La battaglia di Stupizza e l’avanzata dei francesi nella Valle dell’Isonzo

Fedia Klavora, ingegnere e noto ricercatore e autore di studi storici, attraverso le sue numerose iniziative e pubblicazioni si dedica alla valorizzazione del patrimonio culturale di Bovec - Plezzo.
Nel volume «Bonaparte ob Soči 1797» (Bonaparte sull’Isonzo 1797) descrive l’arrivo delle truppe francesi in Friuli e la loro avanzata nella Valle dell’Isonzo e gli scontri che ebbero con l’esercito imperiale austriaco.
Di questo interessante volume riportiamo, in traduzione italiana, il capitolo che riguarda la battaglia di Stupizza e la penetrazione dei francesi nella Valle dell’Isonzo.
Nel marzo del 1797 le truppe francesi inseguirono lungo la Val Natisone gli austriaci che si ritiravano dal Friuli


Dopo la ritirata dal Tagliamento

Per illustrare più chiaramente l'ultima parte dell’avanzata dell’armata napoleonica tra il 22 e il 25 marzo 1797, (ndr) nella valle dell'Isonzo, è necessario tornare alla ritirata dell'esercito imperiale austriaco dal Tagliamento.
In quei giorni l'arciduca Carlo d’Asburgo aveva inviato da Palmanova il generale Koblos con un battaglione di soldati croati e cinque cannoni, attraverso Cividale e Caporetto, alle chiuse di Bovec, con l'ordine di rinforzare e preparare alla difesa la postazione fino ad allora trascurata.
Già prima della battaglia di Gradisca, anche il contingente di 1700 uomini del generale Bajali con l'artiglieria leggera fu inviato in tutta fretta nella valle del Natisone e, attraverso il Predil, a Tarvisio.
Poco prima della caduta di Gorizia, quando si rese conto che la posizione era persa mandò nella valle dell'Isonzo anche le brigate Graffen e Gontreuil, che vennero seguite, probabilmente per errore, dalla restante artiglieria pesante.

Le tre brigate, che complessivamente contavano circa 6500 uomini e 400 soldati di cavalleria, il pomeriggio del 21 marzo si riunirono a Caporetto.

I generali austriaci si stupirono non poco quando vennero a sapere che i francesi avevano già raggiunto la Val Canale e che con l'avanguardia si stavano avvicinando a Tarvisio.
Fu deciso allora che Gontreuil con quattro battaglioni di fanti, due squadroni di ussari e tutta l'artiglieria valicasse velocemente il Predil.
A Tarvisio avrebbero dovuto aggregarsi, il prima possibile, alle altre unità dell'arciduca e così uniti avrebbero potuto fermare l’avanzata della divisione francese.
Attraverso il territorio di Bovec verso l’innevato Predil il gruppo di Bajali procedeva lentamente, attardato com’era dai carriaggi e dai disertori goriziani.
La sua retroguardia, composta da soldati croati, durante la ritirata da Cividale, si fermò a Stupizza.

Il generale Guieu

A questo punto è opportuno presentare l’inseguitore di Bajali, il generale Guieu che si trovava proprio sulla strada che porta dal Friuli in Carinzia, passando per Caporetto.

I compiti più difficili nella valle dell'Isonzo attendevano proprio le sue brigate.
Il suo rapporto sui saccheggi a Trivignano, mette in luce il suo senso della giustizia e dell'ordine.
Durante la spedizione in Italia, come generale di brigata diede il proprio apporto in molte battaglie nella divisione del generale Augereau.
Quando questi da Palmanova fu mandato a Parigi con le bandiere di guerra conquistate, fu Guieu a prendere il comando.
A ciò è dovuto il fatto che in alcuni ordini vengono scambiati i nomi della divisione (secondo la prassi di allora questi reparti prendevano il nome del loro comandante).

Da Palmanova la divisione Guieu mosse, attraverso Cividale, lungo il Natisone e si accampò in tutti i paesi e le case del circondario a San Pietro.

Il parroco di Cividale descrive l'esercito francese

Il parroco di Cividale descrisse in modo molto interessante il loro aspetto, che destava stupore, al loro arrivo, il 21 marzo, prima di sera.

