Naša zemjà
Muoremo pisat,
ne samuo guarit besiede naše zemjè.
Dobbiamo scrivere,
non solo parlare le parole della nostra terra.
Solamente parlarle,
è da troppo tempo troppo poco!
Besiede naše zemjè - Le parole della nostra terra
Da tempo stiamo predicando che, se vogliamo salvare la nostra parlata (=naš izik), non ci dobbiamo accontentare di parlarla semplicemente.
Che serva anche scriverla, avrebbe dovuto accorgersi chi di dovere già molti, molti anni fa.
Ma dato che non ci si è accorti, non è motivo sufficiente perchè non dobbiamo accorgercene anche noi.
Senza offendere nessuno ma per una semplice constatazione, me la son presa più volte con i nostri uomini di cultura del passato, che non hanno compreso la bellezza della nostra parlata (=naš izik) o non hanno avuto l'avvedutezza di accorgersene o forse non hanno voluto accorgersene per loro motivi.
Emblematico l'esempio della pubblicazione "NAŠE MOLITVE - Molitvenik za beneške slovence" di Msgr. Ivan Trinko, pubblicazione dichiaratamente scritta per gli sloveni beneciani, che, contrariamente ad ogni logica se si esclude quella politica, usa una infinità di besiede che non sono naše zemjè!!!
Sono state manomesse perfino le nostre preghiere quotidiane!
Un appello alla nostra gente
Per questo, non avendo più fiducia nei "nostri uomini di cultura", mi rivolgo alla gente, alla nostra gente, perchè non si accontenti di parlare ma scriva quanto più abbondantemente possibile le besiede naše zemjé.
Le occasioni sono tante; in pratica, qualsiasi scambio di pensiero!
Cos'è di più bello che scrivere una e-mail z našin izikan a un parente lontano col quale magari abbiamo parlato sempre solo z našin izikan?
E non è bello cimentarsi con la lingua materna, per esternare i propri sentimenti?
Abbiamo imparato a scrivere:
se sappiamo parlare, perchè non ci abituiamo anche a scrivere!
Certo, lo so, è molto facile dirlo, ben più difficile farlo.
Non per cattiva volontà, ma perchè mancano gli strumenti, mancano le competenze.
Lasciando perdere la scuola, quando mai è stato fatto un corso našega izika (=come si traduce "našega izika", senza turbare la suscettibilità di qualcuno?)?
E senza aver imparato, non è facile scrivere nemmeno le parole che usiamo tutti i giorni, a meno che cominciamo a scriverle così come possiamo, pur correndo il rischio di non essere compresi.
Per questo sulla grammatica mi sono permesso di invitare la gente a scrivere senza badare troppo ai formalismi, alle regole di scrittura. Queste si imparano gradualmente solo scrivendo molto, fino al punto che si scrive senza pensare alle regole di scrittura, come si parla senza pensare alle regole grammaticali.
Perchè le regole grammaticali esistono veramente!
Qualcuno (non so se ridere o piangere) ha affermato che naš izik (=ho una gran voglia di tradurre "la nostra lingua") non ha regole grammaticali; neppur pensare poi a quelle sintattiche.
Ignoranza?
Spero!
Tornando alla scrittura, oggi ripeto l'invito alla nostra gente a scrivere senza badare alle regole di scrittura, cercando di apprendere, tuttavia, con gradualità anche lenta prime fra tutte quelle regole di scrittura, che rendono il testo più comprensibile a chi legge.
Inizialmente le poche lettere (s, z, c) diverse dall'italiano.
Anzi inizialmente la sola lettera "c".
Questo per il semplice motivo che è la lettera (e il suono) che si diversifica maggiormente dall'italiano.
Passando un momento all'italiano, potremmo notare che anche l'italiano non va troppo per il sottile quando si tratta della lettera "s" o della lettera "z". Basta pronunciare le due parole:
segno (s sorda),
fuso (s sonora).
Le "s" di queste due parole, infatti, hanno ciascuna due suoni diversi anche se vengono rappresentati da una sola lettera, la "s".
