Il pane dei morti
Una ricerca di p. Metod Turnšek alias Mario Ettore
Un'antica usanza ancora viva negli anni Cinquanta.
Riteniamo di fare cosa gradita ai nostri lettori pubblicando uno stralcio della ricerca fatta nelle valli del Natisone, riferita alla tradizione della questua del pane in occasione della festa dei morti, scritta da Mario Ettore Specogna.
Sotto questo pseudonimo si cela il padre Metod Tumšek, monaco cistercense che negli anni 50 fu ospite più volte di don A. Cuffolo, parroco di Lasiz. Tumšek (Ptuj 1909 - Celovec / Klagenfurt 1976) era un noto ed affermato etnografo, oltre che scrittore ed autore di opere drammatiche di carattere storico-evocativo.
In seguito alle sue soste a Lasiz raccolse e pubblicò numerosi contributi sulle usanze popolari degli sloveni delle valli del Natisone. La presente ricerca, tratta della rivista della societa filologica friulana Ce fastu? venne pubblicata nel 1959.
Le antiche usanze per la festa dei morti sono decadute quasi dappertutto tra i popoli civili, ben-chè ne sussistano ancora alcune tracce. Bisogna però notare che gli usi sono diversi da regione a regione, perché differenti sono le condizioni ambientali, climatiche ed economiche dei vari popoli.
Resta viva la consuetudine di offrire a parenti ed estranei, quello che è alla base della alimentazione di un dato luogo. Così in Sicilia regalano fave, altrove, in Italia, dalla Calabria al Piemonte, al Veneto e al Friuli, castagne o altra frutta (mele, pere, noci, nocciuole); presso quasi tutti i popoli Slavi, almeno fino ad epoca non molto lontana, davano pane o denaro.
Sta alla base di questa cosuetudine propiziatoria un principio di doverosa gratitudine nei confronti degli antenati che hanno costruito le abitazioni, dissodato la terra e preparato i pascoli: occorre quindi pregare per le loro anime e intercedere i loro favori per un'annata favorevole.
Tra gli abitanti delle valli del Natisone, benchè qua e là il pane dei defunti venga distribuito in occasione della sagra del paese (Canebola), dopo i funerali (Prossenicco) e per Natale, più diffusa è l'usanza di darlo il 10 novembre.
E'evidente l'influsso dell'economia locale per questo uso. Una volta, circa cinquant'anni fa e anche meno, si distribuivano pannocchie di granoturco (Montefosca, Erbezzo, Pechinie, Vernassino); però la maggioranza faceva dei piccoli pani colla farina di granoturco o di orzo, cotti sotto la brace e la cenere, di dieci o dodici centimentri di diametro (nei paesi già citati, Mersino, Rodda, Lasiz, Savogna, Masseris, Clenia).
Solo più tardi si diffuse il pane di frumento, venuto a questi abitanti dal Friuli: si trattava più comunemente, di piccoli panetti rotondi, cotti in casa, dapprima, in seguito dai fornai, ed invalse l'uso, ancora vivo, delle "pagnotte" di tipo friulano costituite da quattro o otto pezzi "krostini".
Attualmente la consuetudine di distribuire il pane si mantiene ancora nei paesi posti più in alto, lontani dai centri di commercio e dalle arterie di traffico, ma tende a cadere in disuso quasi dappertutto.
A S. Pietro al Natisone, ad Azzida, Vernasso di Sotto, Savogna, è scomparso già durante o subito dopo la prima guerra mondiale; altrove (Vernassino, Cedron, Clenia, Rodda, Tarcetta, Sorzento), dopo l'ultima guerra mondiale.
Come si vede il lento sparire di quest'usanza è causato soprattutto da periodi prolungati di carestia o da impossibilità d'aver il vitto normale in abbondanza come d'abitudine.
I nomi dati al pane dei defunti sono quasi dappertutto uguali:
hliebcic, hliebac, pagnoca, panin, mentre la data della raccolta varia da un paese all'altro: in alcuni luoghi il 30 ottobre (Calla, Masarolis, Mersino, Stermizza, Matajur, Pulfero, Rodda, Ponteacco, Vernassino), in altri invece il 31 ottobre (Montefosca, Tercimonte, Masseris, Brizza).
Quand'è il giorno della raccolta - questua del pane - i bambini, donne, mendicanti, da soli o in gruppi di sei o sette persone, vanno con borse, sacchetti, canestri, di casa in casa, di paese in paese. Quando arrivano davanti alla porte della casa chiedono:
"Avete i panini?" oppure "Dateci i panini".
