TOPONIMI del Comune di Pulfero
Božo Zuanella ha fatto una ricerca sul significato dei toponimi di tutti i paesi delle Valli, pubblicata a suo tempo ( anni 1980-86) su DOM. E' augurabile che quanto prima questo lungo lavoro, assieme a quello sul significato dei cognomi, diventi oggetto di pubblicazione. Nel frattempo chi lo desidera può consultare il significato del nome del suo paese su Lintver.
Il nome del paese può essere ricercato col motore di ricerca interno.
CIVIDALE DEL FRIULI (fr. Cividat, slov. Čidàd)
"v Čidàde, iz Čidàda". Gli abitanti: Čidàjci; aggettivo: čidàjski.
a. 760-795 Civitas vel Castrum Forojulianus, a. 931 in Civitate Austriae (di Prampero).
Il nome primitivo della città era Forum Julii (= piazza, mercato (città) di Giulio Cesare) poi passato a designare tutta la regione circostante.
Friùl o Friuli è sorto infatti per contrazione di Forum Julii. In un periodo successivo la cittadina venne chiamata semplicemente Civitas (= città) o Civitas Austriae (= la città della marca orientale). Dalla forma Civitas o, meglio, dal locativo "in Civitate" sono sorte le forme friulana (Cividàt) e italiana (Cividale). Dalla forma friulana Cividàt è sorta, per aplosi, la forma attuale slovena Čidàd.
La forma ufficiale slovena Čedad, secondo il mio modesto parere, non è esatta (la nostra gente di solito va a Čidàt e non a Čedat) e perciò sarebbe interessante verificare chi ha iniziato ad usarla per primo. Simon Rutar ad es. usa regolarmente già nel 1899 la forma Čedad (cfr. "Beneška Slovenija", Ljubljana, 1899).
Anche la forma slovena del capoluogo friulano Viden (forma dialettale slovena: Uidan, friulano: Udin, italiano: Udine) ha subito come Čidàd una manipolazione arbitraria da parte di scrittori e giornalisti ed attualmente si continua a scrivere erroneamente Videm al posto di Viden. Se non erro soltanto il prof. Pavle Merkù usa la forma corretta Viden ed in questa sua crociata può contare anche sulla mia incondizionata solidarietà.
Probabilmente la denominazione slovena più antica di Cividale del Friuli non è Čidat ma Stare Miesto (= città antica) che è andata in disuso parecchi decenni fa.
Stare Miesto non è altro che la traduzione slovena di Civitas (= miesto) cui è stato aggiunto l'aggettivo "stare" (= antico) per designare la vetustà o antichità del toponimo e dell'insediamento.
SANGUARZO (fr. Sangnarz, slov. Šinčjur').
"V Sinčjurje, dol od Sinčjurja".
a. 1200-1250 in villa de S. Geòrio (di Prampero), a. 1251 Castrum montis S. Georgii (di Prampero).
In questo caso il "castrum" si riferisce al castello di Guspergo, situato presso Sangnarzo; la conferma ci viene da questa annotazione del XV. secolo: "in loco qui dicitur Lunas, in villa S. Georgii de Grusperch" (cfr. G. Biasutti: La lunga fine dei Longobardi in Friuli, Udine 1979, pag. 19).
La chiesa parrocchiale è dedicata a San Giorgio ed il paese ha preso la denominazione da un santo "militare" legato di solito a siti fortificati, castelli ecc. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che Sangnarzo col castello di Guspergo da un lato e di Gronunbergo (Karkòš) dall'altro era in passato una località importante nel sistema difensivo locale.
La forma slovena Šinčjur è sorta per contrazione di Šent (= sanctus) con Jur' (= Giorgio).
Cfr. gli analoghi casi di Štuoblank, Šintonih, Šinklauž, Štandrež, Škurinac, Šinžili, sui quali ci siamo soffermati trattando il toponimo Spietar / San Pietro al Natisone.
PURGESSIMO (fr. Purjessim, slov. Priešnje).
a. 1126 de Puriessim (Corgnali), a. 1174 in Puiresso, a. 1241 in villa Puresimi, a. 1266 in territorio Puressini (di Prampero).
Probabilmente il paese è legato al castello di Gronunbergo (slov. Karkòš) le cui rovine si trovano su un costone roccioso a poca distanza dal paese.
Quasi certamente la forma italiana attuale del toponimo racchiude la radice tedesca "Burg" (= castello) cui è stata aggiunta una desinenza di significato oscuro. I1 passaggio di Burg a Purg (B> P) è un fenomeno normale e lo riscontriamo in numerose voci tedesche penetrate nel dialetto sloveno delle Valli o nella lingua friulana, ad es.: Bund > Punt, Bùgeleisen > Peglaiz, Bild > Pilda, Bettler> Petjar, Brandberg> Prampero, ecc.
La forma slovena Priešnje è sorta con tutta probabilità dalla forma friulana (Purjessim) ed è anch'essa da collegarsi con la probabile forma originaria tedesca del toponimo. Purgessimo sorge ai piedi del cosiddetto "monte di Purgessimo" sul quale si trovano le rovine del menzionato castello di Gronunbergo (ted. Grunenberg = "monte verde", cioè ricoperto di folta vegetazione). Gli Sloveni delle Valli del Natisone conoscono da sempre la montagna ed il castello col nome di "Karkòš" (cfr. la mia spiegazione etimologica in "Novi Matajur", n° 18, 1980, pàg. 7). Per questo motivo mi sembra strano che la RAI di Trieste (sezione slovena) continui ancora a chiamare "Prešenjski hrib" (traduzione letterale della forma italiana: Monte di Purgessimo) una località che da centinaia di anni ha la sua bella forma slovena: Karkòš!
PERUOVCA (it. Perovizza)
"na Peruovci, s Peruovce".
Tre case tra Tiglio i Brischis sulla statale N. 54. Manca la documentazione antica del toponimo in quanto gli abitanti venivano considerati come facenti parte della vicina località di Brischis / Brišče. Faccio derivare il toponimo dall'aggettivo Perov abbinato al suffisso -ica (Perovica) nel significato di "terreno di proprietà di Pero / Pietro".
Cfr. i casi analoghi: Breškonica (= terreno della famiglia Brescon / Breškon di Savogna) microtoponimo presso Duš; Mihievca, microtoponimo presso Savogna (= terreno di Miha / Michele); Kovačéuca, toponimo in comune di Prepotto (= proprietà del fabbro).
Abbiamo già notato, trattando il toponimo Peternel, che l'agionimo Petrus è stato molto produttivo nelle Valli del Natisone specialmente nel settore della onomastica (cognomi e nomi di famiglia). Alla documentazione già prodotta vorrei aggiungere anche il cognome Perko (forma it. Perco) presente a S. Pietro al Natisone nel sec. XVII.
La forma dialettale Perùovca è il risultato della normale riduzione vocalica e della dittongazione della o lunga accentuata: Perovica> Perévca> Perùovca.
BRIŠČA (it. Brischis)
"v Briščah; iz Brišč". Gli abitanti: Briščanj'.
A. .1330 Briscà(Corgnali), a. 1500 circa Brischa (Manoscritto di Castelmonte), a. 1601 in uilla Brischis (Missio). In parte ho già dimostrato, trattando il toponimo Mùost / Ponte
S. Quirino, che la località "ad Broxas" citata da Paolo Diacono nella sua "Historia Langobardorum" (libro V, cap. XXIII) difficilmente si può identificare con Brišče / Bnischis.
Qui vorrei aggiungere altri elementi che comprovano la mia tesi.
Anche dal punto di vista linguistico è difficile sostenere che Broxas, poi Brossa (da cui trae origine la porta Brossana di Cividale) si sia trasformata in Brišče o Brischis, infatti la forma italiana (Brischis) deriva certamente da quella slovena (Brišče); dobbiamo tener presente infatti che il suffisso sloveno -išče è stato regolarmente tradotto, dalle nostre parti, con il suffisso di origine friulana -ischis quando si è trattato di dare forma italiana al toponimo sloveno. Cfr. gli analoghi casi di Ceplesišče> Cepletischis, Platišče> Platischis, Prapotišča> Prapotischis, Robedišče> Robedischis (allo stesso modo Brišče > Brischis.
Non risulta che Brischis sia stata una località particolarmente significativa dal punto di vista storico, né esistono reperti archeologici, documenti o tradizioni orali che comprovino la esistenza di fortificazioni, difese, ponti (guadi sì, ponti no!).
Dato che dal ponte S. Quirino fino a Sanguarzo non ho trovato traccia alcuna di microtoponimi del tipo Brossa, Broksa e simili mi è venuto il sospetto che la località "Broxas", citata da Paolo Diacono, poteva riferirsi originariamente al ponte sul Natisone o a qualche elemento del ponte stesso. Infatti, il vocabolo greco "bréhòs" (=cappio, nodo, maglia di una rete) potrebbe essere stato recepito dalla lingua latina sotto forma di "broxa" (poi Brossa> porta Brossana). Forse lavoro un po' di fantasia ma io credo che il ponte del Natisone (Pons Natisonis) citato da Paolo Diacono sia stato in origine una costruzione rudimentale (una passerella) i cui elementi più appariscenti erano costituiti da corde o vimini intrecciati, da reti di protezione chiamate in origine "broxe" o "brosse". In questo caso un elemento particolare (le reti) avrebbero dato il nome a tutta la struttura del ponte; cfr. gli esempi analoghi di Kobilca, Liesa e Rénta.
Col tempo il nome primitivo "Broxas", "Brossa", che indicava il ponte e la zona circostante, è stato abbandonato e si è preferito chiamare la località con il nome comune di Ponte / Muost. Questa trasformazione era in corso già al tempo di Paolo Diacono; dal suo scritto infatti si può arguire che la località "Broxas" si identifica con il "pons Natisonis" e che la battaglia tra gli Slavi e i Longobardi sia avvenuta nelle immediate vicinanze della attuale località di Ponte S. Quinino.
Ecco infatti cosa scrive Paolo Diacono: "... (Sclavi) castramentati sunt in loco qui Broxas dicitur, non longe a Foroiuli... (Dux Wechtani) cum ad pontem Natisonis fluminis, qui ibidem est, ubi Sclavi sedebant (vel residebant), propinguasset,... vultum suum Sclavis ostendit . Trad. "... (Gli Slavi) si accamparono in una località chiamata Broxas, non lontano da Cividale... (Il duca Vettari) avvicinatosi al ponte sul Natisone, che si trova nel medesimo luogo dove gli Slavi si erano fermati,... mostrò la sua faccia agli Slavi ).
Da ciò risulta che la località di Brossa (dove si erano accampati gli Slavi) si trovava proprio là dove era costruito il ponte ("ibidem", cioè nello stesso luogo!).
Dopo queste osservazioni possiamo concludere dicendo che Bnišče / Brischis è un toponimo piuttosto diffuso sul territorio sloveno (7 volte) e non ha nulla da spartire con la località "Broxas" citata da Paolo Diacono.
Il significato del toponimo è per il momento alquanto oscuro (cfr. ESSJ alla voce "Bnišče", pag. 44); di "Brišče" conosciamo con esattezza soltanto il significato del suffisso (-išče) che serve di solito a determinare il sito, il luogo dove si svolge una determinata azione (es. Ležišče = giaciglio, luogo dove si riposa; Lovišče = zona, luogo di caccia), la località caratterizzata da particolari forme del terreno o ambientali ("melišče = terreno friabile, ghiaione; Robidišče = località ricca di spine o di rovi) oppure i terreni destinati a particolari tipi di cultura ("kapusišče" = campo seminato a cavoli, "riepišče" = campo seminato a rape; "lanišče" = campo seminato a lino).
Da notare inoltre che presso Meduna di Livenza, proprio sul confine tra le province di Treviso e Pordenone esiste la località di Brische. Ecco alcune annotazioni antiche che si riferiscono a questa località: a. 1209 "ante ecclesiam S. Marie de Brischis" (sic!), a. 1274 "unum mansum in villa di Brischis", a. 1287 "ville de Brischa" (di Prampero).
Si tratta di una casuale omonimia con Brischis di Pulfero oppure dobbiamo pensare che tutte e due le località abbiano una comune derivazione slava o slovena?
Il prof. C. Guido Mor ritiene che a Brische presso Meduna "di Slavi non ce ne sono stati mai!" (cfr. Appunti sull'ordinamento politico-amministrativo della Val Natisone e convalli, in Valnatisone, Udine, 1972 pag. 47). Questa affermazione così perentonia mi sembra piuttosto azzardata e non motivata se teniamo presente che la colonizzazione slava del Friuli nella cosiddetta "Vastata Hungarorum" attorno all'anno 1000, ha raggiunto anche gli attuali territori del Friuli occidentale spingendosi fino a Cordovado, Cordenons, Zoppola, Prata di Pordenone e Puia (> "polja" = campagna. Cfr. GB. Pellegrini: "Contatti linguistici slavo-romanzi con particolare riguardo al Friuli" in Lingua, espressione e letteratura nella Slavia italiana, Trieste 1978, pag. 31); Puia si trova ad una decina di km. appena da Brische / Brischis di Meduna, pertanto l'ipotesi che Brischis di Pulfero e Brische di Meduna abbiano una origine slava comune non è poi tanto balorda. Tutte e due le località si trovano presso il fiume, rispettivamente presso il Natisone ed il fiume Fiume e questo particolare potrebbe forse aiutare gli studiosi a decifrare il significato dei due toponimi.
Una borgata di Brišče / Brischis presso Pulfero si chiama Màlin per la presenza sul posto di un antico mulino ora abbandonato. La presenza a Brischis di un mugnaio (slov. "mlinar") e ovviamente anche di un mulino è documentata già nel 1627: "Andrea Mlinar di Brischis" (Liber baptizatorum ecclesiae S. Petni Sclaborum).
PODBUNÌESAC (it. Pulfero)
"u Podbuniesce, iz Podbuniesca). Gli abitanti: "Podbunieščanj".
A. 1500/1600 Pufaro di Guardia (Museo di Cividale, Archivio della magnifica comunità di Cividale del Friuli, fascicolo 11, busta 4), a. 1625 Manzin de Bonisaz, a. 1626 del Puffaro (dal "Liber baptizatorum" S. Petri Sclaborum), a. 1655 passo del Puffaro (da un documento riprodotto da C. Podrecca sulla sua "Slavia Italiana", pag. 67), Pufero (dalle carte geografiche napoleoniche). La forma slovena del toponimo è indipendente da quella ufficiale italiana e pertanto tratteremo le due forme separatamente.
La borgata di Podbuniesac è stata costruita sotto (Pod) o a ridosso di un terreno denominato ancora oggi Buniesac. La voce Boniesac (o Buniesac; cfr. anche il passaggio da Mohor a Muhor) non è del tutto chiara, almeno per me. Il dr. Metod Turnšek ritiene che Buniesac significhi: "pendio piuttosto pietroso, in parte lavorato, sul quale sono stati ricavati dei campicelli" (cfr. Od morja do Triglava, 11, pag. 169, Trieste 1954), però non spiega da dove abbia ricavato questa informazione. Forse Boniesac (< Bones + il suffisso -ac) si può collegare al microtoponimo "Ta na Buona" o "Ta na Buonah" in comune di Taipana (forma italiana: Campo di Bonis): si tratta di un altipiano un tempo rivestito da dense faggete e attualmente ridotto a prato.
Per il prof. C.C. Desinan quest'ultimo toponimo sloveno significa: "lì, sui rialzi" ma purtroppo non ne spiega la derivazione (cfr. C.C. Destnan, Agricoltura e vita rurale nella toponomastica del Friuli-Venezia Giulia, prima parte, Pordenone 1982, pag. 78).
Ai due toponimi appena trattati io aggiungerei anche il microtoponimo" V Boniščih" presso Prvačina nella Valle del Vipacco che avrebbe, più o meno, lo stesso significato.