In compenso ci sono delle regole che stabiliscono quando la "s" è sorda o quando è sonora.
Regole però che quasi nessuno conosce.
Senza entrare troppo nei dettagli, basti pensare alle parole che terminano in "ESE" e "OSO", nelle quali per regola la "s" dovrebbe essere sorda ma quasi tutti (e noi stessi) pronunciano sonora.
Basta pronunciare: milanese, cinese, vanitoso, generoso...
Questo per dire che se la scrittura italiana è così pressapochista, perchè anche noi non possiamo, almeno all'inizio, scrivere così come ci sembra giusto, così come il nostro orecchio sente o secondo le regole di scrittura che conosciamo.
La lettera C
Torniamo a noi e precisamente alla lettera "c".
La lettera "c" è davvero diversa nel suono dalla "c" italiana, tanto che non la possiamo assolutamente pronunciare come in italiano.
Se leggessimo "raca" all'italiana, nessuno, che conosce naš izik, potrebbe mai pensare all'anatra.
Eppure giustamente anatra si scrive proprio così!
Senza indagare troppo nelle motivazioni di una simile scrittura, si potrebbe solo osservare che naš izik, come lo sloveno dotto, diversificano molto i due fonemi (nel suono e di conseguenza nella scrittura) "s" sorda ed "š" sonora, e ancora maggiormente la "z" sorda e "ž" sonora, anzi aggiungono per la "z" un terzo suono, come si capisce facilmente pronunciando le parole
zima = inverno,
ženà = donna,
cajt = tempo.
Certo si potrebbe scrivere questi tre fonemi (lettere-suoni) in altri modi, ma non ne varrebbe la pena, quando lo sloveno letterario li ha codificato da tempo, collaudandoli adeguatamente prima di farli entrare nell'uso comune.
Riepilogando:
impariamo per prima cosa che "c" = "z" italiana sorda
(aspra, come in "grazia")
Per esempio raca = anatra.
La grammatica e il dizionario
Per passare a un altro argomento:
ho accennato sopra alla Grammatica.
Come, una Gramatika našega izika?
Certamente pochi ne sono a conoscenza.
A tanti di quei pochi è rimasta indigesta!
Se da una parte mi allieta il fatto che diverse persone, di continuo, mi manifestano la loro approvazione per quella grammatica, dall'altra mi domando perchè in certi ambienti essa dà così tanto fastidio.
Non riesco proprio a capirlo.
Posso solo sperare che il fatto sia dovuto unicamente alla mia incompetenza, al tecnicamente cattivo lavoro, perchè altrimenti non riuscirei a spiegare una simile gratuita protervia.
Ed esiste anche un vocabolario našega izika, che, come la grammatica, tanti hanno già stampato copiandolo da questo sito, dove si può reperire in formato PDF, adatto cioè per la stampa. Tra qualche settimana questo vocabolario verrà aggiornato nella parte italiana fino alla lettera C compresa.
E' a disposizione come la grammatica.
Voglio ribadire un concetto che reputo importante:
nè la grammatica, nè il vocabolario vogliono imporre qualcosa, nulla, assolutamente nulla.
Nelle mie intenzioni sono solo uno strumento che uno può usare o tenerlo là nel caso gli servisse o buttarlo.
Sono sempre stato convinto e lo sono più che mai che ogni vera lingua deve concretizzarsi e svilupparsi nel suo uso quotidiano, in tutte le relazioni interpersonali, nel lavoro, nella preghiera, addirittura nel proprio intimo.
D'altra parte proprio per questo non è onesto usare nessuna lingua come strumento di colonizzazione sia pure solo culturale.
Questo è avvenuto spesso nel passato: tutte le colonizzazioni, da quella greco-romana a quelle spagnole, francesi, inglesi si sono avvalse della colonizzazione culturale e soprattutto linguistica per sostenere la colonizzazione politica.
La storia ci insegna che la colonizzazione politica può crollare da un giorno all'altro, quella culturale lascia il segno per millenni.