«Ogni divisione (probabilmente si trattava di brigata, nota di F. K.) era formata da ufficiali, alfieri, da sei a otto tamburini che suonavano incessantemente e alla fine c'era il gruppo dei bandisti militari; nelle prime file c'erano i soldati più piccoli, che avevano un aspetto di mendicanti, la maggior parte era scalza o con scarpe consunte; erano stremati dalla fame e dal lungo viaggio; seguivano unità che si presentavano meglio, sia per la corporatura sia per l'attrezzatura (...)».

Più di tutte, attirarono l’attenzione del parroco i reparti di cavalleria:

«I soldati di cavalleria procedevano in ordine, in file di sei. Tutti avevano mantelli bianchi, sciabole arcuate, grandi cappelli di tela cerata a tre punte oppure berretti di corda, da sotto i quali cadevano sulla schiena i lunghi capelli come le criniere di cavallo...
Il mattino successivo arrivò il seguito, composto da gruppi di donne sfinite, malate, c'erano sei carri di feriti, circa quaranta tra cannoni e carri trainati da cavalli con vettovaglie, vino e carne (...)».

In base alla testimonianza del parroco, anche a Cividale ci fu un grande saccheggio.
I soldati, senza alcun riguardo, entravano nei cortili, nelle case, rubavano e saccheggiavano soprattutto cibo, pollame e carne di maiale, biancheria e vestiti, molti estorcevano anche denaro, orologi e altri oggetti di valore.
Tagliavano gli alberi più belli per fare il fuoco e i bivacchi negli accampamenti.

Il comandante francese Dessaix descrive le Valli del Natisone

Il 21 marzo, a notte inoltrata, Guieu ricevette da Gorizia l'ordine di mettersi in marcia da Cividale e di andare verso Caporetto.
Seppure Dessaix, comandate francese di un battaglione della 27 brigata, già da un anno viaggiasse in diverse regioni, successivamente, come generale di brigata, iniziò il suo rapporto con una descrizione delle Valli del Natisone molto ispirata:

«In data odierna, 2 germinale, il Friuli, per la prima, ha visto i soldati francesi in marcia attraverso le sue strette valli.
Sembrava che la natura si fosse unita all’arte e al nostro arrivo ci avesse rivolto la parola.
Ma i soldati della repubblica, che non conoscono né stanchezza né pericoli, non hanno avuto paura (…)».

Primo attacco a Stupizza e rapporto di Guieu a Bonaparte

Il 22 marzo 1797 Guieu affrontò un primo attacco presso Stupizza e una scaramuccia a Caporetto, da dove, lo stesso giorno, inviò a Bonaparte il seguente rapporto dettagliato.

«Come avete ordinato ieri, questa mattina sono partito con la mia divisione da Cividale alla volta di Caporetto.
Di notte, ho ricevuto notizie dettagliate su dove si trovano le unità nemiche ed ho studiato una tattica d’attacco alle sue prime postazioni a Stupizza.
La mia avanguardia è arrivata nella gola dove si è imbattuta in circa mille fanti che con due cannoni dal calibro di tre libbre facevano un fuoco pauroso.

Ho impartito ordini perché da Pulfero l’avanguardia aggirasse i nemici sul lato destro, salendo la montagna di Mersino (i fianchi del Matajur, ndt), ai due battaglioni della quarta sottobrigata, invece, di andare sul monte Erbezzo.
Sulla sinistra, il terzo battaglione si è imbattuto nella guarnigione nemica presso la chiesa di Sant'Andrea che ha distrutto.
A destra (sui fianchi del Matajur, nota dell’autore) non hanno trovato nulla.

Queste truppe avevano l'ordine di salire le montagne e costringere i nemici a ritirarsi.
Da parte sua il generale Bon è salito con parte dell'avanguardia sulla montagna (sul lato destro, nota dell’autore), con l'altra, invece, ha attaccato il nemico nella parte anteriore della valle.
Abbiamo occupato le loro posizioni e sequestrato due cannoni di tre libbre, la cassa delle munizioni, alcuni cavalli e abbiamo fatto quaranta prigionieri.
Da parte nemica ci furono diversi morti e molti feriti.