In mancanza di altri elementi che possano definire con esattezza il significato di Boniesac passiamo ad esaminare la forma ufficiale italiana del toponimo che stiamo trattando. Innanzitutto dobbiamo premettere che nessuno fin'ora ha dato una soluzione etimologica soddisfacente di Pulfero; per alcuni si tratta di un toponimo di etimo oscuro (Pellegrini) o di origine oscura (Frau) mentre a Desinan sembra di origine germanica (cfr. C.C. Desinan, Problemi di toponomastica Friulana, Il, pag. 187, Udine 1977 e G. Frau, Dizionario Toponomastico del Friuli Venezia Giulia, pag. 99, Udine 1978).
Il paese di Pulfero, attualmente sede dell'omonimo comune, è sorto soprattutto in funzione del passo o valico confinano del Pulfero che ha acquistato grande importanza soprattutto al tempo della Repubblica di Venezia. Mentre il confine di stato correva più o meno lungo la attuale linea di demarcazione tra l'Italia e la Jugoslavia ed il posto di blocco si trovava più o meno nei pressi dell'attuale valico confinario di Stupizza, la dogana era ubicata nella località di Pulfero e attorno ad essa sorsero le osterie e le botteghe di generi alimentari. La borgata di Pulfero sorse dunque in funzione del confine di Stato e come centro prettamente commerciale e amministrativo. E interessante notare che sulle carte geografiche napoleoniche sono segnate due località che portano la denominazione Puffero o Pufero: la prima sta a designare l'attuale abitato di Pulfero mentre la seconda indica il posto di blocco o il posto di guardia del confine localizzato oltre l'abitato di Stupizza.
Che anticamente ci fossero due località denominate Pulfero lo si deduce anche da una lettera scritta dal vicerè Eugenio all'imperatore Napoleone Bonaparte nel 1806 a proposito della costruzione di un forte militare nella valle del Natisone o lungo la "grande strada" (cioè quella del Pulfero). Ecco il passo che ci interessa:
"... Bisogna adunque, per chiudere la valle, scegliere il luogo più stretto di essa e stabilire un buon Forte a mezza china, che abbia sotto qualche batteria, e tre fortini al di sopra, che coronino le montagne sovrastanti. Le circostanze di Brischis o di Pulfero inferiore sembrano in tal caso da preferirsi..." (cfr. C. Podrecca, Slavia italiana, Cividale 1884, pag. 103). Pulfero Superiore, chiamato anche Pufaro di Guardia, era considerato ovviamente il valico confinario situato oltre l'abitato di Stupizza. Da notare che anche il passo di Luico tra l'Austria e la Serenissima veniva talvolta denominato Guardia di Luoch (Museo di Cividale, Archivio della magnifica comunità di Cividale del Friuli, fascicolo 11, busta 4) ed ancora oggi quella località ha conservato l'antica denominazione nel microtoponimo "Par Uardi". Il microtoponimo "Uarda" è del resto presente tuttora anche nei dintorni di Stupizza. Il toponimo Pulfero nelle annotazioni antiche è sempre preceduto dall'articolo il e questo particolare non mi sembra trascurabile in quanto l'articolo sta ad indicare, in questo caso, un elemento ben preciso che è in relazione sia con il valico confinario che con la dogana.
Dopo aver vagliato tutti gli elementi in nostro possesso la soluzione etimologica del toponimo risulta estremamente semplice. Pulfero deriva dal sostantivo tedesco Puffer, oggi usato soprattutto come termine ferroviario: "tampone, paracolpi, respingente (dei treni)"; osserviamo anche le seguenti voci composte: Puffer - arm = braccio dell'asta d'arresto, Puffer - welle = asta d'arresto, Puffer-klotz = blocco di legno. Anticamente il sostantivo "Puffer" designava una stanga, una barriera e nel nostro caso specifico è diventato sinonimo di confine, di posto di blocco, di dogana. Conseguentemente Pulfero superiore stava a designare nel passato il valico confinario mentre Pulfero inferiore stava ad indicare l'ufficio della dogana. Un esempio analogo che conferma la nostra soluzione etimologica di Pulfero è rappresentato dal microtoponimo "Barriera vecchia" presente a Trieste; la forma slovena "Stara mitnica" (= Vecchia dogana) non è altro che la traduzione della forma italiana e logicamente anche in questo caso il sostantivo "barriera" è diventato sinonimo di dogana.
Anche se l'attuale località di Pulfero ha perso nel corso dei secoli una importante funzione quale sede di un ufficio doganale ne ha acquistata un'altra, più importante, diventando sede dell'omonimo comune di Pulfero. La attuale forma ufficiale italiana Pulfero deriva da Puffer mediante l'inserimento funzionale della i e il solito adattamento finale di-
ar / -er
in
-aro -ero
(cfr. Križnar I Crisnero, Komunjar / Camugnero, Sitar / Sittaro)
LÒG (it. Loch di Pulfero)
"Ta na Lòze, Taz Léga". Gli abitanti: Ložanj'.
A. 1622 Tomas Simaz di Loch (dal "Liber baptizatorum" S. Petri Sclavorum).
Il paesino si trova adagiato sulla riva sinistra del Natisone e la voce slovena "log" descrive perfettamente anche la sua originaria conformazione geografica: "prato situato vicino all'acqua di un fiume o di un torrente".
Tutti i toponimi di questo tipo presenti nelle Valli del Natisone (Log di Pulfero, Log presso Grimacco, Ložac di Savogna) sono infatti situati presso o sulle rive di fiumi o torrenti.
Cfr. ciò che abbiamo scritto a proposito di Ložac (Savogna) e Log (Grimacco) con relativa documentazione microtoponimica.
RÙONAC (it. Rodda)
"v Ruoncu, iz Ruonca". Gli abitanti: Rùončanj'.
a. 1275 quicquid habent in Monte Majori in loco qui dicitur Rueda.
Da questa annotazione antica risulta con chiarezza che il monte Matajur sulle cui falde si trova Rodda deriva proprio da "mont maior" come ho ampiamente dimostrato trattando il toponimo Montemaggiore / Matajur.
Una ulteriore conferma ci viene dall'oronimo (= nome di un monte) Matajùrski vrh che domina l'abitato di Rut nella Baška grapa presso Tolmino. La montagna, alta 1938 m., è stata ribattezzata con una traduzione del nome sloveno dai tedeschi, che XIII secolo hanno colonizzato quelle zone, con il nome di Hodhkobel mentre gli italiani, durante la loro occupazione della Primorska o Litorale Sloveno, le hanno dato il nome di Monte Alto (cfr. le carte geografiche del tempo).
Ovviamente, come si può facilmente constatare, sia la forma tedesca che quella italiana ricalcano quella primitiva e originale "mons maior" (> mont maior) da cui è sorta anche quella slovena (Matajurski vrh) attraverso i soliti processi riduttivi (denasalizzazione e aplosi) già ampiamente illustrati nel N. 2 di questa rubrica.
a. 1295, Aroda, 1299, 1327 Roda (di Prampero), a. 1600 in uilla de Roda, (nel 1700 anche Rotta), a. 1622 di Rouniz , de Rounaz, de Ruonaz, a. 1624 Ronaz, Seiaz di Arueda (Liber baptizatorum ecclesiae S. Petni Sclaborum).
Ruonac / Rodda è un toponimo "collettivo" che abbraccia una vasta area geografica sulla quale sono disseminati numerosi paesini. Non esiste un paese specifico denominato Rodda / Ruonac e pertanto bisogna ricercare il significato del toponimo in qualche caratteristica del terreno o dell'ambiente. Qualche studioso italiano fa derivare Rodda dal latino "rota" (= ruota) con allusione a qualche ruota di mulino presente sul posto. Questa soluzione è senz'altro errata non solo perché Rodda è un toponimo "collettivo" ma anche perché i succitati autori hanno tratto una affrettata conclusione ingannati dalla somiglianza tra Roda e Rota e fidandosi un po' troppo delle annotazioni antiche Rueda o Arueda. Queste ultime forme si spiegano col fatto che lo scrivente italiano, friulano o veneto del XIII secolo, non conoscendo la lingua slovena, ha trascritto il toponimo sloveno "ad orecchio" e nello stesso tempo ha operato per conto suo un accostamento panetimologico alla voce nomanza "rueda", "arueda" (= ruota) dando in tal modo una fantastica interpretazione del toponimo che in origine doveva essere con molta probabilità Rodna o Roda nel senso di "campagna magra; terreno povero".
Una avvertenza generale: bisogna stare attenti alle forme friulane dei toponimi sloveni poiché si tratta molte volte (non sempre!) di semplici adattamenti derivati dalla forma ufficiale italiana; alcune di queste forme sono state probabilmente create a tavolino dai collaboratori e redattori dell'indice toponomastico friulano contenuto nel vocabolario friulano (Nuovo Pirona) e quindi di alcuna utilità pratica per gli studiosi di toponomastica.
Ma torniamo al toponimo Rodda, derivato, probabilmente, da una base agg. "Rod, -a, -o". Perché si riscontra una differenza così marcata tra la forma italiana Rodda (> Roda) e quella dialettale slovena Ruonac, in cui, tra l'altro, è assente la "d"?
Prima di tutto dobbiamo tenen presente che le forme ufficiali italiane, fissate già nel sec. XIII e non più modificate, sono alle volte molto aderenti alle forme originarie mentre quelle dialettali slovene sono il risultato di notevoli trasformazioni avvenute nel corso dei secoli e dipendenti da diversi fattori (denasalizzazione, riduzione vocalica, "akanje", aplosi, dittongazioni ecc.); valga come illustrazione il toponimo Prapotnizza (forma ufficiale italiana), Prapotnica (forma originaria slovena), Pràponca (forma dialettale slovena).
Ma come spiegare la notevole differenza tra fe forme Rodda e Ruonac? Questo è un problema etimologico di non facile soluzione. Esclusa la derivazione dalla voce latina "rota" = ruota (di mulino) io avanzo due ipotesi:
a) La forma originaria del toponimo era "Rodna" ma è stata trascritta dallo scrivente italiano nel XIII sec. come Roda (poi Rodda) e, sotto questa forma, ci è stata trasmessa fino ai giorni nostri. Gli sloveni, invece, hanno conservato la forma originale e l'hanno successivamente trasformata in Ruonac come vedremo in seguito.
b) Accanto a "Rodna" conviveva anche la voce "Roda (zemlja)". Tutte e due le voci hanno più o meno lo stesso significato: "terreno magro, secco, povero". Se accettiamo questa ipotesi allora "Roda" ha generato la forma ufficiale italiana Rodda mentre da "Rodna" è sorta la forma dialettale slovena Ruonac.
Personalmehte darei la precedenza alla prima ipotesi che mi sembra la più verosimile anche perché nelle nostre valli non esistono microtoponimi del tipo "Roda" ma soltanto "Ròde?' (2x) e Rùonac (vedi oltre).
Ma seguiamo ora passo passo la trasformazione di Rodna in Ruonac.
Credo che Rodna si sia allungata e sostantivata mediante il formante locale -(a)c da cui si è passati, mediante la lenizione e successiva perdita della "d", in Ronac e, conseguentemente, a Rùonac attraverso la normale dittongazione della "o" lunga accentata. (Cfr. anche Simon Rutar, Beneška Slovenija, Lj 1899, pag. 58 e C.C. Desinan, Problemi di toponomastica friulana, II, Udine 1977, pag. 187, dove vengono esposte brevemente le varie ipotesi interpretative di questo toponimo).
Nella toponomastica si trovano tanti casi di difficile soluzione e credo che non sia stata detta l'ultima e definitiva parola sulla esatta determinazione etimologica di Rodda / Ruonac che, come abbiamo visto, presenta ancora dei lati oscuri.
Nella Repubblica di Slovenia esistono diversi microtoponimi legati o derivati dalla voce "rod" (= terreno magro): Velike in Male Rodne, Rodine, Rodice, Rodjek, Rodišče, (cfr. F. Bezlaj, Slovenska vodna imena, Il, pag. 159).
Credo che anche Rodež (Na Ròdeže), localizzato nei pressi di Mersino Alto (Gorenj Marsin) e di Pegliano (Ofijan), appartenga a questo gruppo di microtoponimi. Qualche affinità con Rodda si riscontra nel toponimo Redipuglia sul Carso goriziano annotato nel 1295 come Rodopolia e nel 1399 come Rodopoglum. Anche in questo caso, come ci avverte Pavle Merkù (cfr. Pnimorski dnevnik, Slovenska imena naših krajev, N. 23, 1981), è necessario richiamarsi alla voce slovena "rod" e interpretare il toponimo nel senso di "campagna povera e secca". Infine è interessante notare che a Cosizza / Kòzca (comune di S. Leonardo) esiste il micnotoponimo Rùonac! Così chiamano il declivio, situato in posizione soleggiata, su cui è costruito il borgo di sopra (Gonenja Kozca) con la casa canonica.
Non posso neppure escludere che sulla base "rodna" si sia innestato l'aggettivo "roden, -na, -no" (= fruttifero, fertile, produttivo) sostantivato poi in Rodnac (> Ro(d)nac> Rònac> Ruònac) e che il significato primario del toponimo (= terreno magro) si sia poi completamente trasformato nel senso di "terreno fertile e produttivo". Questa soluzione alternativa, che è soltanto una ipotesi, mi è stata suggerita dal fatto che il territorio di Rodda, tutto orientato a mezzogiorno, è particolarmente fertile e adatto soprattutto alla coltivazione degli alberi da frutto. Noi però non sappiamo in che stato si trovava la zona quando gli sloveni hanno incominciato a colonizzarla; forse si trattava di terreni magri e poco produttivi, che poi sono stati in qualche modo bonificati e migliorati, e quindi denominazione originale di "Roda" o "Rodna" corrispondeva allora effettivamente alle condizioni reali del terreno.
I toponimi disseminati sul vasto territorio di Ruonac I Rodda derivano, in buona parte da nomi propri di persona:
KORÌTA, "na Koniteh, s Korit".
Più che di un toponimo si tratta di un microtoponimo in quanto in questa località esisteva un tempo una sola casa isolata che è stata abbandonata dai proprietari circa 50 anni fa; era situata nel punto più alto degli insediamenti di Rodda.
La voce slovena "korito" può avere diversi significati: truogolo, vasca, letto (di un fiume o di un torrente). Se però si riferisce ad un microtoponimo localizzato in montagna allora probabilmente sta ad indicare l'abbeveratoio degli animali formato da una vasca di pietra o da semplici tronchi d'albero scavati. La presenza del microtoponimo "Korita" (plurale) è molte volte collegata all'allevamento del bestiame ed alla pastorizia. Cfr. i microtoponimi "Korita" (na Koriteh) sopra l'abitato di Montemaggione / Matajur e presso Cosizza, l'idronimo Koritnica presso Bovec / Plezzo in Slovenia e il toponimo Korito (it. Coritis) in Val Resia.
ORIEHUJE (it. Oniecuia)
"v Oriéhujem, iz Oriéhuja". Gli abitanti: oriéhujanj'.
Anche questo piccolo borgo, situato nella zona alta di Rodda, è stato abbandonato e gli abitanti si sono trasferiti nella vicina frazione di Uodnjak.
Oriehuje è un fitotoponimo formato dall'aggettivo "orehov" + il suffisso collettivo sloveno -je (> Orehovie); notare nella forma dialettale Oriehuje la normale dittongazione della
e
lunga accentata e la riduzione del gruppo
ov
in
u
. Il significato del toponimo è dunque il seguente: località ricca di alberi di noce ("oreh" = noce).
Il toponimo Oriehuje è diventato anche cognome (forma italiana: Oriecuia): si tratta di un fenomeno che riscontniamo con una certa frequenza nell'ambito della toponomastica / onomastica delle Valli del Natisone.
