Epifania

Le tradizioni del Kries, delle tre Notti Sante e della Novena di Natale
Le Valli del Natisone depositarie di antichissimi riti, ancora sopravissuti
La tradizione antichissima quella che spinge la comunità di Pulfero, ogni anno, da tempo immemorabile, a realizzare i falò nel periodo epifanico.
“Pire - spiega il sindaco Piergiorgio Domenis – che in questa parte del Friuli prendono il nome di ‘kries’ e che un tempo si incendiavano nelle Notti Sante.
È un momento di aggregazione importante per bambini, giovani, adulti, nonni e nonne, che fanno sentire unita la comunità”.
Tra gli altri, nella sera del 6, brucerà quello di Biacis, per organizzazione della locale associazione.

“Quelli che ardono oggi, in questo periodo -
spiega lo storico delle Valli del Natisone, Giorgio Banchig -
sono, in un certo senso, delle copie dei falò tradizionali di un tempo.
Una volta, infatti, non si incendiavano le pire con le motivazioni moderne ma per incensare e purificare i campi.
E anche le case”.

Nel periodo dell’anno in cui le giornate sono più “corte”, cioè con la luce del sole che illumina per meno ore il dì, le comunità raccoglievano stoppie e residui della pulizia di fondi e boschi, poi data alle fiamme in tre Notti Sante:
una era la Vigilia di Natale,
una a Fine Anno
e una coincidente con la Befana-Epifania.
Duplice il significato del fuoco:
illuminare l’anno nel suo momento più buio
e purificare la natura perché fosse “pronta” per la nuova stagione di coltivazione e sfruttamento.

“Sono riti che arrivano dal mondo pagano di un tempo, adattati con i secoli alle nuove tradizioni, usi e culture mutate da cambiamenti e modernità - spiega Banchig -.
Il fuoco era protagonista non solo nei Kries ma anche nei bracieri: si bruciavano erbe aromatiche e odorose nelle abitazioni, passando di stanza in stanza.
Usanze simili si sono mantenute in aree isolate delle Valli del Natisone: quest’anno, ad esempio, la purificazione delle abitazioni è stata fatta a Grimacco.
Un tempo, come anche oggi, per questa particolare cerimonia non era prevista la presenza di un sacerdote: a “officiare” il rito erano gli uomini o le donne patroni di casa”.

Altro capitolo di grande interesse culturale e tradizionale, strettamente connesso alla fede cristiana e alla necessità di vivere aiutandosi l’un l’altro è quello della Novena di Natale.
“Il luogo è sempre la casa, nucleo centrale dei paesi - spiega lo storico -.
Nei 9 giorni precedenti il 25 dicembre, le famiglie pregavano tutte insieme in una abitazione.
Poi, la sera dopo, in una vera e propria processione, passavano in quella a fianco, e così via fino al Natale.
In questi passaggi la donna o l’uomo patroni di casa si consegnavano l’immagine della Madonna e del Bambino Gesù, pronunciando delle formule peculiari e specifiche che sono state raccolte e trascritte negli anni da monsignor Cracina.
Oggi si rintraccia la tradizione, ancora viva, a Grimacco e a Drenchia”.

Tipica, infine, senza tempo, l’usanza legata al consumo, in questo periodo dell’anno, degli “strucchi lessi”, dolci fatti con un impasto elastico e con il ripieno della gubana; pietanza tradizionale da consumarsi subito, in famiglia, in comunità, cui ogni donna-cuoca aggiunge, anche oggi, particolati ingredienti segreti.
Paola Treppo
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