farete ancora».
Guai abbattersi.
«Ogni tanto ne trovo qualcuno che piange»,
ci dice con le lacrime agli occhi.
Speranza e paura:
non sanno niente del loro destino, di quanto staranno all’albergo, dove andranno poi, quando potranno lavorare.
E il lavoro la loro preoccupazione costante:
«Si rubano la scopa l’un l’altro.
Mi hanno pulito perfettamente il sottotetto, si vede che è gente abituata a lavorare sodo».
Cosa darebbero per rendersi utili!
Ed invece possono solo passeggiare intorno all’albergo o stare seduti sul muretto.
«Non possiamo far fare niente a questi ragazzi e la gente, vedendoli oziare, maligna»,
fa sapere, amareggiato, il vice-sindaco di Pulfero, Mario Cernoia.
Poi racconta anche del modo in cui il Comune non è stato coinvolto in questa operazione riguardante i migranti.
La Protezione civile, che li aveva in carico, ha preso i contatti con gli alberghi che hanno avuto solo un paio d’ore per dare la loro disponibilità.
ll giorno dopo sono arrivati i ragazzi e il sindaco, Piergiorgio Domenis, l’ha saputo qualche ora prima.
Scaricati lì e poi, da due mesi, più nulla. -
Appena martedì 26 luglio è convocata una riunione tra i sindaci e la Protezione civile regionale.
Quando William del Ghana è stato male, Bruna l’ha mandato all’ospedale dove è rimasto quindici giorni, da solo, senza ancora sapere una parola di italiano, solo un medico parlava inglese.
Paolo e un’altra volontaria sono andati a trovarlo.
William davanti a noi tiene spesso la testa bassa, forse non sta ancora bene.
Ha 32 anni ed è saldatore, un lavoro molto richiesto da noi, gli diciamo anche per tirarlo su.
Non hanno diritto né al medico di base né alle medicine.
Ci pensa Bruna, come può.
Per i sette che sono cristiani, domenica 24 luglio la prima Messa in una delle chiese del luogo; poi bisognerà vedere come avvicinare alla comunità i mussulmani, forse con una preghiera interreligiosa.
Sì, società civile e sussidiarietà, va tutto bene, ma le istituzioni per il momento non ci sono state.
Caterina Dolcher
DOM - n.14 - 2011