Seuka mela da salvare
Ha segnato la storia della nostra agricoltura
Sul bollettino dell’Associazione agraria friulana del 1909 veniva pubblicato un interessante servizio sulla frutticoltura del mandamento di Cividale e sul vivaio di fruttiferi di San Pietro al Natisone, con particolare riferimento alla mela Seuka (Zeuka). Ecco come il bollettino presenta questo frutto diffuso nelle valli del Natisone.
«La mela Seuka è frutto caratteristico e originario della Slavia italiana.
Vennero inviati alcuni esemplari al prof. Valvassori, direttore dell’Istituto di Pomologia di Firenze, perché stabilisse il nome della varietà chiamata Sèuka e il valentissimo professore, pur riconoscendo i meriti emminenti della mela in parola, asserì che la Seuka doveva essersi creata fortuitamente nella Slavia, non esistendo alcuna varietà che con questa avesse caratteri analoghi.
La patria della Seuka è il paese di «Zeuza» frazione del Comune di Grimacco.
La pianta madre della mela Seuka, che può avere circa 80 anni di età, è ancora in vegetazione ed è di proprietà di certo Vogric Valentino.
Attualmente si è diffusa in tutti i paesi della Slavia e si può, con qualche approssimazione, ritenere che la produzione annuale delle mele Seuke, nel distretto di San Pietro al Natisone, si aggiri sui 20.000
q.li.
I mercati di frutta di Cividale e di Udine, dal novembre all’ aprile vengono, si può dire, alimentati per quattro quinti dalla mela Seuka, la quale, senza avere la pretesa di essere varietà di primissimo ordine per meriti di gustosità, e di competere colla «Calvilla bianca d’Inverno».
Pure è di sapore e di portata assai gradevoli e in prima fila si deve collocarla per la bellezza e per la facile e lunga conservazione.
E’ di forma allungata, un po’ depressa all’estremità di grandezza media, e in molti soggetti, più sviluppata da una parte.
Il peduncolo robusto e assai breve è inserito in seno profondo.
La buccia è liscia molto consistente, di colore giallo carico a maturazione, colorita di rosso verso il sole.
La polpa è bianca, e talvolta sfumata di rosa sotto la buccia, semifondente, dolce acidula e con tenue aroma assai gradevole.
Il frutto non va mai toccato dalla ticchiolatura o da altra malattia crittogamica e difficilmente il verme procura danni sensibili.
Pregio non trascurabile è quello di essere molto saldamente attaccata al peduncolo e al ramo, cosicché molto limitato è il danno derivato dai venti e dalle burrasche.
L’epoca di maturazione va dalla fine di ottobre ai primi di aprile.
La consistenza e l’untuosità della buccia non permettono alcuna evaporazione dei succhi contenuti nelle mele ed è questa la ragione per la quale il frutto si conserva sempre bello e turgido fino al sopraggiungere del caldo della primavera.
Le ammaccature che si formano sotto la buccia non fanno marcire il frutto, ma si limitano all’essiccazione delle cellule della polpa schiacciate dalla contusione.
E’ questo pure uno dei pregi che fanno della Seuka un frutto di grande merito per l’esportazione.
Va anche notato che le piante di Seuka fanno ottima riuscita sui terreni tenuti a prato.
Le mele nutrite sul prato sono più saporite e di più
lunga conservazione di quelle prodotte sui terreni lavorati e coltivati.
La rusticità e la resistenza assoluta alle principali malattie parassitarie, l’adattabilità a tutti i terreni e la produzione generosa e costante, hanno troppo bene impressionato gli alpigiani della Slavia così che ora la Seuka si trova ben rappresentata in ogni paese e le simpatie vanno ancora e sempre guadagnando terreno».
A distanza di 85 anni dalla pubblicazione di questo servizio si possono fare alcune considerazioni di carattere tecnico molto interessanti.
E’ evidentec he la mela Seuka e la frutta in genere hanno trovato nelle valli del Natisone un ambiente ideale al loro sviluppo, favorito soprattutto dalle particolari condizioni pedo-climatiche del territorio.
I ventimila quintali di mele di un tempo contribuivano sicuramente ad un’integrazione dei redditi delle aziende agricole che sono sempre state a prevalente indirizzo zootecnico; al valore attuale si potrebbe quantificare una produzione lorda vendibile di oltre un miliardo e mezzo di lire.
Un altra caratteristica è l’areale, ben definito, dove si è sviluppata la coltivazione della mela Seuka che comprende tutte le valli del Natisone, le zone slovene delle valli del Torre (Lusevera, Taipana) e l’area della valle dell’Isonzo compresa tra Bovec, Tolmin, Idrija e Gorizia.
Stupisce, comunque, il fatto che a quei tempi la Seuka resisteva praticamente a tutte le malattie, in particolare ticchiolatura che provoca macchie e deforma i frutti.
Attualmente, invece, viene colpita dalla ticchiolatura, dall’oidio e anche dal verme.
Questo, probabilmente, è dovuto al differente utilizzo del suolo con aumento del bosco a discapito dei prati
che sicuramente ha contribuito con altri fattori a modificare il clima tanto da rompere i delicati equilibrii di carattere ambientale ed ecologico che permettevano alle piante di avere sufficienti possibilità di difesa biologica.
Infatti le sperimentazioni sulla Seuka attualmente in atto in Benečija da sette anni confermano queste tesi.
Le piante non sono più resistenti alle malattie, così dicasi anche per quelle innestate su portainnesti moderni e pertanto necessitano delle cure colturali standard.
Il terreno influenza in maniera determinante la qualità della frutta.
Le mele prodotte su terreni coltivati scarseggiano di colore, sono poco serbevoli anche se sono di dimensioni superiori alla media.
Il terreno ideale è quindi il classico prato sfalciato, in declivo per favorire lo sgrondo delle acque e le piante devono essere innestate preferibilmente su «franco» o selvatico.
Queste considerazioni evidenziano che un eventuale recupero e sviluppo della coltura dovrebbe essere finalizzato principalemente a salvare la varietà dal possibile totale degrado, diffondendo nuove piante solo in zone adatte dove le caratteristiche ambientali permettono l’esaltazione degli aspetti migliori della Seuka e di conseguenza favorire un limitato mercato composto da amatori ed appassionati.
E’ un patrimonio importante, da salvare e va rispettato perché ha segnato la storia della nostra agricoltura.
Michele Coren
DOM