Cfr. il toponimo Podoriehe a Matajur / Montemaggiore da cui è sorto il diffuso cognome Podonieščak (it. Podonieszach), i micnotoponimi Pod oriehujan presso Sveninaz / Zveninac di Grimacco e Oriehuje presso Ponteacco, Orehek presso Cerkno e Postojna in Slovenia, Oreše (forma tedesca: Nussdorf) nella Carinzia slovena (Austria) ecc.
SKURIN (it. Scubina)
"Pan Skubine, od Skubina".
Pavle Menkù afferma che il cognome italianizzato Scubini, presente a Gorizia, debba collegarsi al cognome Skubla originario della Benečija e presente a Cividale, Faedis, Attimis ecc. Skubla non sarebbe altro che la forma dialettale del sostantivo sloveno "skòblja" (= pialla, strumento del falegname) passata poi ad indicare il mestiere del falegname attraverso un processo metonimico (scambio di nome).
Cfr. Merkù, slovenski priimki na zahodni meji, Mladika, Trst 1981, pag. 59.
Io azzardo un'altra interpretazione. Il cognome Skubin, diffuso anche in Slovenia, potrebbe essere una voce deverbiale da "skubsti" (=spennacchiane, spelare, strappare i capelli). Anche oggi si dice in tono scherzoso ad un bambino tosato a zero: "Al so te oskubli?". I1 nome Skubin poteva indicare in origine una persona calva, senza capelli.
Da notare anche la presenza in Slovenia del cognome Skubec il quale si differenzia da Skubin soltanto per la desinenza (rispettivamente -ec ed -in).
Dato che nella Benečija non esiste il cognome Skubin credo che il toponimo Skubin di Rodda non sia altro che un nome di famiglia derivato a sua volta da un soprannome.
UODNJÀK (it. Uodgnach)
"v Uodnjàke, iz Uodnjàka".
La località potrebbe aver preso la denominazione da qualche cisterna o pozzo d'acqua (il vocabolo sloveno "vodnjak" significa proprio questo) ma più verosimilmente dal torrente che scorre accanto alla borgata il quale è sempre ben fornito di acqua ed è il più importante di tutta la zona di Rodda. In questo caso il toponimo sloveno "Vodnjak" significherebbe: "località ricca di acque".
Per la ricca documentazione idrotoponimica locale rifenentesi alle sorgenti rimando il lettore a rileggere i toponimi Pačuh e Sarženta già trattati su queste pagine.
TÙOMAC (it. Tuomaz)
"Pan Tùomce, od Tùomca".
Tuomac è considerato il centro di Rodda per la presenza in loco della chiesa parrocchiale, del cimitero, di due osterie e della casa canonica. Il nome della borgata è sorto dall'agionimo Thoma (=Tommaso) cui è stato aggiunto il formante locale -ac (cfr. anche Tonac). Si tratta di un nome che riscontriamo soprattutto nell'area linguistica serbo-croata, dove sono numerose soprattutto le forme Tomac e Tòmič. Quest'ultima forma è presente anche nel nome di famiglia Tùomiči (< Tomiči) a Stermizza. La forma dialettale Tùomac è sorta da Tòmac mediante la normale dittongazione della o lunga accentata.
ÒSJAK (it. Ossiach)
"v Òšjace, iz Òšjaka".
Questo toponimo sembra, a prima vista, molto facile da decifrare ed in effetti la maggior parte degli etimologi italiani lo fa derivare dalla voce slovena "osòje" (=parte, lato in ombra; dialetto: "osojà", aggettivo: "osòjen") e pertanto lo confrontano con i toponimi Osojane / it. Oseacco a Resia e Osojsko jezeno / tedesco "Ossiacher see" in Caninzia.
Anche se il luogo, o meglio il vicino torrentello che scorre nei pressi è un po' in posizione ombrosa, io preferisco una soluzione diversa sulla base degli elementi linguistici che compongono il nome Ošjak. Già l'accento sulla prima sillaba ci avverte che Ošjak non può derivare da Osòje, mentre la lettera A non può essere sorta dalla s di Osòje (questo cambiamento nella lingua slovena è praticamente impossibile). Infine il suffisso sloveno
-ak serve a determinare le caratteristiche di una località: es. Kràvjak (luogo destinato al pascolo delle mucche), gnojak (letamaio), Skalnjak (torrente "pietroso" a Ložac) Garmak (luogo ricco di cespugli), ecc.
Io credo che il toponimo Òšjak derivi dal fitonimo "jelša" (=ontano) che nelle Valli del Natisone vanta una lunga serie di varianti dialettali (cfr. il toponimo Ošnije già trattato su queste pagine). Una di queste varianti, e precisamente "òšuje" (< jelševje), potrebbe darci la chiave per spiegare anche Ošjak.
Di questo toponimo io propongo la seguente schematica soluzione: da un primitivo Jelšik (toponimo presente anche in Slovenia) si è passati, nel dialetto sloveno delle Valli del Natisone, alla forma Jelšak (cfr. anche il passaggio da Skalnik a Skalnjak); successivamente, con la contrazione dal gruppo "jels" in "oš" (cfr. Ošuje < Jelševje) si è passati alla forma Òšak ed infine, con l'inserimento della particella strumentale i, che ha una funzione di lenimento, si è arrivati alla forma attuale Òš(j)ak > Òšjak. Non è detto, naturalmente, che i processi trasformativi si siano verificati in questa successione cronologica; io però ho voluto scomporre e sezionare per così dire il toponimo perché risulti con più chiarezza la sua derivazione dal fitonimo "jelša", che io, personalmente, sostengo. Ošjak non sarebbe altro che una "località ricca di piante di ontano". Cfr. anche il microtoponimo Osciach (slov. Òšjak) tra Subit e Prossenicco.
KLÀVORA (it. - Clavora), "Pan Klàvori, od Klàvore".
Il toponimo deriva dall'omonimo cognome Klavora / Clavora che è endemico a Rodda e da qui si è diffuso in diverse località delle Valli del Natisone. Questo cognome è pure presente nella Repubblica di Slovenia ed è di difficile interpretazione.
Qualcuno, un po' frettolosamente, lo fa derivare, forse per assonanza, dall'aggettivo sloveno "klàvrn" (= ki vzbuja pomilovanje, navadno zaradi videza).
P. Merkù invece ci fornisce due spiegazioni ma con riserva:
1) dal vefbo sloveno "klàti" o da deverbiativi con formante -v- seguiti dal suffisso molto raro -ora nel senso di "macellaio" =(persona che abbatte le bestie), oppure
2) dall'agionimo Nicolaus mediante l'ipocoristico Klav / Klau seguito dal suffisso -ora (P. Merkù, o.c. pag. 33). Come abbiamo visto il cognome / toponimo Klavora non è stato ancona del tutto chiarito ed ha quindi bisogno di altri approfondimenti e ricerche.
LÀHOVE (it. Lacove)
"v Làhovin, iz Làhovega".
Questo toponimo deriva dal nome etnico (etnonimo) Lah, voce dialettale della Benečija che sta ad indicare il Friulano o l'abitante del Friuli, abbinato al suffisso possessivo -ove (-ovo nello sloveno letterario) significa: "proprietà o terreno del friulano".
Con tutta probabilità questo friulano era un genero che ha sposato una ragazza slovena del posto e si è stabilito a Rodda. Anche i nomi di famiglia Lahi, Làhovi, Làškini, presenti in diverse parti delle Valli del Natisone, hanno avuto con tutta probabilità la stessa origine.
Cfr. anche il toponimo "Laška dolina" e "Par Làški hiši" a monte dell'abitato di Masseris (Savogna).
BÙTERA (it. Buttera)
"Par Bùteri, od Bùtere".
Butera è un cognome che, da questa località, si è diffuso nella Valle del Natisone.
Pavle Merkù lo fa derivare dalla voce slovena "butara" (=fascina) che ha dato origine all'omonimo cognome diffuso in Slovenia (cfr. P. Merkù, o.c., pag. 14).
La finale -era invece di -ara mi lascia perplesso e pertanto propongo una derivazione alternativa: da "bùtati" o "bùta".
POKOVAC (it. Pocovaz), "par Pokovce, od Pòkovca".
a. 1601 Tomaso Pocauaz de Roda (Cognome riportato dal Missio).
La località ha preso la denominazione dall'omonimo cognome Pokovac.
Secondo il prof. Pavle Merkù (o.c. pag. 52) si tratta di un cognome derivato probabilmente per metonimia dal verbo sloveno "pòkati" (=schioccare con la frusta) e designerebbe il conducente dei carri o il carrettiere.
Cfr. anche una qualità di erba nostrana chiamata "pòkalca".
Da notare che fino a poco tempo fa la zona di Rodda era priva di strade carrozzabili e servita soltanto da sentieri. Il cognome Pokovac I Pocovaz è dunque originario del fondo Valle ma non possiamo neppure escludere che sia originario di Rodda. Se accettiamo questa seconda ipotesi allora dobbiamo pensare che il primo Pokovac risiedesse a Rodda ma esercitasse il mestiere nella sottostante Valle del Natisone attraversata ab immemorabili da strade piu o meno carrozzabili.
Cfr. anche il nome di famiglia Pòkacovi a Savogna.
KRÀNCOVE (it. Cranzove)
"v Kràncovin, taz Krancovega".
Questo toponimo ha avuto una origine simile a quella del toponirno Lahove che abbiamo trattato nella puntata precedente. Deriva dall'etnonimo Kranjec, dial. Kranjac (=Cragnolino) seguito dal suffisso possessivo -ovo (dial. -ove) e il significato è chiaro: "proprietà o terreno di una persona originaria dalla Carniola (=Kranjsko)".
Il termine Kranjsko era nel passato sinonimo di Slovenia. Per gli Sloveni delle Valli del Natisone tutti gli Sloveni che abitavano al di là del confine politico-amministrativo erano considerati Kranjci e probabilmente è stato un Kranjac della Valle dell'Isonzo a mettere le radici a Rodda.
Faccio notare che gli Sloveni che abitavano oltre il confine politico-amministrativo erano denominati non solo con l'appellativo di Kranjci ma anche come Onéjci (=quelli che stanno dall'altra parte del confine, "na oni strani"), o come "Puntarji" (nella zona di Drenchia). Quest'ultimo è un appellativo interessante poichè potrebbe riferirsi addirittura alle famose rivolte contadine ("Punti") che hanno interessato in diverse epoche gli abitanti della Valle dell'Isonzo, soprattutto nel 1713 (Tolminski punt) - In questo caso, Sloveno è diventato sinonimo di "ribelle" (Puntar) nel senso più nobile della parola.
Cfr. il toponimo "Par Kranjce" a Savogna, il cognome Cragnaz (Kranjac) in comune di Faedis e a Subid e il nome di famiglia Krancovi a Mersino.
BIZÒNTA (it. Bizonta)
"par Bizòntah, od Bizòntu".
a. 1614 Margheta Bisonta (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum"). Anche in questo caso il toponimo è identico al cognome ormai scomparso Bizonta / Bisonta. Questo cognome è sorto probabilmente da un soprannome che è molto difficile poter determinare.
Dato che nella forma slovena non ci sono tracce di denasalizzazione presumo che si tratti di un cognome / toponimo di data relativamente recente (sec. XVI?) e di probabile derivazione romanza (friulana).
Propongo con riserva le seguenti derivazioni:
1) dalla voce friulana "bis" = color bigio; "bis", "bise", nome di bue o di vacca. "Bisòn" = aggettivo accrescitivo di "bis"; se accettiamo questa spiegazione allora possiamo presumere che il primo Bizont(a) / Bisont (a) abbia avuto i capelli grigi oppure di colore cenere ( cfr. Nuovo Pirona, pag. 56-57 I
2) dall'aggettivo friulano "Bisont" = bisunto (Nuovo Pirona, ibidem) oppure dallo zoonimo "bisonte", che però mi sembra improbabile. Come vediamo ci sono tante soluzioni possibili ma nessuna certa.
DOMÉJŽA (it. Domenis)
"par Domejžeh, od Domejžu".
a. 1624 Jacob Domenis de Roda (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum").
Il cognome che ha dato la denominazione alla omonima borgata deriva dall'agionimo Dominicus. Domenis sembra la forma plurale del nome friulano Domeni che riscontriamo, in forma contratta, anche nel cognome Menis (<(Do) menis) presente a Montenars e a Buia.
Cfr. anche il cognome ibrido Menič (Meni + il formante -ič).
P. Merkù (o.c. pagg. 21, 44) non esclude che Domenis e Menis siano derivati, per adattamento, dalle forme Meniàč e Domenič diffuse sul territorio sloveno.
I1 cognome Domenis è endemico a Rodda e di qui si è diffuso nelle Valli del Natisone e nel circondano di Cividale. La forma dialettale Doméjža è sorta in seguito ai processi riduttivi tipici della lingua slovena.
ZÉJAC (it. Seiaz)
"par Zèjce, od Zéjca".
a. 1626 Andree Seiaz de Arueda (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum").
Anche in questo caso il cognome primitivo Zejac, oggi scomparso, ha dato la denominazione alla piccola borgata. Si tratta di un cognome derivato da uno zoonimo ("zejac", slov. lett. "zajec" = lepre) in riferimento a qualche qualità fisica o spirituale della persona, ad es. l'agilità, la sveltezza ecc.
Cfr. i nomi di famiglia Zéjcovi (a Ložac e Matajur) e Zéjkovi ( a Cepletischis) sorti anch'essi allo stesso modo.
Citiamo, a titolo di esempio, altri zoonimi presenti nelle Valli del Natisone che fanno bella compagnia a Zejac: Jeréb, Gos, Vùk, Kos, Sakù (
BROČÀNA (it. Brocchiana)
"v Bročàni, iz Bročàne".
a. 1615 Marin Brochiana, a. 1626 Grigorio Brochiana de Roda.
Borgata ormai abbandonata dagli abitanti e situata a ridosso del monte "Svet Jur"'. Si tratta di un toponimo di difficile interpretazione che però non ha nulla da spartire con l'antico toponimo "ad Broxas" citato da Paolo Diacono nella sua "Historia Langobardorum".
Innanzi tutto dobbiamo rilevare che la forma italiana Brochiana o Brocchiana è sorta, per semplice adattamento, dalla forma slovena Bročàna (anche Bročjàna); infatti il gruppo ch è stato usato molto spesso dagli italiani per traslitterare la lettera slovena č (cfr. ad esempio Chiabaj < Čabaj, Chiuch <Čiuk, Ochinaz < Očinac, Ochinebardo < Očinebardo, ecc. Allo stesso modo Bročana o Bročjana ha assunto la forma Brochiana o Brocchiana.
Detto questo io credo che la forma slovena Bročana sia sorta allo stesso modo di Mežana (
KOŠANÉJA.
Questa località rappresenta in un certo senso il centro geografico degli insediamenti abitativi di Rodda, situata tra Rodda Alta e Rodda Bassa. Per questo motivo il comune di Pulfero vi ha costruito anni fa una scuola elementare che attualmente è chiusa. Košaneja non è un centro abitato e quindi non possiamo considerarlo un topònimo nel vero significato della parola ma un microtoponimo legato in modo particolare allo sfruttamento agricolo del territorio e alle prime proprietà private.
La voce dialettale slovena "košàn" significa: "minimalni posestnik zemlje" (=il proprietario di un piccolissimo pezzo di terra). Dalla voce "košan" è derivato sia il sostantivo dialettale sloveno "Košanec" (="četrtzemljak", il possessore di un quarto di proprietà) che il microtoponimo Košaneja che stiamo esaminando; quest'ultimo stava ad indicare in origine, una piccolissima proprietà terriera.
Un microtoponimo simile più o meno a Košaneja è Zavod presente nei pressi di Cepletischis e il cui significato sarebbe il seguente: "terreno sottratto all'uso pubblico e poi recintato = terreno di proprietà privata". (cfr. Jakob Kelemina, Slavistièčna revija, letnik IX, 1956, pag- 180 e segg.).
