Educazione musicale - 1° Unità
L'importanza dell'UGUALE in ogni insegnamento
PREMESSA
Provo un certo pudore a proporre la mia esperienza.
Lo faccio, nonostante tutto, pensando alla grande fatica incontrata per trovare la strada giusta e anche per le belle soddisfazioni che ho avuto da questo insegnamento.
Se un solo insegnante di Educazione Musicale rifarà la mia esperienza, sarò totalmente soddisfatto.
UN MOMENTO IMPORTANTE
Natura non facit saltus!
I processi naturali dello sviluppo dell'intelligenza devono sempre esseri rispettati.
Questo ci obbliga a partire dalle basi prescindendo dall'età degli allievi. Anche se, naturalmente, l'ideale è iniziare questo processo in tenerissima età, dalla Scuola Materna.
Tale inizio è il principio d'identità: l'UGUALE.
Il bambino ha bisogno di almeno tre mesi di vita per riuscire a pensare: io sono io..., la mamma è la mamma!
Quando questo avviene, il bambino ha gettato le fondamenta del suo sapere. Tutto il successivo sviluppo della sua intelligenza avverrà alla luce di questa prima conoscenza.
Perché l'animale non sviluppa l'intelligenza?
Perché gli manca questo fondamento.
Provate, se abitate in campagna, a mettere uno specchio alla base di un albero nel boschetto vicino a casa vostra. Prima o poi qualche uccello si accorgerà di lui (specie in primavera nel periodo degli amori). Noterete che tutti i giorni, la mattina, si avvicinerà allo specchio e si avventerà contro la sua immagine, pensando di trovarsi alla presenza di un rivale.
Se quell'uccello riuscisse a fare il passo del bambino di tre mesi, potremmo incominciare a costruire scuole per uccelli!!!
Il principio dell'UGUALE
Non solo l'insegnante di Educazione Musicale ma tutti gli insegnanti dovrebbero basare tutto il loro insegnamento sul principio dell'UGUALE.
Gli insegnanti di Educazione Musicale hanno, rispetto agli altri, un dovere ancora maggiore, in quanto la loro materia si presta ad esaltare al massimo la capacità educativa e formativa del principio dell'UGUALE.
Qualcuno penserà: la disciplina ideale è la Matematica.
Non è vero. La Matematica, almeno fino alle superiori (comprese), sfrutta l'UGUALE in maniera piuttosto banale: 1 mela = 1 mela. Oppure: 1 mela + 1 mela = due mele. E' sicuramente importante. Però, dato che la quotidianità di tante operazioni del genere ci mette nella necessità di adoperare questo tipo di UGUALE, esso diventa troppo familiare. Non ce ne accorgiamo neppure, non riflettiamo, lo adoperiamo in maniera pedissequa, ripetitiva, meccanica.
Con la musica siamo costretti alla riflessione, in quanto applichiamo l'UGUALE a realtà completamente nuove, diverse, inusuali.
Ad esempio:
riconoscere con l'orecchio due suoni uguali nell'altezza o, più difficile ancora, intonare due suoni perfettamente uguali nell'altezza;
riconoscere due intensità uguali, o riprodurle;
più difficile ancora: riconoscere due tempi uguali (quanto più i tempi sono lunghi, tanto maggiore è la difficoltà di discriminarli).
Quando appare sul televisore l'orologio che conta i secondi, prima delle ore 20.00 su RAI I, osservate i secondi che mancano al segnale delle 20.00, chiudete gli occhi e incominciate a contare: 40, 41, 42, ecc; al 54 sentirete iniziare il "bip".
Avete una buona concezione dell'uguale nel tempo se, partendo da 5, arrivate esatti al 54; avete una concezione appena sufficiente se, partendo da 30, arrivate esatti al 54; avete una concezione del tutto insufficiente se, partendo da 45, arrivate al 54 sballati anche solo di qualche millesimo di secondo.
Rallentando il tempo diventerebbe ancora più difficile. Significa che non siamo abituati all'UGUALE nel tempo.
Proprio per questo il controllo sull'UGUALE in musica può diventare molto educativo.
