Le originalità del nediško - 5° Capitolo
E' bello conoscere e capire le specificità della lingua che si ama.
Questo vuol essere un piccolo apporto, un piccolissimo segno di amore e di devozione verso la lingua che i miei cari, che non ci son più, mi hanno trasmesso.
In questo file
La contrazione del verbo ausiliare "bìt=essere"
I verbi dall'italiano in -at non in -irat.
Considerazioni
Non è facile muoversi tra gli intricati meandri di una lingua viva, esuberante, briosa ma anche polimorfa, mutevole, capricciosa.
Eppure un benecjano la riconosce immediatamente, come si accorge immediatamente se la sua lingua non è stata rispettata.
Questo del riconoscimento penso sia il fondamento, la base, il sostegno per una chiara, spontanea, certa identificazione in una precisa cultura e in particolare nella sua lingua.
Ci si identifica nella propria lingua.
E' l'identificazione più logica e quindi più facile.
Il titolo di un articolo del recente "Novi Matajur" predica:
- Difendere la propria identità e lingua è essenziale per la crescita di una comunità. -
Chi oserebbe non essere pienamente d'accordo con questa affermazione?
La nostra identità... la nostra lingua!
La storia farà giustizia delle verità ma anche degli errori e delle falsità.
Errori e falsità culturali!
Errori e falsità politici (soprattutto)!
E' facile incolpare la gente, le nuove generazioni!
E' facile trovare gli alibi nel proibizionismo, nella televisione, nei tempi cambiati!
E' facile sputare sentenze sul tramonto definitivo di ciò che non si è saputo o non si è voluto conservare, con la pretesa di sostituirlo col "nuovo", col moderno, col progresso.
C'è identità e identità!
Quella imposta non sarà mai Identità!
Si parla di Europa come se non si possa essere emarginati anche in Europa.
Si incolpa chi la pensa diversamente di volersi chiudere in un ghetto e non ci si accorge che andando contro la gente nel ghetto si è già!
La gente ha veramente il diritto di identificarsi nella propria lingua.
Lo afferma perfino il "Novi Matajur"!
Come mai succede che, se ti rivolgi nella nostra lingua a un ragazzo della scuola bilingue, lui ti risponde in italiano?
Mentre, se ti rivolgi a un ragazzo di Rodda o di Mersino o di Matajur nella nostra lingua, lui ti risponde nella nostra lingua?
L'identità non la si impone.
Identità significa prima di tutto riconoscersi!
Perchè la stragrande maggioranza della nostra gente non si riconosce più per quello che è?
Io, personalmente, mi riconosco nella nostra storia, nella nostra lingua.
Questa per me è l'unica identità logica
ed è da qui che bisogna partire!!!
Solo dopo la Benečija c'è la Slovenia o il Friuli o l'Italia o l'Europa! Senza bisogno di dimenticare o tralasciare o misconoscere nè la Slovenia, nè il Friuli, nè l'Italia, nè l'Europa.
Imponendo con la violenza si ottengono solo rifiuti.
Parlo di vera violenza anche se sottile e larvata:
la violenza dei mezzi a disposizione contro chi ne è totalmente privo.
E così la gente finisce col rifiutare anche il più logico dei riconoscimenti, la più logica delle identità:
"Mi smo slovènj"
Proviamo chiederci:
- Perchè non abbiamo mai avuto un giornale nostro, totalmente nostro, un giornale che i benečjani potessero leggere dalla prima all'ultima parola, un giornale nel quale riconoscersi, identificarsi?
- Chiediamoci anche: se i nostri giornali, le nostre riviste avessero sempre scritto nella nostra lingua e così i nostri poeti, i nostri uomini di cultura ... saremmo allo stesso punto attuale?
I nostri vecchi uomini di cultura, quando hanno iniziato a scrivere, se anzichè preoccuparsi di scrivere nello sloveno standar o nell'"alto dialetto benecjano" si fossero preoccupati del vero benecjano, saremmo oggi allo stesso punto?
Purtroppo non potremo mai avere una risposta.
Possiamo, invece, benissimo conoscere gli effetti del comportamento contrario!