La maggior parte delle truppe salì in montagna dove, sul lato sinistro, si incontrò sicuramente con il battaglione della quarta brigata.
Dopo aver adunato tutti i soldati, durante la marcia non ci siamo più imbattuti nel nemico.
Questi ha costruito imponenti postazioni di difesa nella valle del Natisone, nei pressi di Caporetto, che poi ha abbandonato.
Mi è stato riferito che lungo questa via, da Gorizia verso Tarvisio, sono passati circa 8000 soldati con otto pezzi di artiglieria.
Se è vero che Masséna è già a Tarvisio, vorrà dire che li distruggeremo.

A circa un miglio da qui, la nostra avanguardia si è imbattuta in una fortificazione verso la quale hanno sparato dagli otto ai dieci colpi di cannone e hanno occupato la cappella soprastante (dal momento che parla di Caporetto, si riferisce all'antica chiesetta di sant'Antonio, nota dell’autore).
Domani, attraverso le montagne, arriveremo a questa cappella e la attaccheremo.
Abbiamo sequestrato due canne di cannone e due cavalli.

Non ho nessuna possibilità di mandare il mio rapporto al generale Masséna perché il nemico sorveglia la strada continuamente e non è possibile arrivare passando per le montagne.
Firmato Guieu».

L'altura Der

Le già menzionate postazioni austriache prima di Caporetto furono approntate sicuramente sull’altura Der, nei pressi di Robič.
Sull'altra sponda del Natisone, sul lato più esposto del colle, dove si erge la chiesa di sant’Ilario, si trova un antichissimo castelliere risalente probabilmente all'età del bronzo.

La sommità rocciosa del Der, oggi rimasta isolata poiché nei tempi antichi, durante una grande inondazione, è stata separata dal monte Mia a causa del cambiamento del corso del Natisone, è letteralmente perforata da tunnel, caverne e trincee della prima guerra mondiale.

Le sommità delle alture sono state rimodellate dagli innumerevoli sistemi di difesa le cui origini sono di difficile datazione.
I più antichi risalgono probabilmente a tempi molto remoti.
Sono stati costruiti uno sopra l'altro e i più vecchi sono serviti come base per quelli successivi.
Alcuni furono allestiti durante la prima spedizione dei francesi, altri nelle due spedizioni successive, i restanti, forse, durante le guerre austro - italiane, altri ancora durante la prima e la seconda guerra mondiale.
La cresta del Der potrebbe costituire una vera e propria enciclopedia fortificata nell’ambito di un museo all'aperto.

Non è chiaro però come facesse Guieu ad essere a conoscenza della posizione di Masséna che si trovava molto lontano, dal momento che non era direttamente in contatto con lui.
Probabilmente aveva appreso la notizia dal quartier generale, ma ancor più verosimilmente dai nemici fatti prigionieri.

Una descrizione ancora più esauriente

Il comandante della quarantatreesima brigata, cui toccò il compito più difficile, diede una descrizione ancora più esauriente della battaglia di Stupizza.

Avvenimento del 2 germinale presso Stupizza.
Il primo battaglione ricevette l'ordine dal generale Bon di spostarsi verso destra e di aggirare il nemico attraverso il crinale della montagna ed effettuò la salita con innumerevoli difficoltà e altrettanto coraggio.
Al comando del battaglione c'era l'ottimo ufficiale Pochon.

Questa mossa non disorientò il nemico.
Poco tempo dopo il secondo battaglione ricevette l'ordine dallo stesso generale di attaccare dal davanti Stupizza, occupata dal nemico, che aveva piazzato i cannoni su lato sinistro del paese stesso.
L'ordine fu eseguito, al comando del battaglione c'era il generale Duphot con il comandante del battaglione Broussier.
Il paese fu conquistato.

Il nemico, circa cento uomini, si spostò dietro i muri delle case che furono bombardate dal cittadino Broussier, con i comandanti Saunier, Babolat e tre soldati.
Il fuoco dell'artiglieria e degli spari nemici erano forti e rimbombavano dai sui versanti della stretta valle.