L'UGUALE, infatti, è molto educativo:
1. obbliga a un continuo autocontrollo sulle proprie capacità;
2. è capace di risolvere qualsiasi difficoltà di apprendimento;
3. è un ausilio indispensabile per l'uso della memoria logica;
4. è molto vantaggioso, perché riduce notevolmente la fatica e ancor più i tempi dell'apprendimento in quanto l'UGUALE si apprende una volta sola; infatti, quando si ripete, non serve reimpararlo essendo già noto.
Per questo l'insegnante di Educazione Musicale si avvarrà dell'UGUALE come metodo di lavoro, richiamando in continuazione su di esso l'attenzione degli allievi.
I° Lezione: ESERCIZIO FONDAMENTALE
Cantare un suono con la vocale "O", dopo averlo ascoltato dalla voce del maestro.
E' un esercizio davvero fondamentale; dovrà quindi essere ripetuto centinaia di volte. Anzi il maestro farà bene ad iniziare ogni lavoro di Educazione Musicale con questo esercizio, servendosene anche per scaldare la voce (le corde vocali si comportano come un muscolo: vanno quindi scaldate con esercizi appropriati come qualsiasi altro muscolo del nostro corpo prima di un uso intensivo). Questo esercizio è appropriato per tale lavoro di riscaldamento.
Obiettivi educativi:
* controllo delle proprie capacità espressive attraverso le regole di gruppo (respirare assieme, attaccare e interrompere il suono assieme e, soprattutto, ascoltare se stessi e gli altri per fondere con loro la propria voce, intonando perfettamente il suono);
* migliorare quindi il senso di collaborazione e la socializzazione.
Obiettivi didattici:
* abituarsi al rilassamento durante l'esercizio delle proprie capacità espressive;
* sviluppare la capacità di percezione (fase sensoriale: ascoltare non solo udire);
* sviluppare la capacità di recezione (fase intellettiva: dare significato a ciò che si ascolta);
* migliorare quindi la capacità di intonazione (fase affettiva: sperimentare modelli affettivi validi, fondamentali per la futura formazione culturale);
* migliorare la vocalità (il miglioramento si rifletterà anche nella dizione).
Tecnica vocale per una corretta impostazione della vocale "O"
Il maestro deve suggerire, controllare e pretendere (con garbo) l'intonazione di un suono UGUALE attraverso queste tecniche:
1. una corretta e controllata respirazione (respirare col naso, rilassati, senza premura, a fondo ma senza forzature, senza fare movimenti inutili come sollevare la testa o le spalle, ma "gonfiando la pancia" cioè attraverso una respirazione diaframmatica);
2. spalancare il fondo della gola (perché ciò avvenga bisogna abbassare molto il mento portandolo leggermente in avanti, appiattire la lingua sul fondo della bocca come se si avesse una palla in bocca; non abbassare, né sollevare assolutamente la testa; muovere solo il mento);
3. arrotondare e ammorbidire le labbra spingendovi contro il suono, premendo sul diaframma con i muscoli addominali in modo che il suono prenda forma proprio dalle labbra (non dai denti = suono duro o dalla gola = suono ingolato o dal naso = suono nasale); l'atteggiamento molto naturale e sorridente;
4. il suono sarà molto lungo, anche di alcuni minuti; ciascuno, per conto proprio e prima di esaurire il fiato, torna a respirare e a ricreare con dolcezza il suono ripetendo la vocale "O";
5. il maestro interrompe l'esercizio collettivo e continua invitando con la mano un allievo alla volta ad emettere il suono (è bene incominciare da coloro che intonano meglio); tutti devono intonare il suono anche individualmente;
6. il maestro continua l'esercitazione facendo intonare il suono "O" a gruppetti sempre più numerosi: dapprima i due migliori, ai quali aggiunge un terzo, ecc., fino ad aggiungere tutti; ad ogni aggiunta il maestro interrompe il suono e fa ricantare la vocale "O" dando il via col gesto della mano;
7. il maestro fa intonare la vocale "O" a due allievi per volta, invitandoli ad una intonazione perfetta senza battimenti;
8. mentre un gruppo canta, gli altri devono ascoltare
(ma intanto riposano: far lavorare gli allievi a gruppi o individualmente ha anche questo scopo).
9. suggerire agli allievi di cantare il suono "O" ogni volta che se ne ricordano: a casa, per la strada, davanti allo specchio per controllare l'abbassamento del mento e l'arrotondamento delle labbra.
