SPUNTI ARCHEOLOGICI

Il prof. Mario Brozzi introduce alcuni spunti archeologici sulle grotte in generale con riferimenti alla grotta di S. Giovanni d'Antro.
1. - E' necessario risalire ad un periodo molto antico del Pleistocene, per riscontrare i primi sicuri indizi dell'esistenza dell'uomo.
L'Europa era, allora, dominata da un clima più caldo dell'attuale, tanto da permettere ad animali di tipo tropicale, come l'ippopotamo, i grandi felini, l'elefante antico ed il rinoceronte, di vivere nelle nostre regioni.
Gradatamente le condizioni climatiche peggiorarono a tal punto che i ghiacciai delle Alpi scesero, a più riprese, sino alla Val Padana e gran parte dell'Europa fu sepolta sotto una spessa coltre di ghiaccio. Animali di clima freddo, come il mammuth, la renna, l'alce, il pinguino artico, emigrarono, di conseguenza verso il sud, raggiungendo punte estreme come la Puglia.

A questo periodo di glaciazioni ne susseguirono altri (detti interglaciali) in cui le condizioni climatiche migliorarono, permettendo, nuovamente, ad animali di clima caldo di raggiungere alcune zone dell'Europa centrale e costringendo la fauna di clima freddo a ritirarsi verso settentrione.
Ai fenomeni di glaciazione s'unirono pure fenomeni di eustatismo: il mare prima si abbassa notevolmente poi supera, nell'interglaciazione, il livello attuale.

E' proprio durante questo periodo di oscillazioni climatiche, di emigrazioni faunistiche e di trasformazioni della morfologia terrestre, che l'uomo compare sulla terra, adattandosi, come meglio può, alle condizioni naturali. Solamente alla fine del Pleistocene il clima ha un netto miglioramento raggiungendo la sua attuale stabilizzazione col periodo geologico che chiamiamo Oleocene, col quale ha inizio, altresì, la fase neolitica o della pietra levigata.

Il neolitico (6000-2000 a.C.) segna, nel corso della storia dell'uomo, una svolta decisiva per l'affermarsi di quegli strumenti culturali su cui, poi, l'"Homo faber", costruirà la sua civiltà.

La pietra - l'elemento primo di cui si servì l'"Homo sapiens" - viene levigata e lavorati sono pure i basalti e le dioriti. Accanto alle caverne troviamo i primi villaggi e si inizia la coltivazione della terra, l'allevamento del bestiame e si sviluppa, altresì, una industria ceramica e tessile. Dall'argilla le mani dell'uomo modellano quegli oggetti necessari alla vita d'ogni giorno, decorando spesso le rozze ciotole con linee impresse e con motivi geometrici.

E al neolitico pensiamo debba riferirsi quel materiale (che però non siamo riusciti a rintracciare), a cui molti autori fanno cenno come proveniente dalla grotta di S. Giovanni d'Antro (1).

Ma chi furono i primi abitatori di queste nostre caverne? Certo appartenevano ai brachicefali, dalla corporatura bassa e tozza, che rappresentano il tipo alpino (Homo sapiens alpinus) e che penetrarono in Europa insediandosi, in folti gruppi, in Germania, Svizzera, Francia, Spagna settentrionale ed Italia settentrionale. A quale stirpe appartenessero è assai difficile dire: probabilmente, poiché sappiamo che tra i primissimi abitatori della nostra regione vi furono gli Euganei (2), li possiamo pensare appartenenti proprio a questa schiatta.

2. - Le grotte, formatesi dalla circolazione di acque sotterranee, specie nelle regioni calcaree, se possedevano uno sbocco verso l'esterno, rappresentavano il più naturale rifugio sia per gli animali che per gli uomini. Gli scheletri e le ossa di animale che si raccolgono nelle caverne o appartengono ad animali morti sul posto, o ad animali uccisi dall'uomo e portati nella cavità, per il proprio sostentamento.