STÙRAM (it. Sturam)
"par Stùrmeh, od Stùrmu".
a. 1618 Marin Sturam de Roda, a. 1624 Sturma (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum).
Anche in questo caso il cognome ed il toponimo si identificano. Sturam non è altro che la variante locale del cognome Sturm diffuso in tutta l'area slovena (cfr. Turn > Turan, Štirn> Šteran, Šturm > Šturam); a Luico / Livek esiste una borgata derivata da questo cognome (Štùrmi) mentre a Masseris è presente il nome di famiglia Štùrmini e a Tarcetta Šturmi. O. Podrecca nella sua Slavia Italiana, pag. 36 cita un certo Jacob Sturam de Collibus (Del Collio), parroco ad interim di San Pietro degli Slavi nel 1559.
Sembra che il cognome derivi dalla voce tedesca "Sturm" che originariamente poteva indicare una persona dal carattere forte, violento, focoso ecc.
MARSIN, Dolenj in Gorenj (it. Mersino Basso e Alto)
"v Marsine, iz Marsina". Gli abitanti: Marsinci.
sec. XIII in Mirsino (Corgnali), a. 1601 Mersin (Missio), 1500/1600 Marsin (da un elenco di paesi custodito nel Museo di Cividale), a. 1622 Mersino, a. 1624 Marsino (dal "liber baptizatorum S. Petri Sclaborum").
Mersino / Marsin è un toponimo "collettivo" che abbraccia una vasta area geografica: Dolenj in Gorenj Marsin / Mersino Basso e Alto. In realtà non esiste un insediamento col nome proprio Mersino / Marsin e pertanto il toponimo è in riferimento a qualche caratteristica del terreno. Personalmente faccio derivare il toponimo dalla voce aggettivale latina "mersum" (deverbiale di "mergere"). Mersino, con il suffisso in -in, è in stretta relazione con Merso (slov. Miersa) come ho avuto modo di dimostrare in due occasioni sul DOM (ottobre 1982, pag. 3; gennaio 1983, pag. 4).
Mersino ha preso la denominazione da una "depressione o avvallamento" del terreno, ufficialmente denominato come "Valle di Rodda" che si trova ai bordi degli insediamenti abitativi. Per ulteriori spiegazioni cfr. il toponimo Miersa / Merso già trattato su queste pagine.
Le borgate di Dolénj Marsin I Mersino Basso
MARSÌELI (it. Marseu), "Per Marsielih, od Marsielu".
a. 1628 Filippo Mersielig di Mersino (dal "Liber baptiz. S. Petri Sclab.).
Alla base del toponimo potrebbe esserci un antroponimo Marsèl da cui il cognome e la forma italiana Marsèu (cfr. anche il passaggio Peternel > Petarnèu, Daniel> Danèu).
Marsieli è la forma plurale di Marsèl sorta mediante dittongazione della e lunga accentata. P. Merkù (o.c. pag. 43) fa derivare Marsèu da una forma ipocoristica (antroponimo?) Marsa seguita dal suffisso o formante -el(j).
Io personalmente trovo molto singolare la forte somiglianza tra i cognomi Mersielig (1628), Marseu (> Marsel) e il toponimo Mersino / Marsin che convivono in stretta simbiosi; è notevole anche il fatto che questo nome / cognome sia endemico di Mersino; da qui infatti si è diffuso nelle Valli del Natisone e nel Cividalese. Non si potrebbe ipotizzare in questo caso la derivazione del cognome dal toponimo? Se accettiamo questa ipotesi possiamo pensare che il cognome sia sorto mediante il semplice cambiamento del suffisso -in in el (Marsin / Marsel). Sono il primo ad ammettere che è estremamente difficile sostenere questa tesi ma io la presento come semplice ipotesi dal momento che il toponimo Marsieli ed il cognome Marseu presentano, come abbiamo visto, delle difficoltà dal punto di vista etimologico.
JURÉTIČI (it. Iuretig)
"par Jurétičeh, od Jurétiču".
a. 1602 Jaculi iuretig hora sta in Mersin (Missio).
Anche in questo caso il toponimo deriva dal cognome Juretič. Quest'ultimo è un patroni-mico derivato dal nome proprio Jurè abbinato al formante -ič. L'agionimo Georgios (it. Giorgio, slov. Jurij) è molto diffuso nella Slavia Italiana; a titolo d'esempio ricordiamo il cognome Iuri diffuso nei pressi di Cividale, i nomi di famiglia Jurca, Jurjovi, Jurini e i toponimi Juretiči (it. Iuretici) presso Faedis e Šenčur (it. Sanguarzo) presso Cividale, quest'ultimo derivato dalla contrazione di Šent + Jur (> Šenčur). Nella Repubblica di Slovenia esistono una decina di grosse località denominate Svet Jurij, Šentjurij, Šentjur o Šenčur. Nella Carinzia slovena (Austria) notiamo invece tre paesi denominati St. Jurij ed un Šentjur.
PÒCERA (it. Pozzera)
"du Pocer', taz Pòcer"'.
Anche se il toponimo presenta delle difficoltà interpretative io 1o faccio derivare dalla base "poz, pozzo" cui è stato aggiunto il suffisso (peggiorativo?) -era. Il nome della località è sorto in riferimento a qualche cisterna, fontana, pozzo o, meglio, a qualche sorgente d'acqua.
Cfr. il toponimo Pačuh già trattato su queste pagine dove si parla di altri idronimi simili, tutti derivati dalla radice latina "puteus" o "putea" (DOM, ottobre 1981, pag. 3).
Le borgate di Gorénj Marsin I Mersino Alto
BÀRDO (it. Brida
"na Bàrde, z Bàrda".
a. 1627 Brida del Puffaro (dal "liber baptizatorum" S. Petri Sclaborum).
Il toponimo deriva dalla voce slovena "brdo" (= colle, collina, rilievo montagnoso).
Per la ricca documentazione toponimica e microtoponimica riguardante l'oronimo "brdo" confrontare ciò che ho scritto a proposito dei toponimi Barca, Očnebardo, Bardo, Zabardo. Cfr. anche i microtoponimi Martine Bardo presso Čišnje, Zabardo (= località situata dietro il colle) nei pressi delle malghe di Mersino sotto la vetta del Matajur e Bàrca presso Pegliano / Ofijan.
KLÌN (it. Clin)
"v Kline, taz Kline".
Il toponimo deriva probabilmente da qualche caratteristica del terreno o, meglio, da qualche appezzamento di terreno terminante a forma di cuneo (in sloveno "klin" = cuneo). Numerosissimi sono i microtoponimi del tipo Klin e Klinac presenti sul nostro territorio come appare dalla relativa documentazione riportata a suo tempo sotto la trattazione dei toponimi Klenjie e Klinac (cfr. DOM, n. 11, 1980; n. 2, 1982).
ŽORŽA (it. Zorza)
"per Žoržeh, od Žoržu".
Zorz è il corrispettivo friulano del nome proprio italiano Giorgio (sloveno Jurij). Non escludo che il cognome Zorza, tipico di Mersino Alto, sia la traduzione letterale della forma slovena Jurij che ritroviamo a Mersino Basso nel cognome / toponimo Juretič / Iuretig.
Cfr. a titolo di curiosità il cognome ibrido friulano-sloveno Zorzettig presente nel circondario di Cividale.
JERÉBI (it. Ierep)
"par Jerébeh, od Jerébu".
a. 1601 Miclau de Rep huomo di Mersino (Missio);
de Rep
è ovviamente la errata trascrizione di Jerep operata dallo scrivente italiano poco ferrato nella lingua slovena. Il cognome Jereb, che ha dato anche il nome alla località, è uno zoonimo e deriva dalla voce slovena "jereb" (= pernice).
I cognomi ed i nomi di famiglia derivati da zoonimi sono sempre in stretta relazione con qualche qualità fisica o spirituale della persona direttamente traslati dalle quali tà dei rispettivi animali.
Il prof. F. Bezlaj afferma che nei cognomi del tipo Jereb, Jerebič, Jerebičnik si nasconde il significato originario di "variopinto, maculato, scuro" (cfr. Essj, pag. 227, sotto la voce "jereb").
MEDVÉŽI (it. Medves)
"par Medvéžeh, od Medvéžu".
Il cognome Medves / Medvež è tipico di questa località di Mersino Alto. Si tratta probabilmente di uno zoonimo derivato dalla voce slovena "medved" (orso).
Secondo il prof. Merkù (o.c. pag. 44) Medvež non sarebbe che una variante dialettale di "medved"; anch'io non escludo questa possibilità dal momento che esiste ad es. ancora oggi la forma dialettale Màriež, tratta direttamente dal nome italiano Mario.
OBÀLA (it. Oballa)
"par Obaleh, od Obàlu" Toponimo e cognome.
a. 1625 Obalig de Mersino. (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum").
Obala doveva essere in origine un soprannome diventato poi cognome e toponimo. Non possiamo accostare Obala al toponimo Oblica / Oblizza anche perché la borgata non è posta su un cucuzzolo o un rilievo tondeggiante ma è adagiata su una superficie piana. Inoltre l'uso della preposizione "per / pri" (= presso) sta ad indicare che Obala è stato in origine un nome proprio e non un toponimo. Una ulteriore conferma è rappresentata dalla forma onomastica antica del 1625 Obalig (< Obalič) che con tutta probabilità è un patronimico e significa "figlio di Obala". Da notare che in Slovenia esiste anche il cognome Obal.
Obala di Mersino, naturalmente, non ha nulla da spartire con la voce slovena "obala" (= riva o spiaggia del mare).
Il cognome Obali potrebbe essere la forma dialettale della voce slovena "òbla" (agg. "oblast") di cui il dialetto sloveno del Natisone ha conservato solo l'aggettivo "obàlast" (= sferico, rotondo, tondeggiante). Questo vocabolo, derivato dall'aggettivo latino "ovalis" (= a forma di uovo), è stato usato dapprima come soprannome e poi è diventato anche cognome.
LÌNDER (it. Linder)
"par Linderje, od Linderja".
Linder è una borgatella di Log / Loch di Pulfero. L'origine del toponimo è da ricercarsi nel cognome Linder che è diffuso nell'area tedesca. La presenza a Log di questo nome di origine tedesca non deve destare meraviglia se consideriamo che la strada del Pulfero è stata nel passato una importante via di comunicazione tra l'Austria e la Repubblica di Venezia. Del resto anche il toponimo Pulfero, come abbiamo già dimostrato, è sorto in questo contesto di traffici confmari.
STÙPCA (it. Stupizza)
"na Stùpci, s Stùpce".
Non ho trovato annotazioni antiche di questa località perciò credo si tratti di un toponimo relativamente recente forse sorto anche in relazione con il vicino valico confinario. L'alta valle del Natisone, che in alcuni tratti è simile ad una stretta gola, si apre e si allarga proprio a Stupizza formando una conca sul cui fondo si trova un ampio pianoro.
La totalità degli studiosi italiani tenta di far derivare il toponimo dalla voce slovena "stépica" (= piede, gradino) mentre B. Guion (Fra il Torre e l'Isonzo) lo considera di origine preslava. Questi tentativi di interpretazione sembrano errati per il semplice fatto che la pronuncia e la forma del toponimo non è Stùpca ma Štùpca. Ciò è stato messo molto bene in evidenza dal prof. P. Merkù nella rubrica "Slovenska imena naših krajev", n. 65 apparsa sul Primorski Dnevnik (1981) dove scrive tra l'altro: "treba je iskati razlago za ta krajevno ime v kaki nemški besedi in prepuščam zato razlago komu, ki se spozna tudi na germanistiko". Merkù è dell'avviso che la voce štupa" (= materia ridotta in polvere) possa essere una base possibile per spiegare il toponimo mentre io non escludo una derivazione dalla voce tedesca "stube" cui è stato aggiunto il suffisso sloveno -ica (stube + -ica cz Stubica). In tal caso Stubica sarebbe sorta in riferimento a qualche ufficio, posto di guardia, casermetta e simili, collegati all'attività del vicino confine. Fino al 1914 esisteva mfatti a Stupizza una dogana di seconda classe.
Il passaggio da Stubica a Stupica e successivamente, per riduzione vocalica, a Stùpca si spiega mediante la sostituzione della p con la b (Stubica < Stupica < Stùpca). Cfr. anche il passaggio da "gòmba" a "gompa" e "gompica", la trasformazione di "jabolka" a "jàpka" e "jàpčica" o di "tébuka" a "tépka".
La preposizione "na" che si accompagna al toponimo ("na Stùpci") starebbe ad indicare uno spazio "aperto" e non "chiuso" e pertanto permangono alcune difficoltà di carattere interpretativo.
ČENAVÀRH (it. Montefosca), "v. Čenavàrhe, iz Čenavàrha". Gli abitanti: Čenavaršànj' o Čenovaršànj'.
a. 1372 in uilla de Montefosca (Corgnali), a. 1602 (Missio) Martin de Monfoschia, a. 1622 Montefoschia (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum").
Čenavarh è la forma slovena dialettale derivata da "Črni vrh" (= cima nera, monte nero) attraverso questi processi trasformativi e riduttivi tipici del nostro dialetto: Črni vrh < Černi varh < Če(r)ni varh < Čenavarh.
Dobbiamo subito premettere che è difficile stabilire se Montefosca sia la traduzione della forma slovena Čenavarh o viceversa ma, a chi sostiene la primogenitura della forma italiana, devo far presente che nell'area slovena esistono quattro importanti località denominate Črni vrh (presso Idrija, Cerkno, Jesenice e Polhov gradec) e pertanto possiamo legittimamente presumere che anche Čenavarh di Pulfero abbia avuto una origine autonoma.
Ma chiediamoci piuttosto come e perché è sorto questo toponimo. Alcuni mettono in relazione il nome del paese con la montagna che sta alle sue spalle e che è chiamata Uogu ("uogu" e "uogje" nel dialetto sloveno locale significano "carboné di legna"). Questo accostamento non mi convince poiché, a mio avviso, l'oronimo Uogu non deriva da "ògel" e "òglje" (= carbone di legna) ma dalla voce slovena "ògel" o "vògel" (= angolo, spigolo / di monte / che nel dialetto del Natisone ha assunto la forma Uogu attraverso i seguenti processi trasformativi: Végel> Vgu> Uogu. Cfr. anche il monte Vogel (ne Voglu) che domina il lago di Bohinj nella Gorenjska (Slovenia) noto soprattutto agli amanti della montagna e dello sci.
E allora in relazione a che cosa è sorto il toponimo Čenavarh se a ridosso del paese non esiste un "monte nero, scuro o del colore del carbone" ma una montagna attualmente brulla, pietrosa e con caratteristiche tipicamente carsiche?
Ivan Trinko, nella "Guida delle Prealpi Giulie", Udine 1912, pag. 637 ci fornisce, indirettamente, una possibile chiave interpretativa del toponimo. Scrive I. Trinko: "Il (monte) Lubja, dagli abitanti del suo versante meridionale, viene conosciuto col nome di Uogu. La cima più elevata poco spicca rispetto all'insieme del monte, foggiato ad altipiano e ricco di fenomeni carsici ma, non più, come un tempo, tutto ricoperto di bosco di faggi".
Se 1000 anni fa esisteva questo bosco di faggi allora possiamo verosimilmente presumere che la località di Čenavarh / Montefosca abbia preso il nome dalla folta macchia scura che un tempo ricopriva interamente il monte Uogu situato alle spalle del paese. Del resto anche i toponimi ed oronimi del tipo Črni vrh presenti in Slovenia hanno avuto più o meno una origine simile e sono da mettere in relazione con i boschi che ricoprivano e tuttora ricoprono con il loro manto scuro quelle montagne.
