Din don dan, dalla «jutarinca» all’«ura noči»
Sull'argomento campane, è doverosa una premessa.
È noto che tutti gli arredi, i paramenti e gli oggetti usati in ambito religioso vengono benedetti o consacrati.
Così anche le campane, prima di essere issate nella cella campanaria o comunque nella loro sede, secondo un'espressione popolare diffusa nel passato, vengono «battezzate» con tanto di padrini e madrine e l'attribuzione di un nome di un santo o di una santa.
Con il termine «battezzare» si traduceva popolarmente l'aspersione con l'acqua lustrale impartita normalmente dal vescovo.
Nei nostri paesi, i padrini e le madrine erano coloro che maggiormente avevano contribuito in termini finanziari alla realizzazione delle campane e, in segno di riconoscenza, la loro morte veniva annunciata con un numero di suonate superiori a quelle ordinarie.
Le campane scandivano la giornata della nostra gente, annunciavano le feste, si facevano sentire prima della celebrazione delle sante messe e delle altre funzioni religiose; con il loro mesto suono annunciavano la morte di un parrocchiano.
In questa breve rassegna descrivo i momenti in cui si facevano sentire le campane della parrocchia di Cravero in comune di San Leonardo.
Nei giorni feriali, di buon mattino, la sola campana grande suonava la «jutarinca».
Questa, più che un invito alla preghiera, era considerata una specie di sveglia e di inizio delle faccende domestiche e dei lavori in stalla.
Seguiva l'Ave Maria: si suonava prima la campana grande, di seguito la piccola.
In base all'orario giornaliero della messa, un'ora prima della celebrazione, c'era lo “pozuonanje”, che iniziava con la campana piccola, seguiva quella grande; un quarto d'ora prima della messa si suonava con tutte le campane.
Nel corso della celebrazione, per ricordare anche a quanti non erano in chiesa e per solennizzare il momento culminante della messa, la consacrazione e l'elevazione sia dell'ostia che del calice venivano accompagnati dai rintocchi della campana grande preceduti e seguiti da una specie di «avviso» con rintocchi della campana piccola.
A mezzogiorno si suonava la campana grande per invitare i fedeli alla recita dell'Angelus (Je angel Gospuodu oznanu Mariji), mentre nelle giornate di venerdì, precedute dalla grande, venivano utilizzate tutte le campane (naturalmente dal Gloria del giovedì santo a quello del sabato santo le campane rimanevano mute).
Quando il pomeriggio dei giorni festivi c'era la celebrazione dei vesperi, «žegan» o «vičerince», la benedizione con l'ostensorio era accompagnata da alcuni rintocchi della campana grande.
All'imbrunire veniva suonata l'Ave Maria con le solite modalità, mentre nei giorni prefestivi si facevano sentire tutte le campane.
Per concludere la giornata, in genere dopo cena, veniva suonata, con la sola campana grande, l'«ura noči» che più o meno coincideva con la recita del santo rosario, pratica assai diffusa in tutte le famiglie.
L'annuncio del decesso di una persona veniva dato nella stessa giornata con l'Ave Maria: si suonava la campana grande se si trattava di un uomo, la piccola se era una donna.
Si continuava a suonare poi con tutte le campane ma «a rovescio / narobe», cioè iniziava a suonare la campana grande e tutti capivano che si trattava di un decesso.
Fino al funerale venivano effettuate due «suonate» al giorno; le campane poi accompagnavano l'ingresso del feretro in chiesa e l'uscita, mentre fino al momento della sepoltura suonava l'Ave Maria.
Un'usanza, che forse aveva poco di religioso, era quella di «klempat»: in caso di grandinate o comunque dell'avvento di qualche elemento avverso della natura, si ricorreva al suono delle campane in modo del tutto inusuale tirando le corde che venivano impugnate in una sola mano affinché il suono risultasse sincrono ma armonicamente «stonato». È difficile dire se questo metodo per scongiurare eventuali danni alle colture fosse efficace o meno, prendiamo atto solo della tradizione o dell'usanza che era in auge.
Se le campane hanno la loro importanza, non meno lo è quella del campanello usato nel corso delle celebrazioni liturgiche ed in altre occasioni.
Prima del Concilio Vaticano II, quando le messe venivano celebrate in latino, si suonava il campanello nel momento in cui il messale veniva spostato, dopo la lettura dell'Epistola, dalla destra alla sinistra del celebrante per la lettura del Vangelo.
Il campanello si usava al Sanctus, all'elevazione, all'Agnus Dei, prima dell'inizio della comunione e nel momento della riposizione nel tabernacolo della pisside con le ostie consacrate.
Il campanello aveva un ruolo importante quando si portava il Viatico ai moribondi, «nest Gaspuoda Boga tin bunin».
Questo avveniva in genere dopo la messa del mattino quando il celebrante, con una busta a tracolla dove in una piccola teca venivano custodite le ostie consacrate, si recava nella casa dell'infermo.
Il sacerdote veniva accompagnato da un chierichetto che reggeva una lanterna accesa in una mano e nell'altra il campanello, che veniva fatto suonare lungo tutto il percorso.
Sentendo questo suono, la gente, che era già al lavoro nei campi o vi si avviava, si inginocchiava in qualsiasi posto si trovasse, lasciando momentaneamente il lavoro e facendosi il segno della croce.
Ai tempi in cui la tecnologia era assente, le campane facevano arrivare i messaggi alle orecchie ed alle menti delle persone anche negli angoli più remoti delle nostre valli.
Autore: Bepo Qualizza
Dom n. 6 - 2011