Biacis e il suo castello
Un'area da salvare e valorizzare per la storia delle Valli
Intervista a Lorenzo Favia
Da ventanni Lorenzo Favia segue con passione molti aspetti di carattere storico -archeologico e ambientalistico delle Valli del Natisone e del Cividalese.
Recentemente ha posto il suo occhio attento sui resti del castello di Ahrensperg: ecco le sue prime impressioni.
Intervista di Franco Fornasaro
Che cosa si può dire oggi della storia e dei resti di questo castello?
Le rovine del castello di Ahrensperg si trovano (q.200) presso la chiesetta cinquecentesca dei SS. Giacomo e Anna, su un ripiano appena sopra l’abitato di Biacis e in vista del paese di Antro e della grotta di San Giovanni.
Pier Saverio Leicht, storico della prima metà del ‘900, negli Studi di storia friulana
dice che
«... tutti gli sbocchi delle valli alpine ed i guadi dei fiumi ebbero a stabile presidio colonie militari di arimanni, ossia soldati-coltivatori, ad imitazione, pare, dei consimili stanziamenti di militi confinari romani.
Anche le convalli del Natisone ebbero di tali colonie militari e così fu fondato (Arisberg), il castello degli arimanni, nel piano sotto la grotta d’Antro, presso Biacis».
A proposito della leggenda della Regina, assediata nella grotta d’Antro, scrive:
«... Se questa ipotesi fosse vera sarebbe dunque una leggenda franco-longobarda e qual meraviglia che se ne trovino tracce quassù, se ai piedi della grotta sorgeva il castello di Arisberg, dove 1'arimannia longobarda s’era trasformata nel secolo tredicesimo in uno di quei feudi collettivi che si chiamavano in Friuli di (abitanza)...
Intorno al 945 il duca Enrico di Sassonia ricevette in dono dal fratello, l’imperatore Ottone, il ducato del Friuli.
E’ da far risalire a quest’epoca l’insediamento di gente germanica in numerosi castelli del Friuli che da allora assunsero il loro nome tipicamente tedesco.
Si insediarono anche neI fortilizio di Biacis che assunse il nome di Ahrensperg o Ahrensberg.
Da qui doveva partire il segnale che per Gronumbergo, Soffumbergo, Partistagno, Prampero, Ravistagno, Solimbergo e Spilimbergo portava un ordine od un avviso con tanta sicurezza da escludere ogni attentato nemico.
La presenza, nel cuore della Gastaldia di Antro, dei Bavari attesta l’importanza data dall’imperatore al sito come difesa. Il castello probabilmente doveva coprire il ponte di Ponteacco.
Le prime notizie di questo castello, come esistente, datano 1251: un documento di tale anno riporta
«quod castrum Ahrensperg debeat pertineri
D. Patriarche»
.
Un altro, edito dal feudatario di Prampero, datato 18 agosto 1274, dice:
«Expugnavit castrum novum apud Ahrensperg».
Si può dedurre che questo terzo castello era stato elevato non molto prima di quel 1274 in prossimità del più antico fortilizio di Ahrensperg.
Altre indicazioni lo vogliono assediato nel 1306 dal Conte di Gorizia e distrutto per ordine del Patriarca nel 1364.
Girolamo da Porcia, neI 1567, ricorda i ruderi di questo castello sotto Antro e la torre che era ancora usata come carcere.
Lo storico Michele Leicht nel 1911, nella sua storia La Gastaldia d’Antro, descrive i resti di Ahrensberg, allora maggiormente visibili di oggi in quanto negli ultimi decenni il sito ha subito un notevole degrado e versa in stato di abbandono, nascosto dalla vegetazione.
Il mastio, pentagonale, aveva base rettilinea di 21 metri, una smussatura d’angolo di 5, un’altra fronte a monte di 6 e due lati di 10.
All’epoca le muraglie affioravano di poco dal suolo e misuravano un metro di spessore.
Due torri rettangolari di 4 metri per 5, oggi non visibili, si scorgevano addossate a metà circa del muro di 10 metri nella corte del mastio.
Una di esse si elevava per non più di 3 metri, mentre dell’altra si intravvedeva appena la base.
A nord, verso la montagna e all’esterno, si elevava una torre quadrata di 4 metri per lato e 14 d’altezza.
Ad oggi quest’ultima è ancora visibile anche se ha perso un po’ della sua levatura (misura circa 8 metri).