La forma ufficiale italiana Montefosca (= monte oscuro) denota una derivazione friulana. "Mont" è infatti, nella lingua friulana, un sostantivo femminile e pertanto il toponimo ha conservato giustamente la forma Montefosca e non Montefosco.
Da notare, per inciso, che nel XVII e XVIII secolo il nome proprio femminile Foschia e Fosca (= bruna) era molto diffuso anche nelle Valli del Natisone. Per rendersene conto basta sfogliare gli antichi registri di battesimo conservati negli archivi parrocchiali di S. Leonardo e di S. Pietro al Natisone.
PACÉJDA (it. Paceida), "v Pačéjdi, iz Pačéjde".
Di questa borgatella situata nelle immediate vicinanze di Montefosca ho avuto modo di parlare quando ho trattato il toponimo Pačùh. Confermo ciò che ho scritto allora e cioè che il toponimo si debba collegare alla voce latina "puteus", "putea" da cui sono sorti i numerosi toponimi e microtoponimi del tipo Pačùh, Pàč, Pačàdove, Pocera, Pačàl, Pačalìč ecc. Credo che la località abbia preso il nome da qualche pozza d'acqua o dall'acqua stagnante (mlaka) presente nei pressi. Se consideriamo che la voce dialettale "kréjda" (= gesso) è sorta dal latino "creta" allora possiamo presumere che anche il toponimo Pačéjda derivi da una qualche forma romanza del tipo "pozzetto, pozzetta" (pozzétta < počéjda < pačéjda / akanje!).
KÀL (it. Calla)
"na Kàle, s Kàla".
a. 1602 di Cala (Missio), a. 1623 di Calla (dal "Liber baptizatorum" S. Petri Sclaborum).
La voce slovena "kal" significa: "piccola depressione del terreno con acqua stagnante". I toponimi e microtoponimi di questo tipo presenti nelle nostre zone (Kal di Pulfero, Kal presso Kòzca, Za Kalan presso Rodda, Kal a Drenchia, monte Kal sopra l'abitato di Cepletischis ecc.) sono a volte legati alla pastorizia e all'allevamento del bestiame.
I diversi "kali" disseminati sui nostri monti erano delle pozze d'acqua piovana che servivano da abbeveratoio per gli animali al pascolo. Innumerevoli sono i microtoponimi del tipo Kal e Kalič disseminati in tutta l'area slovena e non è qui il caso di enumerarli tutti: solo sull'altipiano carsico, nella provincia di Trieste, ce ne sono una ventina.
Una variante di "kal" è "kalùž" (cfr. i microtoponimi Kaluž presso Losaz e Tribil inferiore) mentre "mlaka" è sinonimo di "kal" (cfr. i microtoponimi Mlaka a Puller e ad Azzida, Na Mlaki a Cras di Pulfero, Gu Mlakah a Liessa/Grimacco, Mlaka presso il Ponte S. Quirino/Muost).
Credo sia opportuno riportare qui altri microtoponimi presenti nelle Valli del Natisone che hanno attinenza con le voci "kal" "kaluž" e che si riferiscono ad acque stagnanti, a terreni molli imbevuti d'acqua o paludosi: Močilo o Močila a Clastra, Matajur, Oballa di Mersino, Cepletischis, Oblizza, Mokrica a Topolò, Luža presso Costne, Blata presso Azzida, Mjàčna a Liessa/Grimacco, Màkota sopra l'abitato di Sorzento (gli ultimi due microtoponimi significano "terreni molli". Mjàčna deriva dal sost. sloveno mlàčina alla stregua di Mjàskati (>Mlaskati). Mentre Màkota potrebbe derivare dalla forma Mékota (sl. attuale Mehkòta)
Da notare che "mjàčna" è voce comune del dialetto del Natisone e significa appunto "terreno molle, imbevuto d'acqua".
11 lettore si chiederà, e a ragione, perché la forma ufficiale italiana del toponimo sloveno Kal (pronuncia: Kau) e Calla e non Cau. La risposta non è difficile. Quando lo scrivente italiano doveva annotare la località di provenienza di una persona abitante a Kal lo domandava all'interessato, probabilmente con l'ausilio del traduttore, e riceveva questa risposta: "San taz Kala". Senza rendersi conto che Kala è il caso genitivo del toponimo Kal, l'ha trascritto in questa forma che poi si è fossilizzata e conservata fino ai nostri giorni.
ZAPATÒK (it. Zapatocco)
"v Zapatoke, iz Zapatoka".
a. 1626 di Sotpatoch (dal "liber baptizatorum S. Petri Sclaborum").
Chi si reca in questa località dalla Valle del Natisone si accorge subito che il paese è situato al di là (za) di un torrente (patòk) e su questo toponimo non ci sono altre osservazioni da fare.
KAMÙNJAR (it. Comugnero)
"par Kamùnjarje, od Kamùnjarja".
a. 1602 Petri Comugnar ad Erbezzo (Missio).
Si tratta di un casale posto nei pressi dell'abitato di Kal/Calla.
Dall'aggettivo latino "comunis" deriva la voce Comugne (slov. dialettale Kamunja per effetto dell'"akanje") e significa terreno comune aperto al pascolo.
Le Comugne erano dei terreni posseduti collettivamente dalla vicinia e i numerosissimi microtoponimi di questo tipo disseminati un po' dappertutto nelle Valli del Natisone sono rimasti attualmente come testimonianza di quei pascoli e della situazione fondiaria esistente prima della spartizione delle terre "comunali".
Kamùnjar/Comugnero era la persona che sfruttava i terreni comunali e ne godeva l'usufrutto.
GORÉNJA VÀS (it. Goregnavas)
"v Gorénji vas', iz Gorénje vasi".
Località al di sopra dell'abitato di Erbezzo/Arbèč, dove c'è la casa canonica e la sede della parrocchia di Erbezzo.
Erbezzo/Arbèč è probabilmente un toponimo collettivo che abbraccia una vasta area geografica sulla quale sono sorti tre paesi: Zapatok, Arbeč e Gorenja vas. I più importanti naturalmente sono gli ultimi due legati tra loro in qualche modo anche dal punto di vista toponimico; Erbezzo infatti ha preso probabilmente la denominazione dalla vasta area circostante su cui sorge anche l'abitato di Gorenja vas (= paese superiore) il quale è stato chiamato così per distinguerlo da Erbezzo, considerato dagli abitanti come paese inferiore. Anche da questo particolare si desume che Erbezzo/Arbeč è probabilmente un toponimo alla pari di Marsin, Ruonac, Dreka e Ofijan.
L'aggettivo sloveno "gorenji" è stato abbinato a tanti nomi di paesi ed è sempre in relazione con una località situata in una posizione inferiore.
Cfr. Gorenja vas a Bohinj nella Gorenjska, Gornja vas in Carinzia e poi le seguenti località delle Valli del Natisone: Gorenj Marsin, Tarčmun, Tarbì, Barnas.
ARBÉC (it. Erbezzo)
"v Arbéču, iz Arbečà". Gli abitanti: Arbečànj".
a. 1500/1600 Arbezo (da un elenco di paesi custodito nel museo di Cividale), a. 1602 (Missio) sopra il monte de Arbez, a 1623 Erbezzo (dal "Liber baptizatorum S. Petri Sclabomm), a. 1671 Herbez (C. Podrecca, Slavia Italiana, pag. 49), a. 1718 Herbezzo (Corgnali).
Abbiamo già notato, trattando di Gorenja vas, che Arbeč/ Erbezzo è probabilmente un toponimo "collettivo" e che il significato del nome debba ricercarsi con tutta probabilità in qualche particolarità del territorio. Non voglio con ciò escludere a priori altre possibili soluzioni poiché stiamo esaminando uno dei toponimi delle Valli del Natisone più difficili da decifrare. Per la curiosità dei lettori riporto tutti i tentativi di interpretazione che personalmente conosco.
a) Nel XVIII sec. abbiamo una spiegazione prescientifica dovuta al conte Girolamo Asquini il quale scrive nel 1827 che il nome Erbezzo è di origine celtico-gallo-carnica e significa "paese di confine, terra divisoria" (cfr. DOM, ottobre 1982, pag. 8).
b) il prof. Bruno Guyon (Elemento slavo nella toponomastica della Venezia Giulia, Palermo 1907, pag. 167) lo fa derivare dal verbo sloveno "rabiti" (=rapire, portar via) in riferimento a torrenti impetuosi. Esclude una derivazione dal latino "herba" (=erba) "trattandosi di paesi slavi fin dal VIII secolo". Guyon afferma, inoltre, che Arbeč/Erbezzo di Pùlfero è un idronimo (un affluente del Natisone).
c) Gli studiosi italiani lo fanno derivare dal latino "herba" (=erba) con suffissi in -iti(u) o in -iciu (cfr. ad es. C.C. Desinan, Problemi di toponomastica friulana, II, pag. 182 e Giovanni Frau, Dizionario toponomastico Friuli-Venezia Giulia, pag. 59).
d) Dušan Ludvig (Slavistična Revija, Lj, IX, 1956, pag. 189) studia il toponimo da una prospettiva linguistica germanica. Dopo aver osservato che i nomi dei fiumi (idronimi) sono di solito i più antichi e conservativi ma anche soggetti, nel corso dei secoli, a notevoli trasformazioni fonetiche, ritiene che Arbeč/Erbezzo derivi dal longobardo "Arbo", "Arbjo" (ted. "erbe" = eredità) e lo confronta con i seguenti toponimi presenti nell'Italia settentrionale: Arbi (Cuneo), Arbengo (Novara), Arbizzo (Cuneo), Arbengo (Novara), Arbizzo (Cuneo), Villa Arbvid (oggi Villorboit presso Novara).
e) Il prof. Pavel Merkù (Slovenska imena naših krajev, N. 6 Primorski Dnevnik, 1980) è dell'avviso che si tratti con tutta probabilità di un toponimo preromano che non è possibile spiegare. Esclude una derivazione latina in quanto la forma slovena Arbèč non può derivare dal latino "herba" e perchè il toponimo/idronimo sarebbe preromano. Più o meno dello stesso avviso è anche il prof. F. Bezlaj (Eseji o slovenskem jeziku, Lj. 1967, pag. 85) il quale ipotizza, con formula dubitativa, un nome preromano Erbetio.
Di fronte a tante opinioni diverse è proprio il caso di dire: "Tot capita, tot sententiae!" ma è proprio questa diversità di interpretazioni che ci dà l'idea di quanto sia alle volte difficile la spiegazione di un toponimo.
Ora vorrei fare anch'io delle osservazioni su Erbezzo/Arbèč che tutti lo considerano un idronimo e lo collegano all'omonimo Erbezzo/Arbèč presente nel comune di S. Leonardo. Io credo invece che Erbezzo di Pulfero non sia necessariamente un idronimo. Nel territorio di Erbezzo esiste sì un torrente denominato "rug di Erbezzo" (=Arbečki patok) ma questo ha preso il nome dalla zona circostante. I fiumi e i corsi d'acqua di una certa importanza hanno nomi preromani, latini o comunque molto antichi (ad es. il Natisone e l'Alberone).
Gli altri corsi d'acqua presenti nelle nostre valli sono di solito dei torrenti che vengono chiamati coi nomi sloveni comuni "rieka" e "patok". Nella toponomastica locale "Rieka" sta ad indicare un torrente piuttosto consistente con acqua perenne (ad es. "Rieka" nell'alta valle di Savogna e "Rieka" tra Clodig e Cosizza) mentre il "patok" è di solito un corso d'acqua lungo poche centinaia di metri e a regime discontinuo. Detto questo mi sembra strano che a un torrentello insignificante come è in realtà quello che scorre presso l'abitato di Erbezzo sia stato dato un nome due o tre mila anni fa. E molto più probabile, invece, che il torrente abbia preso il nome dalla località circostante dato che, in realtà, è questa la norma che regola la microidronimia locale (cfr. ad es. i torrenti: Tarčenščak, Stivénščak, Podorieščak, Osùonščak, Jàvorščak, Zahošnjak (?) tanto per restare nella zona compresa tra Erbezzo e Oculis.
Anche se B. Guyon ha scritto che Erbezzo è il nome di un corso d'acqua, affluente del Natisone, questa testimonianza non mi sembra attendibile poiché gli abitanti di Erbezzo conoscono soltanto il torrente di Erbezzo/Arbeški patok e non un torrente col nome proprio Erbezzo. Sembra un gioco di parole ma la differenza è sostanziale per uno che studia la toponomastica.
Naturalmente le mie sono solo delle considerazioni accademiche che possono risultare anche errate ma io penso che, di fronte a certi toponimi di difficile interpretazione, è necessario avere anche una mentalità critica e non ripetere pedissequamente ciò che altri hanno affermato prima di noi (nel nostro caso considerare "tout court" come idronimo un possibile geotoponimo).
Io comunque sono dell'avviso che per spiegare la forma slovena Arbeč (di Pulfero e di S. Leonardo) sia necessario presupporre una forma originaria Erbetium. La forma slovena Arbèč è infatti il risultato di alcune riduzioni e trasformazioni operate su Erbetium dal dialetto sloveno del Natisone che possiamo così riassumere: Erbetium > Erbèč > Arbèč. A conferma del primo passaggio riportiamo altri esempi: Parentium > Poreč (it. Parenzo d'Istria), Isontium > Soča e Tertium mons > Tarčmun (it. Tercimonte); il passaggio da Erbèč ad Arbèč si spiega col fatto che la e semivocalica si trasforma nel nostro dialetto in a.
Possiamo concludere dicendo che il toponimo Arbeč / Erbezzo resterà ancora per lungo tempo un grosso problema o meglio un rompicapo per gli etimologi e probabilmente ha ragione il prof. Merkù quando afferma che la spiegazione di questo nome è pressoché impossibile.
PODVÀRŠČ (it. Podvarschis)
"v. Podvàrščè, iz Podvàršč". Gli abitanti: Podvarščànj'.
Si tratta di una località sulla riva destra del Natisone situata sotto (Pod) un rilievo, una altura, una cima (varšič). Da notare che i microtoponimi del tipo Varh, Varšič, Uarh, Uaršič sono numerosi nelle Valli del Natisone (cfr. il toponimo Varh/Varch di Stregna, già trattato su queste pagine). Vršìč è il nome del più alto passo stradale della Jugoslavia e si trova al centro delle Alpi Giulie nell'alta valle dell'Isonzo.
La forma dialettale Podvaršče deriva da Podvršič attraverso il meccanismo della riduzione vocalica ma non escludo una derivazione dalla forma plurale Podvaršiči attraverso il seguente passaggio riduttivo: Podvaršiči > Podvaršči.
SPEHÙONJA (it. Specognis)
"par Spehùonj ah, od Spehùonj".
Il toponimo è in realtà un atroponimo e deriva dal cognome Specogna (slov. Spehonja; slov. dial. Spehùonja) diffuso nella Valle del Natisone e in quella di S. Leonardo.
a. 1628 Sphehc, a. 1674 Spechonia (dal Liber Baptizatorum S. Leonardi).
Questo cognome è formato dal sostantivo dialettale di origine tedesca "špeh" (= lardo) e dal formante accrescitivo -onja che riscontriamo in altri cognomi presenti all'interno e all'esterno delle Valli come ad es. Drecogna (slov. Drekònja), Tracogna (slov. Trakonja), Velikonja. Come ci fa notare P. Merkù (o.c. pag. 62) il cognome Specogna / Špehuonja designava originariamente una persona piuttosto grassa. L'h aspirata di Spehonja è stata traslitterata in italiano con la c (> Specogna). Da notare infine nella forma italiana la desinenza plurale friulana in -is.