Il generale Bon coinvolse nell'attacco anche il terzo battaglione di cui lui stesso assunse il comando e poco dopo si impadronì dei cannoni.
In quell'istante rimase ucciso il comandante dell'unità nemica che sparava dal paese, i suoi soldati furono costretti a fuggire e noi avemmo il sopravvento.
La divisione continuò la sua marcia e passò la notte a Caporetto (...)».

Anche Dessaix descrive la battaglia di Stupizza

Dessaix della 27° brigata continua il suo rapporto con una descrizione della battaglia di Stupizza più poetica e abbastanza superficiale:

(...) Il nemico si era nascosto tra rocce irraggiungibili e la strada, interrotta in più tratti, il che ci consentiva solo un avanzamento molto difficoltoso.
Comunque, questi ostacoli furono superati in poco tempo e con un l'assalto alla baionetta abbiamo conquistato le posizioni più pericolose.
Le montagne facevano echeggiare il nostro attacco e annunciavano la nostra vittoria alle regioni vicine.
Abbiamo conquistato posizioni di difesa e abbiamo disperso il nemico.
Quanti sono riusciti a salvarsi, sono fuggiti e si sono spostati verso Caporetto.
Abbiamo continuato la marcia con entusiasmo e la sera abbiamo celebrato la nostra vittoria.
Poiché non conoscevamo la posizione del nemico e la notte era molto buia, siamo stati costretti a rimandare l'attacco al giorno seguente.

Ma gli austriaci, molto spaventati dalla sconfitta subita in mattinata, non ci hanno concesso un altra vittoria ed hanno abbandonato le loro postazioni.
In questo giorno indimenticabile i soldati della brigata si sono distinti per il loro grandissimo coraggio.

Il cittadino sottufficiale Verbiger, soldato buono e valoroso, è stato gravemente ferito al braccio destro mentre andava con i suoi carabinieri all'assalto della fortezza.
Il cittadino Léfevre che si era già distinto durante l’attraversamento del Piave, dove per il suo coraggio fu promosso a tenente, è stato uno dei primi ad arrivare alla fortezza.
Ha sequestrato due cannoni con tutta l'attrezzatura.
Il primo attacco condotto dalla brigata in Friuli, ha richiesto alla patria molti soldati valorosi (...)».

La battaglia nel racconto di Guliat

Nello scontro, cominciato verso mezzogiorno, le tre brigate di Guieu (la 27°, la 43° e parte della 4° furono impegnate almeno con parte delle proprie unità, le rimanenti seguivano con un certo ritardo, per questo arrivarono a Stupizza solamente verso sera.
I francesi non riportano il numero delle loro perdite. Alcune sono citate insieme a quelle della battaglia di Kluže.

A questo punto è necessario confrontare i rapporti francesi sullo scontro con il nemico ormai indebolito, con la descrizione fatta da Guliat.
Questi riportò, senza aggiungere altri dettagli, le dicerie secondo cui c'era stato un numero esagerato di vittime:

«La seconda colonna nemica nelle vicinanze di Cividale doveva superare diversi ostacoli (Guliat fa il confronto con gli eventi nella valle del Vipacco, nota di F. K.).
Più o meno a un'ora di cammino da questa città c'è una catena montuosa, attraverso la quale scorre un fiume chiamato Natisone.
Lungo il suo percorso corre solamente la strada che porta a Caporetto, bloccata in entrambe le direzioni da grandissime rocce.
Nel suo tratto più stretto si sono trincerati gli austriaci con i loro cannoni.

Quando l'avanguardia avversaria si è avvicinata, è stata accolta da una terribile salva di cannoni.
Sono caduti centinaia di francesi, ma i settori rimasti scoperti sono stati rimpiazzati velocemente da nuove unità e la battaglia si è fatta sempre più cruenta.
A lungo hanno tuonato i cannoni e crepitato i fucili; l'avanguardia è stata quasi totalmente distrutta.
I francesi volevano già ritirarsi quando un contadino “veneziano” (cioè della Benecia, ndt), forse perchè costretto o corrotto, li ha condotti per un sentiero in montagna consentendo loro di appostarsi sul fianco e dietro le formazioni austriache.
Questi si sono accorti in tempo del pericolo e si sono diretti a Caporetto».