10. quando gli allievi cantano il maestro deve assolutamente ascoltare e quindi non cantare, per conoscere la voce di ogni singolo allievo ed i suoi eventuali difetti.
Naturalmente questi punti verranno sviluppati in un largo arco di tempo (un quadrimestre o più), a giudizio dell'insegnante. Verranno ripresi anche ad ogni anno successivo.
Importante:
1. gli allievi (e prima di loro il maestro) devono abituarsi a memorizzare il suono iniziale suggerito dal maestro (il maestro suggerirà all'inizio un suono abbastanza basso, per crescere l'intonazione solo via, via nelle lezioni successive); indicativamente all'inizio un "do"; non un suono più basso);
2. gli allievi devono ricordare l'intonazione giusta anche quando cantano individualmente o a gruppi (eventualmente il maestro corregge o, meglio, fa suggerire il suono giusto a un allievo bravo).
Allievi con problemi di intonazione
In ogni classe, quasi sempre, si trovano bambini che non riescono ad intonare un suono assieme agli altri, ossia quando cantano con gli altri "stonano".
Esiste un metodo di recupero sicuro al cento per cento.
Individuati gli elementi "stonati" (tecnicamente vengono definiti "basso o alto laringei"), durante tutto il lavoro descritto precedentemente vengono invitati ad ascoltare; non devono cantare ma ascoltare (ciò li aiuta a capire che devono risolvere un loro problema e nello stesso tempo permette agli altri un'intonazione perfetta); all'inizio stentano a "tacere", ma il maestro (che si accorge subito della stonatura) li invita ad "ascoltare".
Il maestro non dirà mai: "Tu taci". Ma: "Ascolta!".
Terminato il lavoro col gruppo normale, il maestro inizia a far cantare uno degli allievi in difficoltà, invitandolo a intonare il suono che preferisce. Istintivamente egli intonerà il suono più congeniale alla tessitura della sua voce.
Il maestro deve insistere:
1. che il suono venga intonato dall'allievo molto lungo, fino all'esaurimento di tutto il fiato (il bassolaringeo tende a produrre suoni molto brevi); insistere sul fatto che deve consummare molta aria e tutta l'aria che ha nei polmoni (non è il caso che l'insegnante abbia timore di "enfisemi polmonari");
2. che il suono venga ripetuto più volte; sempre molto lungo e sempre con la stessa altezza di suono; il maestro insiste molto sull'UGUALE;
3. che il suono non "balli" nell'intonazione, ma che l'intonazione venga sostenuta durante tutta l'esecuzione;
4. che l'allievo (e naturalmente con lui il maestro) memorizzi il "suo" suono, in modo da ripetere sempre quello (non uno più alto o più basso).
Per acquisire questa prima capacità potrà essere sufficiente una sola lezione, oppure due o tre o più ancora a giudizio dell'insegnante.
Ottenuto un risultato accettabile, in una lezione successiva, il maestro, da solo, canta quel suono (per questo lo deve memorizzare), o lo fa ripetere da un allievo bravo; quindi lo fa ricantare all'allievo bassolaringeo (per diverse lezioni fin tanto che il bassolaringeo riesce a intonare il suono giusto).
Solo nelle lezioni seguenti, al momento opportuno, il maestro farà cantare insieme l'allievo bravo e il bassolaringeo.
Il maestro ripete ad ogni lezione la stessa procedura con tutti gli allievi bassolaringei, sempre individualmente.
Questo procedimento è fondamentale.
Presenta tre momenti razionali di maturazione dell'orecchio:
1. l'allievo intona il suono più confacente alla sua tessitura di voce;
2. il maestro glielo ripropone "dall'esterno"; il fatto che è il suo suono lo aiuta a intonarlo perfettamente; il provenire "dall'esterno" rappresenta una difficoltà notevole che l'allievo è costretto a superare con l'orecchio (sempre attraverso l'UGUALE);
3. il terzo momento è la fusione della propria voce con quella degli altri: l'allievo è obbligato ad ascoltare se stesso e gli altri, operando un controllo ancora maggiore sull'UGUALE.
In pratica le tre mete da raggiungere sono: intonazione di un suono sempre uguale; intonazione dello stesso suono ma proposto dall'esterno; intonazione dello stesso suono insieme agli altri.