In genere gli scheletri, o parte di essi, sono presenti in strati di terra e ciottoli che rappresentano il suolo più antico, ricoperto poi da depositi calcari. Spesso la grotta fu abitata dall'uomo in più epoche e i vari livelli archeologici sono allora separati da strati sterili costituiti da frammenti di roccia franata e da depositi di stalagmiti.

I ritrovamenti faunistici del periodo glaciale presenti nella Grotta di Antro sono dati da resti di " Ursus speleus ". A. Tellini trovò a m. 250 dall'apertura della caverna una mandibola ed altre ossa di questa specie (3). Recentemente furono raccolti alcuni denti e vertebre di Ursus - come gentilmente mi comunica il dr. P. Caracci - da soci del Circolo speleologico udinese.

L'Ursus spleus (orso delle caverne) visse dall'inizio del Quaternario fino al periodo Magdaliano. Tra i caratteri tipici di questo animale notiamo, oltre alla sua enorme corporatura, un naturale sviluppo delle borse frontali. Specie essenzialmente cavernicola ha lasciato tracce numerosissime di sè. Si conoscono persino le orme di questo bestione e tracce dei suoi unghioni si sono reperti sulle pareti di molte grotte.

3. - Dal periodo neolitico non abbiamo nella grotta - allo stato attuale delle ricerche - altri ritrovamenti che possano determinare una continuità di permanenza umana, sino al periodo romano.

Pochissimi reperti ci avvertono che anche in questa fase storica la grotta fu in qualche modo utilizzata dall'uomo. I resti archeologici consistono in numerosi embrici (anche questi non siamo riusciti a rintracciare!), messi alla luce del Tellini (4) Molti Autori (5) ripetendosi, hanno affermato, partendo non si sa da quali personali opinioni, che la grotta fu adibita dai romani a tempietto pagano. Non possiamo, naturalmente, escluderlo: ma sino a che non troveremo solide prove di ciò che oggi è semplice illazione, non ci sentiamo - onestamente - di condividere tale opinione.

4. - Del periodo alto medioevale, invece, abbiamo una importante epigrafe che ci permetterà di giungere a ragionevoli conclusioni. Essa dice:

JACEO INDIGNUS HIC TUMU

LATUS EGO FELIX AD FUNDA

MENTA SCORUM ECCLAE

IOHIS BAPTISTAE AC EVANGELISAE

IDCIRCO OBSECRO OMS ASCENDEN

TES ET DESCENDENTES UT PRO ME

IS FACINORIBUS DM PRECARE DIGNE

MINI.


Il che, press'a poco, vuol dire: Io, Felice, sepolto indegnamente qui, in questa chiesa dedicata ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista, prego voi che salite e discendete, di ricordarvi di me nelle vostre preghiere a Dio.

Chi era questo Felice che ha avuto una così degna sepoltura nella grotta d'Antro? Da un esame paleografico dell'epigrafe si può stabilire che la pietra fu scolpita nella prima metà del X secolo. Un documento di Berengario sembra confermare quanto or detto: infatti viene concesso ad un diacono di nome Felice, in data marzo 888 (6) l'uso della Cappella di S. Giovanni d'Antro, col paese e le piante che un tal Lorenzo Presbitero aveva piantato in quel sito. La grotta, quindi, era già luogo di culto alla fine del IX secolo. Questo ci lascia pensare (ed il Presbitero dell'atto berengariano lo conferma) che dobbiamo riferire ad epoca più antica l'esistenza di un luogo di culto della grotta stessa.

La dedicazione ai Ss. Giovanni Battista ed Evangelista ci porta poi, diritto, al periodo longobardo e tale intitolazione ha una sua indicazione dove si tratta di estirpare l'arianesimo (7).