Nel 1929, in occasione dei lavori per la costruzione di una strada, essa fu consolidata con interventi in cemento, ancora visibile su uno dei suoi lati l'iincisione di una data: 1411.
La chiesetta dei santi Giacomo e Anna
La chiesetta dedicata ai Santi Giacomo e Anna è, invece, una costruzione del primo Cinquecento, eretta dentro quello che era stato il perimetro castellano e forse al posto di una cappella assai più antica.
Il Miotti ritiene che sia l’edificio sacro, sia alcune fra le più vecchie case di Biacis siano state costruite con le pietre del castello diroccato.
Parte delle pietre sono anche state usate per costruire la ferrovia dell’Italcementi che collegava la tramoggia di Biacis allo stabilimento di Cividale.
Parallelamente alla cappella corre una muraglia, alta un metro circa e dello spessore di quasi 80 centimetri, che prosegue fino alla torre seguendo l’andamento a semicerchio del pendio.
L’autore cita la presenza delle fondamenta di una torre circolare, lungo la salita che conduce alla chiesa, ma attualmente non vi è un riscontro visivo che supporti le sue parole.
Si può dire lo stesso per un altra torre che il Miotti indica essere situata ad una ventina di metri dalla chiesa a ponente e ridotta ad un cumulo di macerie.
E la famosa lastra di Biacis?
Il portico della chiesa custodisce la cosiddetta lastra di Biacis, di grande importanza storico-culturale poiché derivante dalla tradizione longobarda delle pietre del giudizio; è stata eretta a simbolo dell’ordinamento amministrativo e giudiziario in uso nella Slavia fino all’Ottocento.
I collegi giudicanti erano denominati banche, dal longobardo Panka - panche di pietra intorno alle quali si sedevano il gastaldo e i 12 giudici che, dopo aver prestato giuramento, emettevano i giudizi
(v. sentenza assolutoria in una causa di omicidio, Antro, 10 ottobre 1401, collezione Joppi:
” ... Si raccolsero, come al solito, nella pubblica
piazza, sotto il tiglio I giudici e i Decani,
udito per ben tre volte, secondo la consuetudine, il parere degli uomini di Antro, assolsero...”
Banchi o scranni del giudizio si trovano anche in molte località del Trentino, del Nord e Sud Tirolo, della Baviera, della Svevia e dell’Italia settentrionale.
L’abitudine di pronunciare sentenze in un luogo prestabilito, segnato dalla presenza di una pietra o di un albero che, grazie alla sacralità particolare di cui era investito, conferiva vitalità alle decisioni, sembra essere di origine longobarda.
Spesso in questi luoghi venivano posti dei banchi, in pietra o in legno.
Anche nei periodi caratterizzati dai rigidi istituti gerarchici del feudalesimo e della sottomissione contadina, le pietre del giudizio ricordano forme d’egualitarismo e di democrazia partecipativa e testimoniano la permanenza di pari doveri di tutti i membri della comunità.
Del castello, cosa si vede ora?
Attualmente del complesso è visibile solo la torre parzialmente ricoperta da vegetazione e, del castello, sono visibili solo delle tracce al livello del suolo.
Quali sono le proposte di Lorenzo Favia per la valorizzazione del sito archeologico?
Pulizia dell’ area dalla vegetazione, liberando così la struttura della torre sulla quale si potrà intervenire con un restauro di consolidamento.
La pulizia permetterà di procedere anche ad una individuazione precisa dei resti del castello, con la possibilità di poter effettuare dei saggi archeologici mai effettuati su quell’ area (ben conosciuta dai ricercatori clandestini) per poterne, attraverso i reperti, ricostruire la vita quotidiana del castello, importante nell’ antichità e dimenticato oggi da tutti.
In previsione di una fruizione ci sono progetti che prevedono l’allestimento di una ricostruzione ambientale, in grandezza naturale, di un cantiere medievale, che possa illustrare la tipologia costruttiva dei fortilizi permettendo di utilizzare a scopo didattico i ruderi del castello stesso.
Infine, un’adeguata recinzione, per proteggere l’area e un impianto d’illuminazione, una più consona sistemazione della Lastra, senz’altro contribuirebbero alla salvaguardia e alla valorizzazione dell’intero complesso di Ahrensberg.
La Comunità Montana delle Valli del Natisone e il Comune di Pulfero si stanno muovendo in questa direzione viste le opportunità offerte dai progetti Comunitari.
Franco Fornasaro
DOM 2001