Lo scontro nel racconto di don Antonio Banchig

Probabilmente si avvicina molto più alla verità il rapporto sul numero di vittime [della battaglia di Stupizza] conservato in un breve, ma esauriente scritto di don Antonio Banchig di San Leonardo, un paese che si trova nelle vicine Valli del Natisone:

«Il 28 [recte 23] marzo 1797 i francesi si scontrarono con gli austriaci a Stupizza.
Ci furono 25 morti in entrambi gli schieramenti.
Durante lo scontro furono catturati cento soldati e sequestrati due cannoni.
Gran parte delle truppe si è poi ricongiunta a Caporetto.
Da qui hanno proseguito lungo la valle dell'Isonzo, attraverso il Predil fino a giungere a Tarvisio dove, passando per la valle del Fella, era già arrivato il generale Masséna con il suo esercito.
Il primo aprile, i francesi saccheggiarono la chiesa parrocchiale di san Pietro».

Il racconto del parroco di Luicco don Giacomo Faidutti

Dopo la battaglia, due brigate francesi continuarono la loro lunga marcia percorrendo le ripide gole sui versanti del Matajur prima verso Luico e poi verso Caporetto, e ciò al fine di costringere, se necessario, il nemico a ritirarsi.
Questo fatto è riportato in un breve, ma interessante appunto dell'allora parroco di Luicco, Giacomo Faidutti:

«A perpetua memoria dell’avvenimento.
Oggi, 23 marzo 1797, sono transitati per il paese di Luico circa tremila soldati francesi diretti a Caporetto, di cui 600 hanno pernottato in paese».

La strategia austriaca

Dal rapporto di Guieu è evidente che gli austriaci avevano l’intenzione di difendere l’accesso della vecchia strada di Bovec sotto Caporetto anche dal colle di Sant'Antonio.
Ma da quella postazione si spostarono velocemente e concentrarono la loro difesa sulla vecchia strada che allora correva sotto il Tonovcev grad.
L'attacco qui riportato è avvenuto a circa ottocento metri dal ponte di Caporetto.

Nel luogo chiamato Šance è ancor oggi ben visibile una trincea semicircolare.
Secondo i rapporti tedeschi, anche a Žaga protessero le strade che conducevano verso Resia, con tre compagnie di Croati.
Forse per questo motivo all'altura di Šance, che si trova sopra la strada, immediatamente prima del ponte sulla Boka, è stato dato lo stesso nome.

Il viaggio di Napoleone Bonaparte da Gorizia a Tarvisio

Il rapporto del comandante Chabot

Mentre Guieu, il 23 marzo [1797], occupava Caporetto, il comandante della divisione Chabot, che da Gorizia si era messo in marcia lungo la valle dell'Isonzo, fece questo rapporto al generale Bonaparte:

«Per poter eseguire l'ordine datomi da voi ieri, alle due e mezza di notte, sono partito da Plava con l'intera divisione di cui sono al comando, per arrivare sulla strada che porta a Vienna.
Spero di arrivare abbastanza presto per aiutare il generale nelle sue operazioni belliche.
Né la notte scorsa, né durante il giorno è accaduto qualcosa di nuovo nella divisione.
Questa notte abbiamo sentito diversi colpi di cannone e abbiamo sentito sparare forte anche i fucili.
Secondo i miei calcoli arrivano dalla parte di Caporetto.
Dubito, pertanto, che colà il generale Guieu si sia imbattuto nel nemico.
Riguardo a ciò non ho ricevuto altre notizie.
Molto probabilmente il nemico è stato sconfitto visto che l'aiutante di campo, il cittadino Ballet che ho mandato con il vostro messaggio per il generale Guieu, non è ancora tornato, ciò vuol dire che non ha trovato ostacoli sulla strada.
Distinti saluti.
Chabot».