Che Antro fosse poi una arimannia, uno stanziamento cioè di militari longobardi lo possiamo stabilire attraverso le fonti (8) e attraverso quello che fu il Castello di Ahrensperg (cioè Arisberg), nel piano presso Biacis, che conservò il ricordo, nel suo nome, dell'antico castello arimannico. E' logico, altresì, che la grotta - per la sua naturale posizione strategica - possa essere stata, in più epoche, temporaneo rifugio per le limitrofe popolazioni, specie durante il periodo delle invasioni barbariche ed un ricordo di ciò, sembra essere la nota leggenda della " Regina longobarda " assediata dalle orde di Attila.

Il forno ed il frantoio, che ancora oggi si possono vedere vicino all'ingresso della grotta - ma la cui datazione, per i palesi rimaneggiamenti nel tempo, non è possibile determinare - appaiono confermare la nostra ipotesi. Pensare alla seconda metà del secolo VIII° come all'epoca più probabile per la trasformazione della grotta da luogo di semplice rifugio a luogo di culto, ci sembra assai probabile, se teniamo presente il fervore religioso suscitato nel Regno longobardo dagli ultimi re e che portò, anche il Friuli, a partecipare alla fondazione di nuovi luoghi di fede (9).

5. - Concludendo, possiamo quindi dire che la grotta di S. Giovanni d'Antro fu naturale rifugio per la fauna glaciale e sede umana nel periodo neolitico. I ritrovamenti di epoca romana, seppure - come abbiamo detto assai scarsi - sembrano tuttavia avvertirci che anche in quella fase storica, la caverna fu, in qualche modo, utilizzata, così come è presumibile che lo sia stata nel periodo delle migrazioni dei popoli germanici, quale valido rifugio temporaneo per le genti del luogo. Sempre nell'alto medioevo, e con ogni probabilità nell'VIII° secolo, la grotta fu consacrata al culto.

Altro, per il momento, non possiamo dire, senza correre il rischio di cadere in gratuite illazioni.

NOTE

(1) Essendo i reperti archeologici, rintracciati nella Velika Jama e nella Suosteriova Jama del neolitico, pensiamo che anche quelli della nostra grotta debbano essere riferiti proprio a questo periodo. A proposito dei resti archeologici di Antro, si veda particolarmente l'articolo di Speleus, in " La Patria del Friuli ", Udine, 21 aprile 1900.

Per quanto riguarda la grotta, da un punto di vista speleologico, si veda l'ultima pubblicazione, in ordine di tempo, di G. MINISINI, Un passo avanti nella grotta di S. Giovanni d'Antro, in Rivista mensile del C.A.I., fasc. 3-4, pagg. 103 e segg., Torino 1954. La caverna, poco distante dalla località di S. Silvestro, s'apre a 348 metri s.l.m. con direzione da est-sud est a ovest-nord ovest. E' larga m. 10 circa, esplorata per una profondità di circa 500 m. ed alta m. 14 circa. Numerosissima è la bibliografia inerente, ma assai poca quella a carattere scientifico.

(2) T. LIvio, 1, 1, 3.

(3) A. TELLINI, La grotta di .S. Giovanni d'Antro, Udine, 1899.

(4) A. TELLINI, ib.

(5) Si veda ancora particolarmente l'articolo di Speleus già stato.

(6) L. SCHIAPPARELLI, I diplomi di Berengario, pag. 404.

(7) G. B0GNETTI, I "Loca Sanctorum" e la storia della Chiesa nel Regno dci Longobardi, in Rivista di Storia della Chiesa, in Italia, VI, pag. 183, Roma, 1957.

(8) M. LEICHT, La gastaldia d'Antro, in Memorie Stor. Forogiuliesi, Udine, 1911, pag. 77. Un documento del 761 ricorda un gastaldo della regina Ansa, moglie di Desiderio, ad Antro, di nome Luparo (cfr. 6. GUERRA, Otium Foroiuliense, XXVII, pag. 281).

(9) M. BRozzI, Il monastero longobardo di Sali, in " Ce fastu? ", XXXVI, pag. 172, Udine, 1960.

Mario Brozzi

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