La fine dell'autonomia
Dal 1797 al 1805 le autorità austriache conservarono le antiche istituzioni della Slavia
Abbiamo visto che l’ultima seduta dell’Arengo delle due contrade di «Schiavonia» (=Slavonia o Slovenia) si è tenuta il 2 maggio 1804, sette anni dopo la fine della Repubblica di Venezia e quasi alla fine (1805) del primo periodo di dominazione austriaca sulle valli del Natisone e sul Friuli.
Si è trattato senz’altro di una riunione legittima e riconosciuta come quella del 24 marzo dell’anno precedente in cui furono eletti i due sindaci che dovevano recarsi a Venezia ad ossequiare il commissario plenipotenziario di sua maestà Francesco II, conte di Bissingen.
Si può quindi affermare che l’Austria in questo periodo ha conservato le istituzioni dei suoi nuovi sudditi sloveni, i quali però, gelosi delle proprie istituzioni e dei propri privilegi, si erano rivolti alle nuove autorità perché fosse loro conservata l’autonomia giudiziaria ed amministrativa come avevano fatto più volte sotto il dominio della Serenissima di fronte ai ripetuti tentativi di Cividale di porre fine a questa anomalia istituzionale.
E l’Austria, contrariamente a quello che gli storici ed anche le recenti ricerche su questo periodo affermano, assecondò ufficialmente le richieste degli sloveni del Natisone e conservò le loro istituzioni autonome.
E questo quanto emerge da un documento di ben 14 pagine conservato nell’archivio comunale di San Pietro al Natisone e scoperto dal sindaco Firmino Maronig.
Si tratta di una missiva sottoscritta dai «deputati» e dagli «agenti» comunali di San Pietro, San Leonardo, Savogna, Tarcetta, Rodda, Stregna, Grimacco e Drenchia e inviata il 10 aprile 1850 «All’Eccelso I. R Governatore Civile Militare e Luogotenente del Regno-Lombardo Veneto Co. Radetzky in Verona» e «All’Eccelso I. R. Consiglio dei Ministri dell’Impero Austriaco in Vienna» quale «Umile ricorso degli abitanti Slavi del Distretto XIV0 di San Pietro dei Slavi della Provincia del Friuli, perché sia loro accordato nella prossima organizzazione giudiziaria del Regno Lombardo-Veneto:
I° Una Giudicatura propria e locale di prima istanza.
II° impiegati e addetti alla medesima che conoscano, oltre l’Italiano, la lingua slava».
Sui contenuti e i toni di questa richiesta, che smentisce chiaramente tutte le teorie sull’estraneità della lingua slovena locale dall’ufficialità politico-amministrativa e giudiziaria delle valli del Natisone, avremo modo di tornare in seguito.
Quello che a noi interessa in questo contesto è la citazione dei documenti con i quali le autorità austriache hanno confermato la particolare autonomia delle valli del Natisone.
Sì, anche esse erano a conoscenza della specialità, diremmo oggi, di questa comunità e l’hanno ribadita in più occasioni, che gli stessi aniministratori degli otto Comuni ricordano nel documento inviato a Radetzky e al governo imperiale di Vienna.
«Caduta la Veneta Repubblica e sovvenuta l’occupazione Francese nel 1797, ― scrivono i nostri amnumstratori ― la Schiavonia, con pari ingiustizia che danno, venne aggregata alla Municipalità di Cividale, ma pell’amministrazione della Giustizia civile e criminale furono eretti due Tribunali di prima Istanza pei villaggi che componevano il Canale di San Pietro dei Slavi, l’uno Civile e l’altro Criminale, e due altri pei villaggi che formano il Canale di S. Leonardo, che è quanto si dicesse uno pella Convalle d’Antro, l’altro pella Convalle di Merso».
Questo fu stabilito. dal «Decreto del Governo Centrale del Friuli 22 luglio 1797».
I francesi, quindi, avevano accorpato l’amministrazione civile, mentre avevano istituito due tribunali al posto delle due banche giudiziarie.
«Dileguatasi la brevissima prepotenza francese ― scrivono ancora i “deputati” delle valli del Natisone ― e passato il Friuli come ogni altra Provincia Veneta sotto la dominazione dell’Augusta Casa d’Austria, anche la fedele Schiavonia ebbe la felice sorte di esservi aggregata, e coi principii di giustizia ed integrità propri del Governo Austriaco, il Medesimo, riconoscendo la ragione e il diritto e riparando all’altrui dispotismo, è disceso a reintegìare i popoli della Schiavonia sopra Cividale del Friuli denominati Convalli d’Antro e Merso, assentendo che i medesimi continuino a godere degli antichi loro privilegi ed esenzioni, e di conservarli nella loro giurisdizione civile e criminale, politica ed amministrativa com’era in pratica al 1. Gennajo 1796».
A riprova della loro affermazione gli amministratori delle valli ricordano tre documenti emanati dalle autorità imperiali residenti a Venezia nel corso del primo periodo di dominazione austriaca:
«Decreto 28. luglio 1798. dell’I. R. Governo Generale di Venezia di approvazione del Giudice eletto pel Comune o Convalle di Merso.
Decreto 5. Giugno 1799 del medesimo di riconoscimento e conservazione di tutti gli antichi privilegi, esenzioni e giurisdizioni delle due Convalli d’Antro e Merso, in cui si osserva come l’Arringo della Schiavonia è considerato Corpo separato ed indipendente dalla Città di Cividale del Friuli in vigore dei suoi privilegi.
Decreto 18. Xbre 1800 del medesimo dichiarativo».
Dalla sola enunciazione dei titoli di questi decreti emerge che dal 1797 al 1805 l’autonomia amministrativa e giudiziaria era stata conservata nei suoi tratti essenziali e che ancora in quel periodo i giudici venivano eletti come ai tempi della Repubblica di Venezia.
da DOM