La strategia di Napoleone

Bonaparte evidentemente non fece partire il suo generale e solamente il 24 marzo gli diede l'ordine di avanzare:
«Il comandante in capo dà l'ordine al generale Chabot di distribuire stanotte il pane per tre giorni, ovvero per il 5, il 6 e il 7 (il 25, 26, 27 marzo, o.p. F.K.), in modo tale che i soldati alle tre del mattino siano pronti per la marcia.
La destinazione vi sarà comunicata più tardi.
È previsto che il generale vada a Gorizia, perciò egli ordini alla sua avanguardia di abbandonare la postazione che occupa e di recarsi in una nuova tra la sua divisione e Gorizia. Ab num. 520».

Quest'ordine poco chiaro non risponde ancora alla domanda sul perché la divisione Chabot abbia dovuto proseguire con tanta esitazione sulla strada che da Gorizia attraverso Kanal / Canale d’Isonzo porta a Bovec / Plezzo.
Se prendiamo in considerazione i primi ordini di Bonaparte, secondo cui le divisioni, dalla valle dell'Isonzo, avrebbero dovuto aggregarsi il prima possibile alla divisione Masséna [in Val Canale], non ci sarebbe nessun motivo valido per cui avrebbero dovuto impiegare sette giorni per quest'operazione.

Bernardotte, che si trovava nella valle del Vipacco, non fu più veloce.
Molto probabilmente i motivi dell’esitazione di Bonaparte erano dovuti alla situazione non ancora del tutto chiara.
Ancora non sapeva, infatti, se l'avversario con i rinforzi avrebbe operato un contrattacco in Carinzia.
Per questo verificò tatticamente la posizione e trattenne entrambe le divisioni vicine a lui. […]

La marcia lungo la valle dell'Isonzo

Dopo alcuni giorni di attesa la divisione del generale Chabot iniziò la marcia lungo la Valle dell’Isonzo.
Il 25 marzo era a Kanal / Canale d’Isonzo, il 26 a Trnovo e appena il 27 raggiunse Kluže assieme a Napoleone Bonaparte.
A Tolmino e a Caporetto, come pure negli altri paesi lungo il cammino, non ci sono testimonianze scritte ed orali sulla presenza dei francesi.

Nel capitolo seguente del volume “Bonaparte ob Soči 1797” Fedja Klavora tratta della presenza delle truppe francesi nel territorio di Bovec e della famosa battaglia presso la fortezza di Kluže, che ha avuto luogo il 23 e 24 marzo 1797.
Parte del capitolo, che riportiamo in traduzione italiana, è dedicata al percorso che Napoleone fece lungo la Valle dell’Isonzo e alla sua sosta a Caporetto — Robič.

Tre giorni dopo l'arrivo di Guieu, a Bovec giunse anche la divisione Chabot, cui fece seguito immediatamente dopo anche Bonaparte con il suo comando.

La personalità del Bonaparte

Dopo tutti gli eventi bellici descritti è necessario menzionare la continua e, già all'epoca leggendaria, irruenza del comandante supremo dell'armata francese in Italia.
Sia durante la marcia, sia durante le soste si accertava sempre quali fossero le condizioni del territorio, controllava i rapporti ricevuti e, chino sulle carte, controllava le decisioni prese o ne prendeva di nuove.
Mandava da tutte le parti messaggeri con i suoi ordini, riceveva gli ambasciatori ed emanava bandi... I tempi e i luoghi delle sue tappe, le questioni più importanti e perfino il cibo erano verificati e descritti nei minimi dettagli.

La sua marcia cominciò l'8 marzo da Mantova.
Seguì le divisioni e si fermò a Verona, Vicenza, Bassano, Asolo, Conegliano, Sacile, Pordenone, infine, il 16 , arrivò a Valvasone sul Tagliamento.
Il giorno dopo, prese attivamente parte alla battaglia, dopodiché tornò a Valvasone dove rimase per un giorno.
Due giorni, il 18 e il 19 marzo, si trattenne a Palmanova.
Un giorno più tardi partecipò alla battaglia di Gradisca, tornò a Palmanova e il 21 arrivò a Gorizia.
Rimase qui con lo stato maggiore fino al 26 marzo, quando, la mattina, cavalcò in direzione di Solkan.