ŠČIGLA (it. Cicigolis)
"v Ščiglah, iz Ščigli". Gli abitanti: Ščiglanj'.
a. 1411 Ciciulis (da un documento riguardante la Banca di Antro), a. 1620 Luca Ochinaz di Ciciulis, a. 1623 Ziziulis, a. 1700 Cieigolis (dal Liber Baptizatorum S. Petri Sclaborum), 1800 Cieigola (carte geografiche napoleoniche).
Toponimo di probabile origine romanza. Le forme Ciciulis, Cicigulis e Cicigolis, con desinenza plurale femminile di origine friulana in -is, presuppongono una forma originaria latina * ciciculus, * cicicula.
Cfr. ad es. la voce friulana panòle, plurale panòlis, entrata nel dialetto del Natisone sotto forma di panogla (plur. panogle) e derivata dal tardo latino "panucula", variazione di "panicula" a sua volta diminutivo di panus (= pannocchia di miglio); altri prestiti latini analoghi che riscontriamo nel nostro dialetto; sono magla, plur. magle < lat. macula (= macchia), fàgla, fàgle < lat. facula (== fiaccola), cigla, cigle attraverso una mediazione germanica ziagal (< lat. tegula = tegola).
Scigla deriva dunque da una probabile forma latina * cicicula da cui è sorta anche quella friulana "cicigula", "cicigola", "ciciula" (plur. cicigulis, cicigolis, ciciulis).
Nella forma slovena osserviamo la contrazione del gruppo iniziale čiči- in šči-, poiché lo sloveno non sembra tollerare volentieri la vicinanza di queste due sillabe (či-či) e in qualche caso le trasforma (cfr. ad es. čičica (= bambina) che nella Valle del Natisone e nella zona di Luico/Livek ha assunto la forma di #ščica, oppure il toponimo Cicigoj nella Valle di S. Leonardo trasformato in Čižguj). Da notare, infine, che Sčigla è una forma plurale femminile (arcaica) in -a che equivale alla forma grammaticalmente esatta Sčigle (cfr. a proposito il mio articolo Sčigla o Sčigle apparso sul DOM, anno 1980, n. 7-8).
A questo punto però ho il sospetto che la forma romanza Cicigolis non possa derivare da una presunta forma latina * ciciculus, * cicicula in quanto sia nell'italiano che nel friulano le parole che iniziano con la doppia sillaba iniziale Ci di Cicigolis sia semplicemente una protesi linguistica attaccata al nome originario per agevolarne la pronuncia. Secondo questa ipotesi il nome originario della località doveva essere * Cigolis derivato a sua volta da "cigula" o da "cigolo", queste ultime due forme derivate rispettivamente da "ciccum" e dal verbo "cigolare".
I1 Nuovo Pirona (pag. 150) riporta la voce cigula equivalente a Cidule (= girella, rotella, ruzzola in genere) e il verbo cigulà (= strillare); si tratta in tutti e due i casi di voci onomatopeiche che cercano di imitare un suono stridulo (cfr. anche i verbi friulani "cigà" e "ciulà" della stessa famiglia e i verbi italiani di derivazione onomatopeica cigolare e zigare (= emettere suoni striduli, detto di animali).
Basandosi su queste considerazioni qualcuno ha pensato di interpretare il toponimo Cicigolis/Sčigle sulla base della voce friulana "cidule" o "cigula" (sostantivo femminile) ed ha avanzato l'ipotesi che in questa località convergessero diversi fili asbalzo che, come è noto, servono per trasportare a valle il fieno o la legna mediante le "cidule" (= girelle), termine questo particolarmente vivo nella Valle del Natisone e nella zona di Cicigolis e sconosciuto in altre località della zona, soprattutto in montagna, dove viene usato il termine "Špùoja" derivato probabilmente dal tedesco Spule (= rocchetto).
C'è da chiedersi, però, se a Cicigolis erano già in uso questi fili a sbalzo nel XV secolo quando per la prima volta è stato annotato il toponìmo Ciciulis e ciò mi lascia molto perplesso e dubbioso. Si può anche ipotizzare che quelle "cidule" o "cigule" servissero ad altri scopi ma attualmente non possiamo affermare nulla di concreto poiché sono necessarie altre indagini su Cicigolis e sulla sua storia passata.
Un altro punto di partenza per spiegare il toponimo Cicigolis/Sčigle, potrebbe essere la voce dialettale slovena "čigla" (sost. femm.) che sta ad indicare un particolare tipo di vitigno (Kanal nella valle dell'Isonzo). Il Bezlaj la fa derivare dal sostantivo veneto-italiano "cigolo" (= vinacciolo, mocciolo). Si tratta di un vitigno che produce uva dagli acini piccolissimi e la radice ultima di questa parola è la voce latina "ciccum" (cfr. Essj, I, pag. 81); da notare che anche il dialetto sloveno del Natisone conosce la voce "čigla" nella variante di "dučigla" (ad es. nella zona di Tercimonte) o di "točigla" (a Tribil): si tratta sempre di un vitigno nostrano ormai scomparso o in via di estinzione. Porre attenzione anche alle voci friulane "cigon" o "zigon" (= vinacciolo, seme contenuto negli acini) derivate anch'esse dal latino "ciccum", greco "kikkos".
Se riteniamo che Cicigolis derivi da questa base lessicale ("ciccum", "cigolo"), allora possiamo interpretare il toponimo nel senso di "località piantata a vigna, zona ricca di vigna-li o filari di vite", ecc.
In ogni caso la spiegazione di questo toponimo resta problematica e, credo, necessiti di ulteriori approfondimenti.
LÀZE (it Lasiz)
"v Làzeh, iz Làz"; gli abitanti: Làzanj'.
a. 1145 Lasis (citato da C.C. Desinan, Problemi..., Contributo 11, pag. 183), a. 1300 in Lasiz (di Prampero) a. 1401 Las (da un doc. della Banca di Antro), 1602 monte di Lasiz (Missio), a. 1617 Piero Cucuto di Lasiz, 1622 Racher di Lasiz, 1623 Plata di Lasiz (dal Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum).
La voce slovena "làz" significa: terreno disboscato, dissodato per ricavarne di solito un campo coltivabile; anche prato alpestre. Il toponimo Laze (comune di Pulfero) è legato alla colonizzazione slovena delle Valli del Natisone di cui ci siamo occupati trattando altri toponimi analoghi (ad es. Tribil). Per la ricca documentazione microtoponimica riguardante "làz", "làze" e "làzič" cfr. ciò che ho scritto a proposito di Laze in comune di Drenchia.
La forma slovena locale Laze è un sostantivo femminile plurale e si discosta leggermente dalla forma slovena letteraria (Lazi, plurale maschile). Alquanto strana mi sembra la forma italiana che si discosta notevolmente da quella originaria slovena. Faccio due ipotesi: Lasiz potrebbe nascondere la forma diminutiva di "laz" che è appunto "làzič" (anticamente la lettera slovena č veniva traslitterata in italiano con la lettera z) oppure sarebbe la forma "friulanizzata" di Laze con l'aggiunta del suffisso plurale femminile in -is,
come appare dalla annotazione del 1145 Lasis (=Lazis); in seguito l's finale è stato sostituito dalla lettera z e questa forma (Lasiz) si è conservata fino ai giorni nostri.
TARČÉT (it. Tarcetta)
"v Tarčéte iz Tarčeta"; gli abitanti: Tarčečànj'.
a. 1358 Trecenta, a. 1444 villa de Tarzit, Tirzint (Corgnali), a. 1615 Piero Gulion di Terzetta, a. 1617 Pietro Drebalo di Terceta, a. 1622 Tarzeta (Dal Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum).
Dobbiamo innanzitutto notare che la lettera z veniva spesso usata nel passato per rendere il suono della lettera slovena č o della italiana č di cento. Ad es., nella puntata precedente, abbiamo annotato la forma antica Ziziulis che bisogna leggere come Ciciulis (=Cicigolis presso Pulfero); allo stesso modo le seguenti forme antiche: Tarzit, Tirzint, Terzetta devono essere lette come Tarčit, Tirčint, Terčetta.
Anch'io sono d'accordo, con la maggioranza degli studiosi, nel ritenere questo toponimo di origine latina, dal numerale "trecenti" (=300) e questa spiegazione non è poi tanto strana se si considera che nelle immediate circostanze esistono i seguenti toponimi di origine latina o romanza: Antro, Pegliano, Spignon e Cicigolis (Antro e Pegliano sono annotati già nell'anno 888). Come fanno notare alcuni studiosi di toponomastica (ad es. Frau e Desinan) nel caso di Tarcetta è necessario presupporre una forma originaria "Trecénta" che in bocca slovena ha prodotto l'attuale forma Taràčét attraverso i seguenti passaggi riduttivi e trasformativi tipici della lingua slovena:
Trecenta > Terceta (denasalizzazione e metatesi) > Tarceta (fenomeno dell"'akanje" per cui la e semivocalica si trasforma in a) e infine Tarcet con la perdita della a finale. Da notare infine che la forma ufficiale italiana Tarcetta sembra originaria dalla mediazione slovena (Tarčet).
Cfr. anche le località di Trecenta presso Rovigo e Tarcento (sloveno Čenta) in provincia di Udine.
I1 toponimo Tarcetta/Tarčet sembra molto antico e ciò lo si deduce dalla forma denasalizzata Tarčet che, secondo gli studiosi, risale probabilmente al secolo XI. Che cosa in realtà rappresenti quel "trecenta" originario non possiamo saperlo con certezza. Forse si riferisce a "jugera" (trecento jugeri di terreno rappresentano, più o meno un quadrilatero con circa 850 m. di lato). Ciò può essere credibile se si considera che tutta la campagna di Tarcetta raggiunge più o meno una analoga estensione.
LÀNDAR (it. Antro)
"v Làndarje, iz Làndarja". Gli abitanti: Làndarci o Špàsci.
a. 888 ecclesiam S. Joannis in Antro cum eodem Antro (dal famoso diploma del re Berengario), a. 1265 in domo Patriarche in Antro, a. 1274 Antrum prope Arensperch, a. 1275 in Pelgàn supra Antrum (di Prampero), a. 1602 Landri (Missio).
Il toponimo deriva dal latino "antrum" (=grotta); nelle immediate vicinanze c'è infatti la notissima grotta di S. Giovanni d'Antro (Svet Ivàn v čelè) e l'abitato sede della omonima parrocchia si è in un certo senso identificato con la grotta di Antro che dalle persone del luogo viene comunemente denominata "jama" (=grotta).
La forma slovena Landar deriva dal friulano "landri" (=grotta) dove si nota l'agglutinazione dell'articolo L con "andri" (altre forme friulane: lander, landre, slandri; cfr. Nuovo Pirona, pag. 500).
La località vanta un altro nome locale: "Go par Špàs" che è documentato anche, su alcune carte geografiche del 1800 sotto forma di Spasse.
La chiesa parrocchiale di Antro è dedicata a S. Silvestro I, papa che anticamente veniva chiamato anche San Passo in quanto era considerato il santo del passaggio dall'anno vecchio all'anno nuovo (S. Silvestro morì infatti il 31 dicembre); cfr. anche la chiesa di S. Silvestro a Merso inferiore annotata nel XVI sec. come chiesa di S. Passo oppure la località di Šémpas presso Nova Gorica (YU) che ha preso la denominazione dalla chiesa parrocchiale dedicata a S. Silvestro I, papa (Sanctus Passus > Sent Pas > Šempas). Nella forma locale slovena "Go par Špas" l'aggettivo Sanctus, agglutinato a Pas, si è talmente contratto da ridursi a una semplice S (cfr. anche il toponimo Špeter in confronto a Šempeter). Col tempo la forma originaria corretta "Go par Špase" (Sanctus Passus è infatti una forma maschile) si è trasformata in "Go par Špas" che presuppone una forma femminile (Špàsa); come si è arrivati a questo cambiamento non è possibile accertarlo con sicurezza. Un fenomeno analogo lo riscontriamo anche nei toponimi Kràs di Drenchia e di Pulfero i quali da maschili sono diventati femminili (invece della forma corretta "na Krasu" noi usiamo la forma "na Kràs"' che ovviamente presuppone una forma femminile "Krasa".
(Cfr. il mio esauriente articolo su S. Passo, Šempas e go par Špas apparso sul Dom, n. 4, 1980).
JÀLČI (it. Ialig)
"go par Jàl#eh, gor od Jàl#u".
Si tratta di un casale (2 case) situato sulla strada Antro-Spignon, al di sopra della grotta di S. Giovanni d'Antro. Il nome della località deriva da un soprannome o da un nome di famiglia ed è di difficile interpretazione. Jàl#i (< Jàli#i) è la forma plurale di Jàli# da cui traspare il formante sloveno -ič. La base di questo nome è dunque "jàl". La sua determinazione semantica è piuttosto difficile. F. Bezlaj riporta nel suo Vocabolario etimologico della lingua slovena (ESSJ, pag. 218) due significati di "iàl":
1) "zavist, nevoščljivost, zloba" (= invidia, cattiveria), agg. "jalen"; dato che questo termine è conosciuto solo nella "Vzhodna štajerska" e nello "Prekmurje", ai confini con l'Ungheria, mi sembra improbabile la sua presenza nelle Valli del Natisone.
2) la forma aggettivale "jàl" sta per "jalov" e significa "nerodoviten, brez haska" (sterile, inutile) e non escludo che l'antroponimo Jalič possa derivare da questa base pur con le dovute riserve.
È possibile, infine, che il nome derivi da qualche altra base 1essicale e pertanto lascio aperto il problema dell'esatta determinazione di questo toponimo.
KOLIESA (it. Coliessa)
"go par Koliešeh, gor od Koliešu"; gli abitanti: Koliešanj' (femminile: Koliaške).
Località con 3 case a breve distanza da Jalič. Anche il nome di questo piccolo gruppo di case deriva da un antroponimo; Koliaša era in origine, con tutta probabilità, un soprannome e ciò lo deduco da un antico documento del 1668 custodito nell'archivio di Ljubljana e riportato nel "Slovenčev koledar 1944", pag. 55 dove si legge di un certo sacerdote Andrej Novak che veniva soprannominato "Koleša". Proprio in base a questo documento io escluderei una derivazione dall'agionimo Nicolaus (ipokoristico Colò + il suffisso -ala). Scrive F. Bezlaj a proposito del sostantivo "koleševka": "lijakasta kraška dolina" (notranjsko), tudi "koliševka"; adjektiv "kolešev" = "razpokan, necel" (notranjsko). Tudi mikrotoponim Koliševka, Kolešivka. Izvedeno verjetno iz "kolychati", "kolysati" = "zibati, omahovati"; verjetno spada zraven tudi cgn. Koleša" (Essj IL, pag. 56).
Accanto a un soprannome e ad un nome di famiglia esiste dunque anche il cognome sloveno Koleša il cui significato è da ricercarsi nei verbi sloveni "zibati" (= cullare, dondolare) e "omahovati" (= traballare, tentennare, titubare; esitare).
Nella forma dialettale slovena "Koliaša" da notare, infine, la normale dittongazione della e lunga accentata di "Koléša".
VÀRH (it. Spignon)
"na Vàrhe, z Varhà", gli abitanti: Varhùci.
a. 1320 montem Spignoni (Corgnali), a. 1602 sopra il monte di Spignon (Missio) a. 1613 di Spignion a. 1652 Leonardi Cernoia de Vareh (Dal Liber Baptiz. S. Petri Slavorum).
La forma italiana deriva probabilmente dal sostantivo "spina" o "spino'' cui e stato aggiunto il suffisso accrescitivo -on (notare anche la lenizione della n in gn): spina/o + on> Spinon> Spignon (come Klinjon
Il significato di Spignon dovrebbe essere dunque il seguente: località posta su una "punta", su una cima, sulla sommità di un monte; il paese si trova infatti nelle vicinanze del passo che collega la valle del Natisone con la conca di Torreano.
La forma slovena Vàrh (= cima, sommità) potrebbe essere la traduzione di Spignon ma non possiamo escludere neppure il contrario.