Stando così le cose, se responsabilità o colpe ci sono o ci sono state, dovranno pur cadere sulle spalle di qualcuno!
Colpe anche dello Stato italiano, che non ha capito e continua a non capire la bellezza e la ricchezza delle culture "diverse" e quindi non ha fornito e non fornisce gli aiuti necessari nemmeno perchè potessimo o possiamo stamparci un giornale nostro.
Ma la colpa è anche nostra, di ciascuno di noi, naturalmente nella misura del potere decisionale che abbiamo o che abbiamo avuto o delle scelte che abbiamo fatto o che facciamo.
E qui la storia dirà la sua.
Prima o poi dovrà farlo!
La Jugoslavia prima e la Slovenia poi (od ora) non hanno nessuna colpa. Hanno dato o danno gli aiuti e giustamente hanno preteso o pretendono ciò che per loro era od è giusto pretendere. Niente da dire!
Ma allo stato attuale delle cose come possiamo continuare a richiedere che la gente delle Valli si identifichi, ad esempio nei nostri giornali, il cui contenuto almeno per la metà continua a essere incomprensibile, indecifrabile, illegibile,
quando nelle case continuano a giungere inviti bilingui, scritti in italiano e in una lingua che solo gli "addetti ai lavori" capiscono,
quando le Valli sono tappezzate da manifesti bilingui, scritti in italiano e in una lingua che la gente considera e avverte come straniera (o scritti in un vernacolo stile pot pourri come in un recente annuncio sul "Novi Matajur" nel quale convivono tranquillamente "Špeter", "cierku", pesmi?
La gente comprende molto bene la differenza fra la libertà o l'opportunità di studiare una lingua e i tentativi di imporne una a livello culturale.
Imamo naš izìk an ga na nùcamo!
Smo zarìes čeudàn!
Mètamo proč kar ìmamo narlìeušega!
Solo politicanti sprovveduti possono sperare che forse la gente è tanto stupida da non capire o che prima o poi capitolerà!
Non si può dimenticare:
dal punto di vista culturale la lingua è fondamentale e la popolazione ha diritto di mantenere quella propria,
come è fondamentale la nostra storia dal punto di vista politico,
se vogliamo che gli uomini delle Valli si considerino quello che in realtà sono:
"slovènj"
sloveni delle Valli del Natisone!
La contrazione del verbo "bìt=essere"
Abbiamo visto come alle lingue popolari, in particolare alla nostra lingua, piacciono le contrazioni dei termini.
E' caratteristica la contrazione del presente del verbo "bìt" alla seconda e terza persona singolari, specie in unione con le particelle pronominali.
Esempio
j
anzichè
je
j šù, j nèsu, j snìedu, j srèčan, ecc.
Quando l'ausiliare è legato unicamente a un participio passato o a un predicato nominale, non ci sono problemi. Il modo migliore è scrivere proprio:
j šù, j nèsu, j snìedu, j srèčan, ecc.
Sorgono invece problemi quando esso è unito a particelle pronominali, a pronomi, a congiunzioni e con i verbi riflessivi a causa della particella pronominale.
In questi casi si pone il problema della scrittura.
Teoricamente il verbo ausiliare dovrebbe essere scritto staccato, magari con un apostrofo per indicare l'elisione della vocale.
Ascoltando la pronuncia, invece, ci appare chiaramente che il verbo è pronunciato legato alla particella pronominale o alla congiunzione, non importa se queste vanno poste prima (terza persona) o dopo (seconda persona) l'ausiliare.
Personalmente giudico pesante e troppo pedissequo o perlomeno poco elegante l'uso dell'apostrofo. E quindi lo escluderei nella scrittura.
Porre il verbo "essere" contratto staccato dalla particella pronominale o dalla congiunzione è sicuramente a favore della chiarezza.
Unire il verbo "essere" alla particella pronominale o alla congiunzione, personalmente, mi sembra la soluzione più elegante e forse la più logica, pensando alla pronuncia.