Un risentimento del Guliat

Alla partenza Guliat si risentì con il grande per un solo suo atto.
Napoleone ordinò alla servitù del barone Degrazia, presso il quale risiedeva, di attaccare ai cavalli la carrozza migliore.
Alle lamentele del barone, Bonaparte promise che l'avrebbe restituita il prima possibile.
Secondo le voci della gente, gli fece la promessa che non avrebbe viaggiato in carrozza e, pertanto, se n'era andato dalla città a piedi.
Ad ogni modo, il barone non rivide più la sua carrozza, o almeno così scrive Guliat. L'unico giorno del viaggio, di cui non sono stati fin qui riportati né il luogo della tappa né quello del pernottamento, è il 26 marzo.
Anche i più accreditati storici moderni dell'epoca napoleonica, hanno accertato che Bonaparte si trovava con lo stato maggiore e la scorta armata in marcia verso Tarvisio, dove avrebbe pernottato il 27 marzo notte.

Non ci aiuta affatto nemmeno l'ultima edizione scientifica delle lettere napoleoniche.
Bonaparte firmò la sua ultima lettera il 26 marzo a Gorizia, la successiva solamente il 29 a Villach.
Probabilmente, durante il viaggio verso la Carinzia, non si occupò della corrispondenza, oppure di essa oggi non abbiamo notizia.

Quanti fino ad oggi hanno scritto su questo quesito, non hanno preso in considerazione la risposta che Napoleone stesso fornisce.

Napoleone Bonaparte da Robič si spinse fino a Stupizza?

Dopo oltre due decenni [dalla campagna d’Italia e dalla conquista del Friuli], l'imperatore francese, deposto ed esiliato, nel suo libro di memorie «Frammenti della campagna d'Italia» (Fragments de la campagne d'Italie) che a Sant'Elena dettò al suo fedele servitore, il conte Emmanuel de Las Cases, dimostrò che perfino negli ultimi anni della sua vita aveva un ricordo molto vivo e, tutto sommato, dettagliato della sua prima campagna militare nell'allora già lontano 1797.
Quando descrisse in breve l'attacco a Kluže, confuse il Kluže veneto con quello austriaco (questo non è l'unico caso nei rapporti francesi), ma riportò chiaramente che il suo stato maggiore era partito, nell'ordine, per Caporetto, Tarvisio, Villach, Klagenfurt (Le quartier général se rendit successivement a Caporetto, a Tarvis, a Villach, a Clagenfurt) .
Possiamo giungere alla conclusione che, molto probabilmente, Bonaparte si ricordava esattamente la strada lungo l'Isonzo, il che conferma anche le deduzioni successive.

Già nel mio libro Kdo dal podobo Bovškemu (pag. 136) ipotizzavo che Bonaparte avesse seguito la divisione Chabot attraverso la valle dell'Isonzo e che la sera di domenica 26 marzo avesse, molto probabilmente, pernottato a Caporetto.


L'ipotesi di Paolo Foramitti

Molti anni fa questa ipotesi mi è stata suggerita solo da testimonianze della gente, ma veniva contraddetta da una nota riportata nel libro di Paolo Foramitti
(Volete la guerra, ebbene l’avrete — 1797 — Bonaparte in Veneto e in Friuli, ndt),
secondo cui Napoleone aveva pernottato a Camporosso o anche a Ugovizza nei pressi di Tarvisio.

L'ipotesi di Klavora

A confermare la mia ipotesi c’è anche la testimonianza di Guliat, secondo cui Bonaparte da Gorizia si era diretto verso Solkan / Solcano.
Se fosse stato diretto verso la Val Canale, dalla città si sarebbe direttamente avviato verso Cormons attraverso l'unico ponte sull'Isonzo.
Per cui, non ci possono essere dubbi sul fatto che la mia supposizione sia giusta.
Forse un giorno la presenza di Napoleone a Caporetto, a Bovec e a Kluže sarà confermata da fonti scritte fino ad oggi sconosciute.
Vicine alla verità sono le diverse testimonianze popolari e tradizioni familiari conservate fino ad oggi dagli abitanti di Caporetto e Robič.