Cfr. ciò che ho scritto su queste pagine a proposito di Vàrh/Varch in comune di Stregna (Dom n. 2, anno 1982).
PÙLERJI (it. Puller)
"go par Pulerjeh, gor od Pùlerju".
Si tratta di un casale nei pressi di Spignon.
a. 1625 Zuuan Pular di Spignon (Dal Liber Baptiz. S. Petri Sclavorum).
La località ha preso la denominazione dal cognome Puller che da qui si è esteso nella sottostante valle del Natisone, ad es. a Biacis. Probabilmente si tratta di un cognome di origine germanica, derivato da qualche forma verbale del tipo "Buhlen". Da notare, infatti, che la B iniziale dei prestiti tedeschi nel nostro dialetto si trasforma spesso in P (cfr. ad es. Bugeleisen > Peglajz = ferro da stiro, Bettler > Petjar, Pečjar, Pekjar = mendicante, Butter > Puter = burro, Bund > Punt = unione, Bild > Pilda = immagine (sacra) ecc.).
Non possedendo strumenti idonei di ricerca lascio la spiegazione dei cognome Puller a qualche germanista.
OFIJÀN (it. Pegliano)
"v Ofijàne, iz Ofijana". Gli abitanti: Ofijànci.
a. 888 casale Pungolinos (donazione del re Berengario), a. 1275 Pelgan, a. 1300 in Pyliano (di Prampero), 1602 uilla de Pegliano (Missio), a. 1613 di Pejano, a. 1623 di Oflà, Peàn, a. 1625 di Oflan, a. 1627 di Peliano. (Dal Liber baptizatorum S. Petri Sclavorum).
Ofijan / Pegliano è un toponimo "collettivo" in quanto serve a denominare un territorio piuttosto vasto sul quale sono disseminate numerose frazioni; non esiste, infatti, un centro abitato con la denominazione specifica di Pegliano (cfr. i casi analoghi di Rodda, Mersino e Drenchia).
La prima osservazione da fare riguarda la differenza fonetica che esiste tra la forma più antica conosciuta (Pungolinos del 888) e quelle più recenti, ad es. Pelgan, Pyliano e Pegliano, la qual cosa mi lascia un po' dubbioso sulla origine del nome che tutti gli studiosi concordano nel ritenerlo un prediale di derivazione latina.
La forma Pungolinos è annotata nel famoso atto di donazione del re Longobardo Berengario al diacono Felice della chiesa di S. Giovanni d'Antro dove si legge che la chiesa gli fu donata - o meglio legalmente riconosciuta - "cum arboribus ibi per eum plantatis et pratum quod presbiter Laurentius fertilem fecit per circuitum montis Olose, et aream in ipsius montis superficie, tigurium etiam ipsius ecclesiae et campos in fines Broxias et casale Pungolinos et in Reynaldinus. Concedit etiam Broxianis pascua in montibus sita et plano et fluminum ripis" (cfr. G. Biasutti: La lunga fine dei Longobardi in Friuli, Udine 1979, pag. 27).
Berengario donò dunque al diacono Felice la chiesa di S. Giovanni d'Antro (sita nella omonima grotta) "con gli alberi che egli (Felice) aveva piantato nei pressi, un prato che il sacerdote Lorenzo aveva reso fertile attorno, o meglio, sulle pendici del monte Olose; un'area (forse un appezzamento di terreno) sulla superficie dello stesso monte e inoltre l'abitazione annessa alla chiesa e i campi situati sul territorio di Broxias, il casale Pungolinos e (altri terreni?) in località Reynaldinus. Gli concede inoltre anche i pascoli situati sui monti di Broxias, nel piano e lungo le rive dei fiumi" (trad. di B.Z.). Osservazioni al testo:
a) Il monte Olose non è stato ancora identificato con sicurezza ma si tratta di un terreno non lontano dalla grotta di Antro se è vero che il sacerdote Lorenzo ha potuto dissodarlo e renderlo fertile. Il Biasutti (o.c. pag. 28), scrive che "il prato reso fertile intorno al monte Olose va riferito alla località di Lasiz (slov. Laze) che significa appunto 'terreno disboscato e dissodato"'. Se prestiamo fede a questa affermazione allora dobbiamo ammettere che gli Sloveni si sono insediati nella Valle del Natisone molto prima del 888, verosimilmente all'inizio dell'VIII secolo come sostengono i più qualificati storici che hanno approfondito questo specifico problema (cfr. La storia della Slavia Italiana, Trieste / S. Pietro al Natisone, 1978, pag. 7-23).
b) Per ciò che concerne il nome Broxias scrive il Biasutti: "Broxias deve corrispondere all'attuale Brischis". Io invece sono dell'opinione che le espressioni latine "in fines Broxias; in montibus Broxianis" siano piuttosto generiche; esse non indicano delle località ben precise ma semplicemente il territorio situato oltre il ponte romano sul Natisone, costruito in località Broxas (l'attuale Most / Ponte S. Quirino) dove presumibilmente avvenne la battaglia tra gli Slavi e i Longobardi nel 664.
Le espressioni latine citate indicherebbero, secondo il mio modesto parere, la Valle del Natisone propriamente detta e questa indicazione piuttosto vaga si riscontra anche nella parte finale del documento dove si parla genericamente di "pascoli situati nel piano e lungo le rive dei fiumi". La identificazione del toponimo antico Broxas con l'attuale Brischis / Brišče potrebbe essere sostenuta solo nel caso che il "pons Natisonis fluminis" citato da Paolo Diacono nella Historia Langobardorum si riferisse al ponte situato in località Tiglio / Lipa che dista un chilometro dal paese di Brischis. Non mi risulta però che al Tiglio ci fosse un ponte romano o comunque molto antico anche se non escludo la possibilità di questa ipotesi che però dovrà essere provata. (Cfr. Ciò che ho scritto a proposito di Broxas, Most / Ponte S. Quirino e Brišče / Brischis in: DOM, Febbraio 1981, pag. 4; Febbraio 1983, pag. 3; Maggio 1983, pag. 3; e Novi List (TS) ètv. 1406. str. 3 del 24-3-1983).
c) Per quel che riguarda la località "in Reynaldinus" il Biasutti (o.c. pag. 28) scrive che si tratta di un toponimo di probabile origine longobarda. Reynaldinus è in effetti un toponimo di origine germanica, derivato dal nome proprio Raginaldus, latinizzato o romanizzato in Rainaldus, Reinaldus e Renaldus (poi italianizzato in Rinaldo) ed ha il significato di "capo, signore" (cfr. E. De Felice, Dizionario dei cognomi italiani, Milano 1978, pag. 211). Reynaldinus, col suffisso romanzo in -inus (che riscontriamo anche nel toponimo Pungulinos) avrebbe più o meno il seguente significato: "proprietà o terreno di Reynaldus". Questa località, che presumibilmente non doveva trovarsi molto lontano da Pegliano, non è stata ancora localizzata; forse, trattandosi di un microtoponimo, se n'è persa la memoria lungo i secoli.
Ma torniamo a interessarci del toponimo Pegliano / Ofijan. La totalità degli studiosi di toponomastica lo considera un prediale e lo fa derivare dal nome latino Paelius o Pellius con suffisso in -anum nel significato di "podere o proprietà di Pelio, Pellio". Cfr. anche i toponimi Pegliano nelle Marche, Peglio (prov. di Como) e Peio (prov. di Trento).
La forma slovena Ofiian deriva da Pegliano attraverso una complicata serie di passaggi riduttivi e trasformativi tipici della lingua slovena che cercherò di illustrare schematicamente: Pegliano > Pejano(o) (il gruppo sloveno U (it. gl) si trasforma nel nostro dialetto in i); con la scomparsa della o finale il toponimo assume la forma di Peian. A questo punto subentra o si inserisce la O iniziale che sarebbe o una protesi linguistica o un elemento agglutinato.
La presenza della O nel corpo di Peian (Opeian) ha prodotto due ulteriori effetti fonetici: la p si è cambiata in f e la e in i: Opejan > Ofeian > Ofijan. Naturalmente tutti questi mutamenti fonetici non sono avvenuti in una successione cronologica così precisa ma ho dovuto schematizzare questo processo evolutivo in modo tale da renderlo comprensibile e credibile.
BÀRCA (it. Barzà)
"v Bàrceh, iz Bàrc".
In questa località si trova una casa che è da tempo abbandonata. Il toponimo è in effetti un microtoponimo che serve a designare un territorio abbastanza ampio. Barca è un diminutivo plurale derivato da Bardice e sta a denominare un terreno ondulato caratterizzato da gobbe, collinette o "bulce". Il sostantivo sloveno "brdo" significa appunto: colle, monticello.
Cfr. il Collio goriziano (sloveno Goriška Brda) e i seguenti toponimi presenti nelle Valli del Natisone e già trattati su queste pagine: Barca / Barza di Matajur, Barca / Brizza di Savogna, Gorenje in Dolenje brdo / Brida Superiore e Inferiore in comune di Grimacco, Ocnebardo / Ocnebrida in comune di Drenchia, Zabardo in comune di S. Leonardo.
ČEDARMÀCI (it. Cedarmas)
"Par Čedarmàceh, od Čedarmàcu".
a. 1602 (Missio) Pieter Cedarmas a Pegliano; a. 1627 filius Simonis Zedarmas (dal Liber Baptiz. S. Petri).
La frazione ha preso il nome dal cognome tipico del luogo (Cedarmaz) che da qui si è diffuso anche nel fondo valle. La spiegazione di questo cognome si presenta alquanto difficoltosa. Cfr. P. Merkù (o.c., pag. 19) e il toponimo Cedron presso Savogna già trattato su queste pagine.
DORBOLÌ, anche DARBOL1 (it. Dorbolò)
"par Dorbolèh, od Dorbolù".
a. 1602 Pietro Derbolo di Pegliano (Missio); a. 1613 Lonardo Darbolo di Spigniò, a. 1614 Ursa Darboliza di Oculis (dal Liber Baptiz. S. Petri Sclav.).
Anche questa frazione ha preso il nome dal cognome tipico del luogo che da qui si è probabilmente diffuso in tutta la Valle del Natisone (Spignon, Tarcetta, Lasiz, Spagnut, Oculis, Biarzo) come lo documentano i libri dei battezzati della parrocchia di S. Pietro degli Slavi.
Questo cognome è piuttosto oscuro e il suo significato non è stato ancora chiarito. Non escludo che si tratti di un cognome di derivazione germanica (da Derwal o Darwil?)
FLORMI (it. Flormi)
"par Flòrmeh, od Flòrmu".
Questo toponimo deriva dal cognome Floram che è presente a Pegliano ma anche nella zona pedemontana che va da Cividale a Faedis nella forma leggermente modificata di Floran.
Non escludo che questo cognome si possa ricondurre a qualche forma germanica (cfr. ad es. il cognome locale Sturam dal tedesco Sturm oppure il sostantivo "turam" torre campanaria dal ted. Turm).
Cfr. anche il cognome italiano Floramo che presumo derivi dall'Istria o dalla costa dalmata.
KOČJANCI (it. Coceanzi)
"par Kočjànceh, od Kočjàncu".
Il toponimo è in effetti un antrotoponimo e deriva dall'angionimo Cantianus. San Canziano è un santo aquilejese e il suo culto è penetrato anche nelle Valli del Natisone come lo dimostra la chiesetta votiva ormai diroccata dedicata a S. Canziano sul monte omonimo (svet Kocjàn) che domina i paesini di Podar, Costa, Vernassino e proprio da qui è sorto il cognome Coceanig (a. 1613 Blas Cocianiz di Costa / Dal Liber Bapt. S. Petn). Kočjanci di Pegliano è sorto dalla forma diminutiva Kočjanac dove si nota il formante locale in -ac (Kočjan + -ac = Kočjanac.)
MIERCI
"pan Mierceh, od Miercu".
a. 1602 (Missio) Macor Mieraz e Antonio Mieriz a Pegliano.
La frazione ha preso il nome dall'antico cognome ormai scomparso Mieraz il cui significato è piuttosto oscuro. Propongo, come ipotesi, una derivazione del nome da "mir, mier" (= muro; cfr. il toponimo Zamir in comune di Stregna i cui abitanti vengono chiamati Zamierci) oppure dal sostantivo sloveno "mera" (dial. "miera" = misura) seguiti dal formante locale -ac "mier" + ac> "mierac", "miera)> + (a)c> mierac.
Per quanto riguarda la 2° ipotesi (da "miera)> = misura) cfr. il cognome friulano Schif, derivato dal sost. "s'cif" = misura frumentaria che, per metonimia, potrebbe designare il mugnaio e l'equivalente cognome sloveno Chasnenich (= Kaznenik) dell'anno 1442 citato da P. Merkù nel suo opuscolo Slovenski priimki na zahodni meji, Mladika, Trst, pag. 32; anche in questo caso Kaznenik (o Kiznenik, come viene chiamato dalle nostre parti) è una misura frumentana e, per metonimia, potrebbe designare il mugnaio.
L'antico cognome Mieraz di Pegliano non poteva designare in origine una persona che aveva spesso tra le mani qualche misurino o contenitore per misurare, ad esempio la farina o il grano? La domanda non è oziosa se pensiamo che le prestazioni dei mugnai, fino a qualche tempo fa anche qui da noi venivano pagate con le famose "mierce" ("merice") consistenti in determinate quantità di farina. Non escludo che proprio da questa "mierca" (= misurino) sia sorto il cognome Mieraz / Mierac.
ŠOŠNJE (it. Sosgne)
"par Šošnjah, od Šošnju".
Toponimo di origine piuttosto oscura. Tento di darne una spiegazione facendolo derivare, con riserva, dal fitonimo "jelša" (= ontano) attraverso il meccanismo riduttivo tipico della lingua slovena già ampiamente illustrato nella trattazione dei toponimi Ušivca, Ošnjie (comune di S. Leonardo) e Òšjak presso Rodda di Pulfero.
In tal caso Šošnje sarebbe un nome collettivo col tipico suffisso in -je e designerebbe un luogo ricco di alberi di ontano. La difficoltà consiste nello spiegare la presenza della Š iniziale di Šošnje che potrebbe essere una protesi attaccata al nome (ošnje) per agevolarne la pronuncia. La Š iniziale è stata usata probabilmente come protesi anche nel nome Ščargonica (it. Rupa Cergonizza) indicante una grotta che si trova presso l'abitato di Altovizza / Atovca.
Come si può osservare, la spiegazione di questo toponimo è alquanto problematica e su di esso si possono fare, allo stato attuale delle conoscenze, soltanto delle ipotesi più o meno attendibili.
ŠTONDERJI (it. Stonder)
"par Štonderih, od Štonderju".
La località ha preso la denominazione dal nome di famiglia Štonderji a sua volta derivato da un soprannome.
KRÀS (it. Cras)
"na Kras', iz Kras"; gli abitanti: Kràsanj'.
Piccolo paesino a due passi da Biacis il cui nucleo originario è situato su uno sperone roccioso che si innalza sul fiume Natisone che forma in quel luogo un pittoresco "berin".
E stata proprio questa caratteristica del terreno (lo sperone roccioso) a dare il nome anche all'abitato (in lingua slovena "kras" significa: Carso, terreno roccioso e accidentato). Nell'ambito geografico della Comunità montana delle Valli del Natisone ci sono tre paesini denominati Kras/Cras: oltre a Cras di Pulfero, c'è Cras di Drenchia e Cras in comune di Prepotto.
Per la documentazione microtoponimica riguardante "kras, krasca" cfr. ciò che ho scritto a proposito di Kras in comune di Drenchia.
BIJAČA (it. Biacis)
"v Bijàčah, iz Bijàč", gli abitanti: Bijačanj'.