Seconda e terza persona singolari + particella pronominale
Riportiamo alcuni esempi caratteristici
me
ti si me = ti s me = ti sme, smenè (a me stesso)
on me je = on me j = on mej
te
on te je = on tej
ga
ti si ga = ti sga (nella pronuncia la s tende a diventare z)
on ga je = on gaj
mu
ti si mu = ti smu
on mu je = on muj
jo
ti si jo = ti sjo
on jo je = on joj
ji
ti si ji = ti sji
spesso è pronunciato staccato
ti si ji
on ji je = on jiè
anche staccato
on ji je
jin
ti si jin = ti sjin
spesso è pronunciato staccato
ti si jin
on jin je = on jin j
meglio
on jin je
jih
ti si jih = ti sjih
on jih je = on jih j
nas
ti si nas = ti snas (=tu ci hai;
esiste unicamente l'ausiliare "essere" che viene usato pertanto anche quando in italiano si usa l'ausiliare "avere
)
on nas je = on nasjì
e anche
on nas j (staccato)
nan
ti si nan = ti snan
on nan je = on nanjì
e anche
on nan j (staccato)
vas
on vas je = on vasjì
e anche
on vas j (staccato)
van
ti si van = ti svan
on van je = on vanjì
e anche
on van j (staccato)
E gli esempi si potrebbero moltiplicare in quanto, in pratica, con tutti i casi delle particelle pronominali esiste la possibilità di contrarre l'ausiliare essere.
Con avverbi, pronomi, congiunzioni
La stessa possibilità è data con avverbi, pronomi, congiunzioni:
kìa je = kìaj = dov'è
de je = dej = che è (sia)
ki je = ki j (che = pronome)
ke je = kej (che = pronome)
če je = čej
kakùo je = kakùoj
al (interrogativo)
al si= als
ol (interrogativo)
ol si = ols
a (interrogativo)
a si = as
addirittura, sempre nelle interrogative col participio passato
s
s čù = hai sentito?
La stessa cosa succede nell'incontro tra la particella riflessiva "se" e la particella pronominale "me" che viene contratta:
se me = sem (sem zdì = mi sembra)
O col pronome relativo "ki" o "ke" oppure le particelle pronominali "mi" o "me" + verbo essere, dove è il pronome relativo (o la particella pronominale) a contrarsi.
ki san = k san = ksan
ki si = ksi
ki je = kje
mi je = mje
ti je = tje
me je = mje
te je = tje
La stessa cosa succede con naš, vaš =
ti snaš, ti svaš, (ti snàše brìeske ukràdu)
ecc.
Con la particella riflessiva "se"
ti si se = ti sse
on se je = on sej
N. B.
Da notare che, contrariamente a quanto succede solitamente, la vocale precedente l'elisione non viene allungata ma resta breve.
La contrazione del participio passato
Il participio passato "bìu" si contrae facilmente e molto frequentemente al femminile e neutro singolare, nonchè nel plurale
Bìla/bla, bìlo/blùo, bìli/bli, bìle/ble
Il problema della scrittura
Abbiamo indicato il nostro modo di scrivere, basato non su regole grammaticali precostituite ma unicamente su quello che l'orecchio sente.
A noi sembra una soluzione accettabile, senza pretendere di imporla a nessuno.
Si può tranquillamente scrivere in altri modi naturalmente comprensibili.
Importante è prendere atto di queste contrazioni e usarle o perlomeno non escluderle a priori solo perchè non esistono nella lingua slovena standard.
Sono una caratteristica troppo importante per rifiutarla a priori, come viene rifiutata in diversi scritti che abbiamo incontrato.
Queste contrazioni fra l'altro rendono il discorso molto fluido, pratico, essenziale e perciò sono validissime.
Italianismi
I verbi
Affronteremo prossimamente il problema dei neologismi di origine italiana o friulana.
Vogliamo solo annotare che nella nostra lingua, quando viene prelevato un verbo dall'italiano, questo termina in
-at
e non in
-irat,
come qualcuno pretende di fare sulla base dello sloveno letterario.
Naturalmente ognuno faccia ciò che gli pare.
Tenendo presente però che i Benečjani fanno -at e non -irat.
Pertanto
Študjàt
e non
študirat
e nemmeno
študìerat
Nino Specogna