Anzi è una via senza ritorno!!!
Dovremmo riflettere, se veramente amiamo la nostra cultura!
Una sfida per salvare la nostra lingua
Ricordo di aver letto su un settimanale il titolo di un articolo:
Una sfida per salvare la nostra lingua:
una sfida per vedere chi ha fatto di più per la tutela našega izika.
A prescindere dal fatto che (almeno a me e, naturalmente, prescindendo dal fattore politico) non sembra serio fare oggetto di una sfida la sopravvivenza našega izika, io accetterei volentieri la sfida, ma ad armi pari.
Nè io, nè tanti altri che ci interessiamo della nostra parlata (=naš izik) facciamo i mercenari. Almeno io personalmente sono sempre stato un semplice appassionato della nostra storia, delle nostre tradizioni, del nostro izìk, della nostra cultura. Nessuno potrebbe dirmi che sono un mercenario e con a disposizione mezzi e soldi per raggiungere questo o quello scopo. Opero con i pochi mezzi che ho.
Per questo, se proprio di sfida vogliamo parlare, mi piacerebbe lanciare una sfida diversa:
vediamo come e quanti dei soldi messi a disposizione dalla legge di tutela vengono spesi per tutelare la nostra cultura.
E quando dico nostra intendo dire "proprio e solo nostra".
Nino Specogna
De bi ti teu... lohni nie takuo pozno
Ki dielaš Ti ki dielaš
za de tuoj jezik na umarje za nimar?
Na pru nič čuješ tu tebe
kar pinsaš, e pinsaš, de bo preca
za nimar tuoj jezik pozabien?
Zapuščen?
Zbrisan dos soje, pru s soje, zemje?
Na tisti zemj tuk ti šelè hodiš,
šelè živiš, ti ga podkopaš!
Al pinsaš maj kuo joče
an kuo šelè buI bo jokala
tala toja zemja
kar nje jezik, nje piesam
jo na bo vič zibala?
Ti pogled tiste nje zelene senožeta
gnijve, hosti; vzdigni u luht tatojele oči,
tist luht ki tojo zemjo varje,
tist luht ki je gor nad tabo,
ki varje kupe tebe an tojo zemjo.
Kuo moreš ti zažmagat nje jezik
jo ovast takole, če na guoriš
tistega jezika, ki ona,
na pune roke ti ponuja?
Ti nies uriedan nje poti tapat!
Ti nies uriedan nje sadia targat!
Ti nies uriedan kompierja an graha sadit!
Ti nies uriedan trave sieč
suzic, piskulin, tujčic... brat!
če nje jezika guorit se braniš!
Ti si nje sin... toja, slovienska besieda vaja!
Ti si nje sin... toje življenje, tle, vaja!
Nje sin... moreš bit če češ!
Nje sin... muoraš bit, ti češ!
Nje sin... muoraš bit če češ!
Nje sin... znaš bit če ti, tuole češ:
Ne maternega jezika pozabit!
Na vieš.. Ti na moreš viedet
de lieušega nie ku bit doma, imiet
solo hišo, solo družino, soje pariatelje
suoi vartac, an bop centina tu soji zemi!
Majdan te preganja!
Majdan te zašmaga! Si dama!
Var’ kar tel duom ti je pustiu.
Var’ kar tala zemja ti je šenkala
ti je zapustila!...
Uraže... navade... pravce
otrocčje norčije... sejme, piesmi...
Posluš... vse tuole začne
hitro nazaj, skuoze tuoi jezik.
če tuole ti bi teu, rata!
Beneški sin... toje življenje, vaja!
Beneški sin... toje življenje, tle, vaja!
Nje sin.. moreš bit če češ!
Nje sin... muoraš bit, ti češ!
Nje sin.. muoraš bit, če češ!
Nje sin znaš bit, če ti, tuole, češ!
Ne maternega jezika pozabit!
Michelina Blasutig
(tratto da STUDENCI - Anno B, n. 1, luglio 1995)