Ricevuto il pane ringraziano:
"Iddio vi rimeriti e la Vergine Maria. Il Signore abbia misericordia delle anime per le quali è stato dato" e vanno dinanzi ad altre porte.
Ogni famiglia deve mandare qualcuno a raccogliere il pane; abitualmente questo lavoro spetta alle donne, madri o figlie maggiori. Ai paesani si danno tanti pezzi di pane (krostin), quanti sono i membri della famiglie del chiedente, affirichè tutti preghino per le anime dei defunti della famiglia donatrice.
Ai parenti vengono offerti abitualmente più pezzi di pane, alle volte una pagnotta intera. I paesani devono andare a prendere iI pane in ogni famiglia; quella da cui si astengono si ritiene offesa e ricambia l'ingiuria l'anno seguente.
L'offesa non è cancellata finchè non vengano a prendere il pane coloro che per primi si sono astenuti dal farlo. E' ferma la convizione che non si arrechi ingiuria ai vivi, ma ai morti; per cui due famiglie possono essere in pessime relazioni tra di loro, ma gli spiriti dei morti devono essere rispettati.
Raccontano a Lasiz che per la ricorrenza dei morti, le anime dei defunti tornano dal Purgatorio nella casa ove sono vissute. Nascoste in qualche angolo, ascoltano i vivi che pregano per loro. In alcune località le donne vanno per il paese la sera del novembre e cantano, altrove invece recitano una canzone che qui riporto e traduco letteralmente:
Nobedan ne verje
nobedan ne vie,
kuo verne dušice,
tan u vicah tarpe.
kličejo, upijejo
san na te sviet,
deb'mogli pomati
ti živi uon z vic.
Kakuo čejo pomati
ti živi uon z vic,
ki nuoč an dan
za njim' kunejo?
Boš videu ti grešnik,
kakuo bo huduo:
pustiti boš muoru
posvietne blaguo
Se boš tresu ku šiba
an še buj ku te prot',
ki s'stuoru na sviete
premalo dohruot.
Na dnin kraju boš videu
anjuce lepe,
na druzin boš videu
hudiče strašne
Marija Devica
pred tronan kleči,
moli in prosi
za griešne judi!
Nessuno crede
nessuno sa,
come le anime credenti,
soffrono nel purgatorio.
Chiamano, gridano
al nostro mondo,
perché possano aiutarli
i vivi fuori dal purgatorio.
Come possono aiutare
dal purgatorio i vivi,
che giorno e notte
li bestemmiano
Vedrai, o peccatore
come sarà terribile:
dovrai lasciare
le cose del mondo.
Tremerai come fuscello
ancor più del giunco;
che hai fatto a 'sto mondo
troppo poche buone azioni.
Da una parte vedrai
gli angeli belli,
dall'altra parte vedrai
i diavoli terribili
La Vergine Maria
è inginocchiata dinnanzi al trono,
prega e scongiura
per gli uomini peccatori.
Dopo la cene del primo novembre si recita l'intero rosario per le anime dei defunti propri e di coloro che hanno dato il pane, anche nelle famiglie che non hanno l'abitudine di recitarlo ogni sera: fa parte dell'antica usanza e nessuno osa ometterlo.
Queste le consuetudini per la commemorazione dei defunti sono ancora vive in alcuni paese delle Valli del Natisone; esse tendono però a scomparire sia naturalmente, sia perchè alcuni parroci vogliono che i soldi destinati per questo pane, vengano offerti alle chiese per la celebrazione delle Messe per i defunti, come è capitato anni fa ad Erbezzo.
Noi personalmente vorremmo che fosse mantenuto quest'uso, suggestivo e assai interessante dal punto di vista etnografico.
BIBLIOGRAFIA
Narolopisje Slovencev, 1 -11, Ljubljana - R. Biasutti, Razze e popoli della terra, I,IIt, Torino - E. Gasparini, Il matriarcato slavo, Venezia - B. Skerj, Razvoj Človeka (antropogeneza), Ljubljana - B. Skerlj, Skripta iz predavanj na Ljubljanski univerzi - M. Tumšek, Pod vernim Krovom, Gorizia - Trinkov koledar, 1953-57.
Informatori del luogo:
Maria Cencig, Montefosca - Luigi Specogna, Calla - Jone Cebobeli, Borjana -Ruggero Pussini, S. Pietro al Natisone - Don Pasquale Guion, Matajur - Genio Goles, Pechinie - Stcfano Di Marino, Tercimonte - Giuseppe Petricig, Tercimonte - Livio Carlig, Brizza - Giovanni Carlig, Brizza.
p. Metod Turnšek -
DOM - Leto XXVII. št. 13 - 15. julij 1992
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