Uomini delle nostre Valli
Ricordati in un convegno Giorgio Qualizza e Valentino simonitti
Il convegno di studio «Uomini, case, chiese nelle valli del Natisone», che si è svolto sabato 5 novembre nella sala consiliare di San Pietro al Natisone, se da una parte non ha portato alla luce novità di rilievo sulle tematiche svolte, almeno per quanti in questi anni sono stati attenti alla vita culturale delle nostre valli, dall’altra ha confermato il valore della cultura locale in tutte le sue manifestazioni e i meriti degli uomini che l’hanno studiata, divulgata e valorizzata.
Valentino Zaccaria Simonitti, nativo di Vernasso e scomparso nel 1989, architetto e profondo conoscitore della storia e dei filoni culturali che si sono incontrati nella Slavia Friulana, e Giorgio Qualizza, di Tribil Superiore scomparso prematuramente nel 1993, poeta e studioso di lingue slave e del dialetto sloveno locale, seppure di formazione diversa e abbiano seguito itinerari di ricerca, che li hanno portati a conclusioni discordanti su qualche punto, hanno avuto come punto di partenza e costante riferimento la realtà delle valli del Natisone, che rappresenta un interessantissimo campo di ricerca in questa parte d’Europa dove si incontrano il mondo latino e quello slavo.
Il sindaco di San Pietro, Firmino Marinig, nel saluto rivolto ai numerosi presenti ha detto di aver «condiviso le scelte socioeconomiche per la rinascita delle valli» prospettate dall’architetto Simonitti e il tentativo di Giorgio Qualizza di «dare dignità grammaticale e sintattica al dialetto sloveno delle valli».
Il presidente della comunità montana, Giuseppe Chiabudini, nel lodare l’iniziativa, ha detto che questo è il modo giusto per valorizzare gli uomini e le espressioni della nostra cultura.
Dopo il saluto del presidente della Banca popolare di Cividale, che ha sponsorizzato l’iniziativa, il vice presidente della provincia di Udine, Primo Marinig, ha spiegato che l’idea del convegno è nata quando egli era assessore alla cultura ed indirettamente ha conosciuto la figura e l’opera di Giorgio Qualizza, «la sua originalità di poeta e il suo impegno culturale e scientifico di portare alla conoscenza di tutti la sua lingua».
Sono poi seguite le cinque relazioni del convegno.
Emilia Mirmina, presidente del Centro studi friulano «Ippolito Nievo», ha parlato del poeta e ricercatore Giorgio Qualizza «uomo di cultura che aveva studiato e ancora molto avrebbe voluto fare per le sue valli:
una personalità, che ha lanciato un messaggio intenso ed appassionato per richiamare l’interesse su di esse, sul loro patrimonio culturale, sulla singolare originalità della loro lingua, ed aveva dedicato la vita a portare alta la bandiera di questa etnia così trascurata, di questo mondo ― gente, ambiente, tradizione ― al quale lo legava un affetto immenso, come quella di un figlio per una madre collettiva, la regione del Natisone che egli sentiva fortemente come sua patria del cuore, che gli aveva offerto quei valori fondamentali in cui ha appassionatamente creduto».
Emilia Mirmina ha poi parlato degli scritti di Giorgio Qualizza e in particolare della tesi di laurea dal titolo
«Proverbi e detti sloveni nelle valli del Natisone»,
che rimane l’opera scientificamente più valida, e dei libri di poesie
«Kapja sonca»,
«E dolce il sale»
e «Polska/Polonia»,
che, a detta dell’autore stesso, è il primo libro di poesie scritto in polacco da un cittadino italiano.
Antonio De Cillia ha poi tracciato la figura di Valentino Simonitti, un architetto apprezzato, che ha visto e vissuto la sua professione con una particolare passione, che lo ha portato a rompere gli schemi tradizionali in cui veniva collocata la nostra realtà ed a prospettare aperture e progetti che allora avevano qualcosa di «profetico», ma di cui oggi si parla come dell’unica possibilità di sviluppo economico e culturale della Slavia.
Simonitti si oppose con fermezza ai progetti che vedevano le valli solo come zona di rimboschimento e di pascoli estensivi.
Già nei primi anni Settanta proponeva la creazione di un «Parco delle Prealpi Giulie» a scala interregionale da Cividale a Skofja Loka.
Rompendo la negatività dell’effetto frontiera ― pensava Simonitti ― si sarebbe instaurata una salutare apertura verso il mondo esterno, facilitando nella unitarietà degli interessi delle due regioni confinanti, Slavia friulana e Gorenjska, la creazione di un nuovo rapporto uomo-ambiente, come premessa di una equilibrata impostazione dello sviluppo socio-economico delle aeree interessate in tutti i settori produttivi nel rispetto dei valori fisico-estetici, storico-ambientali e naturalistici del territorio.
Simomtti fu anche un artefice della ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del ‘76.
Si oppose con fermezza alle demolizioni selvagge e si adopero perché dalla Slovenia venissero introdotte le tecniche già sperimentate per il recupero degli edifici.
«L’angoscia seguita al terremoto per l’incombente pericolo di una cancellazione generalizzata delle testimonianze della cultura materiale della comunità, mitigata ma non acquietata dall’aiuto fraterno degli sloveni di Lubiana ― ha affermato Antonio De Cillia ― acuì in Simonitti l’urgenza di salvaguardare nel suo complesso culturale e sociale l’identità della sua gente, ottenendo dallo Stato il riconoscimento della sua peculiarità etnica e linguistica».
Sono seguite le interessanti relazioni di Cecilia Muchino sulle tradizioni alimentari nella valle del Cosizza, di Renato Bosa sulle chiesette votive delle valli del Natisone e di Mario Barel sui caratteri della casa rurale della Slavia Friulana.
Sono argomenti sui quali ci siamo soffermati più volte e sui quali torneremo in altre occasioni.
Giorgio Banchig