Premettiamo subito che Bijača, nonostante le apparenze, è un toponimo plurale con la desinenza arcaica in -a invece che in -e, come Brišča, Šcigla, Prapotišča. Scrivendo in lingua letteraria slovena bisognerebbe usare, di norma, le forme Bijače, Brišče, Šcigle, Prapotišče.
a. 1602 (Missio) "uisitata fu la ueneranda chiesa di s. Giacomo anesa alla parochiale di s. Pietro de Schiauoni in loco detto Landri, et per quanto si può ueder è statta capella di quel loco".
Stranamente non si fa menzione del paese sottostante ma solo della chiesetta votiva di s. Giacomo costruita accanto alle rovine del castello di Ahrenberg o Arensperch, detto anche castello di Antro di cui esistono numerose attestazioni storiche: a. 1146 Hermannus de Ariperch, a. 1251 castrum Arensperch (di Prampero), a. 1274 Dithmarus de Gnifenvelse expugnavit munitionem Ecclesiae Aquileiensis que vocatur Antrum prope Arensbergh (codice diplomatico istriano), a. 1262 de Arnesperch, a. 1296 de Aresperch, a. 1297 de Arensperch (Monumenta Ecclesiae Aquileiensis).
Scrive Ivan Tninko: "(In questo castello) risiedevano i Signori di Antro, "ministeriales ecclesiae aquileiensis", come li chiama un documento del 1282. Nel 1306 esso fu assediato dal conte di Gorizia e nel I 364 fu demolito per ordine del patriarca, affinchè non diventasse un covo di rapinatori, come tanti altri castelli del tempo. I signori d'Antro possedevano a Biacis, oltre il castello, parecchie case, distrutte dal Conte di Gorizia durante l'assedio predetto. A Biacis si vede ancora la lastra di pietra attorno alla quale si radunava la Banca d'Antro prima che trasportasse la sede a Tarcetta"
(O. Maninelli, Guida delle Prealpi Giulie, Udine 1912, pag. 633-634). La chiesetta di s. Giacomo (primi del cinquecento) deve essere stata costruita utilizzando il materiale proveniente dalla demolizione del castello di cui si vede ancora oggi qualche piccola traccia.
Chi desidera approfondire la storia locale e in modo particolare la funzione e il ruolo della Banca di Antro e Merso può consultare soprattutto "La Storia della Slavia italiana" di autori vari (Quaderni Nediža 3, S. Pietro al Natisone -Trieste, 1978, EST, a cura del Centro Studi Nediža).
Per quel che concerne l'origine del nome Ahrenberg o Arensperch sono state formulate due ipotesi. Giovanni Frau scrive che si tratta di un nome di origine germanica e significa "castello dell'aquila" (I nomi dei castelli friulani in "Studi linguistici fniulani", I, Udine 1969, pagg. 271-272). M. Leicht lo fa derivare invece da Arisberg nel significato di (
Esaurito il discorso sul castello di Ahrensberg passiamo ad esaminare il toponimo Bijča/Biacis di cui possediamo numerose attestazioni scritte ma, disgraziatamente, non molto antiche: a. 1613 Marin Bison di biaz, a. 1613 di Biaza, a. 1624 Drebalo di Biazza, (dal Liber baptizatorum S. Petri Sclaborum). Da notare che in queste forme antiche la lettera italiana z corrisponde alla lettera slovena č (Biaza = Biača).
In mancanza di fonti antiche possiamo esprimere soltanto delle ipotesi sull'origine di questo toponimo confrontandolo con altri toponimi più o meno simili presenti nell'area linguistica slava.
Prendiamo ad es. Bilje (it. Biglia) presso Šempeter (N. Gorica), F. Bezlaj, basandosi su alcune forme antiche di questo toponimo, lo fa derivare da una probabile forma Byd'lja vas o Bydl'jane che presuppone un antroponimo contratto Byd'l, da Bydgolt. La radice ultima di questo nome sarebbe il verbo "byti" (= essere, esistere) che ha originato anche il vocabolo "bydlo", presente tuttora nel lessico ceco e polacco col significato di (
Mate Šimundič scrive che il nome proprio Biljan presente a Rogoznica nel territorio di Sibenik/Sebenico, è in realtà un aggettivo e significa "verace, giusto". Esso deriva dalla base "bilj" originata a sua volta dal verbo "biti" (= essere). L'autore cita inoltre i congomi Biljak, Biljen, Biljanič, Biljatina e i seguenti toponimi presenti nel sud della Jugoslavia: Bilja (Baranja), Biljač (Macedonia), Biljanovac e Biljanica (Kosovo), tutti derivati dalla radice verbale "biti" (= essere). Cfr. M. Šimundič, Nepoznata osobna imena i prezimena sibenskoga kraja od XII stoleječa do novijega vremena (in serbo croato), Četrta jugoslovanska onomastična konferenca, Zbornik referatov, Ljubljana 1981, pagg. 491-496.
Propongo, con riserva, la derivazione di Bijača dalla forma Biljačjane attraverso questi passaggi riduttivi: Biljačjane > Biljače (contrazione di -jane in -e)) Bijače/a (il gruppo lj si trasforma, nel nostro dialetto, regolarmente in j). Suppongo che il significato del toponimo si possa ricercare in qualche nome derivato dalla radice verbale "biti" (= essere).
C.C. Desinan fa derivare il toponimo Bija#a / Biacis da un collettivo di "byli" (cfr. lo sloveno "bil>, "bilka", "bilje" = stelo, piantina, erbe). Questa spiegazione non mi convince per il fatto che l'autore non spiega in che modo sia sorta la desinenza finale -ača di Bijača. Cfr. Problemi di toponomastica friulana, II, Udine, 1977, pag. 182.
Anche il sostantivo serbo croato "bijača" (= battipali) non ha nulla in comune col toponimo Bijača. Esso deriva dal verbo "biti" (= battere) e non dal verbo "biti" (= essere, esistere).
Da notare, infine, che la forma ufficiale italiana Biacis non è altro che un adattamento di quella slovena cui è stata aggiunta la desinenza plurale friulana in -is (cfr. ad CS. i casi analoghi di Brišča> Brischis, Čeplešiča > Cepletischis, Prapotišča > Prapotischis).
POD SPANJÙD (it. Spagnut)
"Pod Španjùdan, s Pod Španjùda", gli abitanti: Španjudci.
a. 1626 Gasparo Dorbolo di Sotto Spagnut (dal "Liber baptizatorum" S. Petri Sclaborum).
La forma italiana del toponimo si identifica con l'omonimo cognome Spagnut, tipico di questa piccola borgata situata sulla sponda destra del Natisone tra Oculis e Biacis. Essa ha preso la denominazione dal monte sovrastante conosciuto anche dagli abitanti di Spignon (Varh) e Vernasso (Dolenj Barnas) con il nome di Španjud (Za Španjudan, V Španjude). Pod Španjud significa dunque: località posta sotto il monte Spanjud.
Il prof. B. Guyon ha tentato di dare una spiegazione del toponimo facendolo derivare da una base mediterranea "pan" (= bosco in monte): "Pan più località, bosco in monte; Š pan - ut-um > Spanut, località sotto il monte". (Fra il Torre e l'Isonzo, Estratto dagli annali dell'Istituto Orientale di Napoli, vol. VI, 1933, pag. 22).
Anche a me risulta che esistano nelle Valli del Natisone diversi microtoponimi del tipo "pàn", "pana" e "panj" ma dubito che abbiano una qualche relazione con l'oronimo Španjud. Eccone alcuni a titolo di curiosità: Pana, Pod pano (Matajur), Na pane (Polava), Za pan (Oculis), Panj (campicello presso Savogna), Panih (Ponteacco), Na panu (campo presso Costa di Vemassino), Tu paneh (Livek / Luico in YU), Du panju (Costne), Za panan (Drenchia).
Pan o Pana potrebbe derivare dal ted. Banne (forst) = bosco protetto (cfr. Panovec, bosco o parco presso Nova Gorica) ma su questa derivazione avanzo delle riserve in quanto i microtoponimi citati si riferiscono di solito a piccoli appezzamenti di terreno.
In Slovenia, nei pressi di Jesenice, esiste l'oronimo Španov vrh. La voce "špan" significa gastaldo, fattore, amministratore. Cfr. inoltre il sostantivo "španovija", conosciuto tuttora anche nelle valli dcl Natisone nel significato di comunità (v španoviji = in comune). Il monte Španjud, situato nei pressi di Antro potrebbe forse avere un qualche riferimento alla antica gastaldia di Antro ma non possiamo escludere altre possibili soluzioni. Concludo affermando che il significato di Španjud resta oscuro e necessita di ulteriori studi ed indagini.
Dopo aver concluso la trattazione dei toponimi presenti sul territorio del comune di Pulfero è bene accennare anche a due toponimi scomparsi di cui finora non è stato possibile determinare la posizione geografica ma che sono annotati in antichi documenti. Si tratta dei toponimi Talmasanizza e Slatina che presumo si trovassero sul territorio dell'attuale comune di Pulfero. In questa puntata occupiamoci del primo la cui esistenza viene confermata da un documento del 1339 compreso tra le Pergamene Boiani, tomo 20, n. 70 di cui si trova copia nel Museo archeologico nazionale di Cividale. Scrive Giovanni M. Del Basso: "Il 20 dicembre 1339 il patriarca Bertrando, volendo premiare il suo milite Corrado Boiano di Cividale per le sue fatiche e la sua fedeltà al Patriarcato investì lui ed i suoi discendenti maschi con il suo anello della Villa Talmasanizza presso Antro con tutti i diritti e le pertinenze" (Cfr. La grotta di S. Giovanni d'Antro - Note d'arte e di storie - di A.A.V.V., Udine 1966, pag. 36).
Si tratta di un toponimo oscuro di cui finora non sono riuscito a trovare alcuna traccia nelle testimonianze orali e nella microtoponomastica locale. Non credo comunque si tratti di un paese scomparso ma più probabilmente di una località che attualmente è conosciuta sotto altro nome. In questo toponimo riscontriamo la finale in -izza che, con tutta probabilità, riflette la desinenza slovena -ica (es. Gabrovica > Gabrovizza) o -če (es. Jeronišče > Jeronizza). La sillaba iniziale Tal potrebbe essere la preposizione articolata friulana "tal" (es. tal pràt = nel prato). Il "cuore" del nome rimane comunque misterioso e oscuro. Per scoprire il significato etimologico del toponimo e per determinare con precisione la sua collocazione geografica sono necessarie ulteriori ricerche che dovranno basarsi su testimonianze storiche più precise.
Il toponimo scomparso Slatina è, alla pari di Talmasanizza, un altro rebus ancora tutto da risolvere.
Il nome Slatina compare soltanto in un verbale della Banca di Antro relativo ad un processo per omicidio che si è svolto, probabilmente a Biacis, il 10 ottobre 1401. Il processo fu celebrato alla presenza di ser Enrico fu Folcherino da Cividale quale gastaldo di Antro, insieme al giudice Leonardo e ai decani Pietro di Slatina, Zampa di Montefosca, Mattia di Miars, Matteo di Lass e Gregorio di Pegliano. Probabilmente Miars deve esser identificato con Mersino e non con Merso superiore o inferiore in comune di S. Leonardo, in quanto il processo si svolge nel territorio in cui era competente la Banca di Antro e i decani, ovviamente, dovevano provenire dallo stesso territorio e non dalla giurisdizione della banca di Merso. Per Lass invece non ci sono dubbi: si tratta della località di Laze / Lasiz presso Pulfero.
Da un documento del 1722 risulta che le "ville" formanti la Banca di Antro erano 22 e a capo di ciascuna c'era un decano. Si tratta delle seguenti "ville": Azzida, Vernasso, San Pietro, Biarzo, Sorzento, Ponteacco, Biacis, Tarcetta, Lasiz, Brischis, Rodda, Spignon, Pegliano, Mersino, Erbezzo, Clenia, Vernassino, Savogna, Brizza, Cepletischis, Luico, Montemaggiore (C. Podrecca, Slavia Italiana, pag. 39).
Stranamente, in questo elenco non compare Montefosca che nel documento del 1401 aveva un proprio decano ma questo particolare non dovrebbe pregiudicare la nostra indagine. Come si puo osservare, nell'elenco citato non compare il toponimo Slatina e pertanto si può presumere che il paese, nel corso dei secoli, abbia assunto un'altra denominazione o che in origine fosse conosciuto con due nomi diversi, uno dei quali (Slatina) è stato poi abbandonato e dimenticato. Sono invece propenso ad escludere l'ipotesi che il paese sia scomparso fisicamente data la sua importanza dal punto di vista amministrativo (era una delle "ville" della Banca di Antro!).
Tentiamo ora di localizzare con approssimazione Slatina sulla base delle 22 "ville" citate. Da questo elenco dobbiamo depennare quasi certamente i paesi situati nella valle di Savogna o situati nella bassa valle del Natisone dato che 4 decani su 5 presenti al processo del 1401 provenivano dai paesi situati sul territorio dell'attuale comune di Pulfero. In questo modo i paesi interessati alla nostra indagine, che ha lo scopo di individuare Slatina, si riducono più o meno a 6: Erbezzo, Rodda, Brischis, Tarcetta, Spignon e Biacis. Dato che Tarcetta, Brischis, Spignon e Rodda sono citati già nel sec. XIII (prima del 1401!), credo che non abbiano dei legami con Slatina. Restano Erbezzo e Biacis di cui non possediamo testimonianze scritte anteriori al sec. XVIII. Slatina potrebbe identificarsi con una di queste due località. Naturalmente si tratta solo di una delle tante ipotesi che possiamo formulare sul toponimo scomparso.
Alla stessa conclusione, comunque, era pervenuto, un secolo fa, anche Simon Rutar, il quale propende ad identificare Slatina con l'abitato di Erbezzo (cfr. Beneška Slovenija, pag. 144, nota in calce alla pagina).
Anche la stessa etimologia di Slatina non ci aiuta granchè ad identificare il toponimo in esame._Il nome deriva infatti da Solt + ina e significa: acqua più o meno salata, acqua acidula o "minerale". Cfr. il toponimo Rogaška slatina in Slovenija e due casali in Val Resia denominati Slatina superiore e inferiore. Il paese di Slatina ha preso, con tutta probabilità, la denominazione da un corso d'acqua o da una sorgente di acqua acidula o "minerale" situata nei pressi. Purtroppo, le sorgenti che nell'antichità sono state denominate Slatina o Kislica (= acqua acidula) hanno perso nel corso dei secoli le caratteristiche che allora possedevano ed attualmente le loro acque sono del tutto normali nè si distinguono da quelle di altre sorgenti. Scrive, infatti, anche Simon Rutar: "Pač imajo nekatere vode ime Kislica, na pnim. pri sirariji oh izviru Tera in ju~žno od Prosnida, ali njih voda ni nič drugačna, kakor v drugih studencih" (o.c. pag. 15).
Secondo l'amico Antonio Blenio di Trieste, il quale ha fatto una indagine basandosi su carte e documenti antichi, esisterebbero acque ferruginose o comunque "medicinali" o simili nelle seguenti località delle Valli del Natisone: Clabuzzano, Duga, Azzida, Castello di Gronumbergo / Karkoš, S. Quirino e Castelmonte, lato Judrio. Si tratta, però, di luoghi che si trovano o al di fuori della giurisdizione della Banca di Antro o troppo lontani dalla Alta Val Natisone, dove, suppongo, si trovasse la villa di Slatina.
Invito i lettori, interessati alla ricerca del toponimo scomparso, a comunicarmi i nomi delle acque o delle sorgenti che abbiano una qualche relazione con Slatina o Kislica o a darmi indicazioni su sorgenti ritenute "medicinali" presenti soprattutto nella Valle del Natisone. Spesse volte, infatti, la soluzione di un problema dipende dalla collaborazione di più persone che sono in grado di fornire utili informazioni.
Božo Zuanella
Preparazione Ruben Specogna