Lavoro = Gioco
Lavorando con un numero ristretto di allievi, il maestro avrà modo di migliorare la loro intonazione e il loro orecchio musicale proponendo, magari verso la fine della lezione, un lavoro-gioco:
1. Con piastre metalliche (all'inizio solo 2, poi 3, 4, fino a 5) intonate sulla scala pentatonica: d - r - m - s - l.
Un allievo percuote una delle due piastre, naturalmente non visibili agli altri allievi; un secondo allievo va a scoprire quale è stata la piastra suonata (far percuotere le piastre molto piano).
2. Con due bicchieri (meglio se di forma diversa), il primo riempito d'acqua in parte, il secondo vuoto.
L'allievo versa dell'acqua a più riprese nel bicchiere vuoto e, provando i due bicchieri, intona il bicchiere che era vuoto alla stessa altezza dell'altro.
3. Con due serie di piastre metalliche, intonate sempre sulla scala pentatonica, ma non poste in ordine di scala.
Due bambini giocano: il primo percuote una piastra, il secondo deve trovare sulla sua serie di piastre il suono corrispondente.
4. Il maestro fa sentire un suono con uno strumento e chiede al gruppo di allievi di memorizzarlo; quindi, lentamente suona una melodia: ogni volta che esce il suono memorizzato, il gruppo di allievi lo riconosce e grida: do (o altro nome di suono, anche solo "O"); subito dopo lo canta intonandolo bene.
5. Come sopra: il maestro fa memorizzare un suono, quindi suona lentamente una melodia mentre gli allievi contano quante volte quel suono è stato adoperato.
6. Il maestro fa sentire un suono col suo strumento (pianoforte), l'allievo lo cerca e lo trova sul suo strumento (metallofono o xilofono o altro).
7. Intonare due corde di una chitarra sullo stesso suono (più difficile).
8. Cercare tra diverse piastre di un metallofono o xilofono (poste a caso) due suoni uguali.
Gli allievi all'inizio sicuramente incontreranno difficoltà: il maestro non deve scoraggiarsi. E' importante che gli allievi accettino il gioco volentieri e che si divertano; arriverà il momento che tutti riusciranno a riconoscere l'UGUALE nell'altezza del suono.
Per i più piccoli
Il maestro può raccontare una storiella di questo tipo dopo aver fatto memorizzare il solito d: c'era una volta un bambino che si chiamava Do (gli allievi cantano d).
Abitava in una casetta in mezzo al bosco assieme ad altri sei fratellini tutti più piccoli di lui. I suoi fratellini erano capaci di intonare un solo suono, quello che avevano appreso appena nati.
Anche Do sapeva cantare solo...(gli allievi cantano d), per cui, quando cantava solo, risultava terribilmente monotono, ma se Do (cantano d) cantava assieme ai suoi fratelli, era una meraviglia ascoltarli.
Quando la mamma chiamava Do (cantano), se voleva una risposta, doveva chiamarlo cantando e col suono proprio giusto cioè così: (cantano).
Se sbagliava suono Do (cantano) non le rispondeva, oppure anzichè Do (cantano) le rispondeva Re o Mi o So.
Allora la mamma si arrabbiava, chiamava il papà e lo sgridava così: - Non potevi insegnare a cantare meglio ai tuoi figli! - Il papà diventava tutto rosso, non si capiva se di rabbia o di vergogna, chiamava a sè tutti i suoi figli e iniziava la lezione di canto.
Ma per quanti sforzi facesse Do (cantano) cantava sempre ...(cantano), Re cantava r; insomma non riusciva a cavar dalla loro bocca altro suono da quello che avevano appreso appena nati.
Si alzava allora tutto sudato, mentre i figli per incoraggiarlo e consolarlo gli battevano le mani e si mettevano a cantare tutti assieme: ma tutti assieme cantavano tanto bene che la mamma appariva alla finestra e gridava: - Bravo papà, bravo papà, così va bene: hai fatto proprio un bel lavoro! - Il papà dapprima sgranava gli ochi, poi si gongolava di gioia, infine non poteva far a meno di accarezzare una ad una tutte le testoline dei suoi setti figli, commovendosi fino alle lacrime.
Nino Specogna
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