Il boccale di birra di Saša Vuga

Lo scrittore Saša Vuga ha aggiunto una clamorosa notizia: tra i ricordi di famiglia egli corserva il piccolo boccale di birra in cui i suoi antenati avrebbero offerto da bere a Bonaparte.


Napoleone davanti alla trattoria Kotlar a Caporetto

All'inizio della seconda parte del suo libro «Krtov kralj — Varuh Bonartovega vrčka ali Lojz Urbanc#ič, marsikaj» (pagg, 355 — 356) ha descritto la sosta del generale Napoleone davanti alla trattoria Kotlar a Caporetto (il ristorante è tutt'oggi conosciuto nel circondario per la sua ottima cucina).
L'allora proprietario e sindaco di Caporetto Urbančič lo salutò e gli offrì da bere il vino che il parroco usava per la messa.

Napoleone forse anche a Stupizza

La strada che porta da Gorizia a Caporetto non è così lunga da non permettere a Napoleone di dare un'occhiata anche alle alture intorno a Robič, dove i soldati di Koblos prima di ritirarsi scavarono le trincee per la difesa. Probabilmente, Bonaparte attraversò anche l'intera gola del Natisone fino a Stupizza,. Si sa, infatti, che era molto interessato alla topografia e che non indietreggiava quando si trattava di conoscere postazioni strategiche importanti.

Stessa convinzione anche di Lucijan Vuga

Cerco di avvalorare la mia supposizione con le testimonianze degli abitanti di Robič, sulle quali si basò un altro scrittore con lo stesso cognome di Saša, Lucijan Vuga, nel suo libro Hiša na meji (Una casa sul confine).

Egli annotò i ricordi degli antenati della moglie, proprietari della vecchia trattoria lungo la strada, denominata Pri Olivu o Pri Titu, con negozio e posta, risalente già all'epoca dei patriarchi di Aquileia e un tempo molto conosciuta in tutta la valle dell'Isonzo (il grande edificio oggi è abbandonato).
Lì, Bonaparte avrebbe cenato con il suo comando.
Secondo quanto dice la gente, forse, ha dormito presso lo stesso oste che quattro giorni prima aveva condotto il generale Guieu sotto Kluže.

Molto probabilmente il 27 marzo Bonaparte dormì o a Caporetto o a Robič.

Il giorno dopo arrivò a Plezzo e probabilmente si fermò anche qui.
La cittadina a quell'epoca era molto più importante di come la possiamo vedere noi oggi dopo tutte le guerre e le calamità naturali.
A Kluže senz'ombra di dubbio osservò attentamente la scena della battaglia.
Che ordini diede, quali furono le sue constatazioni nel vedere la scena della battaglia?
Potrebbe essere interessante se li potessimo confrontare con le altre considerazioni su Kluže.
Chiaramente, ciò rimarrà sempre un mistero.
Sorprende invece che nella zona di Plezzo non si trovi nemmeno un ricordo del passaggio del grande condottiero accompagnato dal suo stato maggiore e dalla cavalleria.
Rimane di nuovo solamente la domanda:
perché?

Bonaparte pensa ai futuri confini

Sicuramente Bonaparte, già allora, in quanto stratega militare e diplomatico pensava ai futuri confini, lo interessava in particolar modo la valle dell'Isonzo, vista la sua posizione tra la pianura friulana e i passi alpini.
A questo proposito ci possiamo spiegare la sua visita a Robič, di cui abbiamo testimonianza. Bonaparte sfruttò a proprio vantaggio questa conoscenza nel 1806, quando si trattò di decidere i confini tra l'Impero asburgico e il Regno di Milano.

Nelle istruzioni che diede allora al generale Marmont pretese che egli cercasse il miglior punto di difesa lungo la strada che da Udine portava a Caporetto, alle porte del paese.
La fortezza avrebbe dovuto dominare completamente il nuovo confine, poiché, in seguito alla pace di Bratislava, quello veneziano era stato cambiato in modo tale che del Regno d'Italia ora facevano parte anche il paese di Kred e il Breginjski kot.
Fedja Klavora
traduzione di Ilaria Banchig
da Dom - aprile-maggio 2010
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