Il luogo
Veduta della Valle del Natisone
Le ere remote plasmarono le convalli del Natisone nella loro attuale forma di ventaglio, che si apre dalla confluenza del Natisone con l’Erbezzo e l’Alberone verso le alture prealpine.
Le valli emersero dalle acque circa 4050 milioni di anni fa, scoprendo calcari compatti, pietre piasentine, e calcari marnosi.
Racchiusi fra gli strati rocciosi, testimoniano gli eventi geologici i fossili di cui è ricca la zona della cava di Vernasso.
I1 deposito fossilifero ha messo in luce elementi della flora, parti di conifere e graminacee, molluschi e piccoli pesci fossili.
I dorsali dei monti degradano convergendo verso l’area pianeggiante di San Pietro chiudendola ad est e ad ovest. La piana degrada quindi per successivi terrazzi verso la forra del Natisone e quella dell’Erbezzo nel suo ultimo tratto.
Il dorsale che scende dal Matajur ― la montagna più elevata, carica di simboli ― al Glevizza, al monte San Giorgio e giù fino al Barda, rappresenta un primo diaframma fra la valle del Natisone e quella del1’Aborna.
Un secondo diaframma montuoso, più lungo, è quello che dal Cucco, dallo Scarie e dal San Martino scende fino alla Vainizza: esso divide la valle dell’Alberone da quella del Cosizza.
Un terzo dorsale scende dal Colourat al Cum e al Sant’Andrea fino a Merso di Sopra.
La valle dell'Alberone e il Matajur4
Il complesso è chiuso sulla destra del Natisone dal dorsale che va dal monte Mia, a Sant’Andrea di Erbezzo, al Joanaz e quindi al Mladesena ed al Monte dei Bovi.
Sulla sinistra stringe le Valli del Natisone il dorsale che dal Cum tocca il monte San Nicolò, il monte Spich, Castelmonte e il monte di Purgessimo o Carcos.
A nordest le vallate sono sbarrate dal monte Mia, dal Matajur e dal Colovrat.
L’unica via di comunicazione con la valle dell’Isonzo, praticabile a carriaggi e poi a mezzi motorizzati, fu a lungo quella di Stupizza lungo la valle del Natisone.
La piana è divisa in due dallo sperone di Azzida.
La parte bassa si allunga restringendosi verso la valle dell’Erbezzo: era un tempo soggetta a frequenti alluvioni.
Nella zona di Cemur si formò un giacirnento di argilla.
Lungo il Natisone, presso il mulino ormai abbandonato di San Quirino (che è il nome storico del borgo a sud di San Pietro), la forra si distacca dal fiume trasformandosi in un forte pendio, lasciando fra essa e il fiume un’ampia pianura, la Rauna.
La pianura si riapre a nord verso Biarzo.
Il Natisone a sua volta divide in due la piana, lasciandone una parte sulla sua destra attorno a Vernasso.
La forra del Natisone dal ponte di San Quirino
La valle si chiude definitivamente appena a nord di Loch.
Mentre la parte montana è caratterizzata da rilievi ondulati, appena segnati da pendii rocciosi, la valle del Natisone presenta pendii scoscesi, che nella parte settentrionale scendono dal monte Mia e dal Matajur.
La piana del Natisone e la forra caratterizzano invece la parte meridionale.
Il territorio, nelle vicende più remote, grazie alla posizione relativamente isolata e tranquilla, alla facilità di protezione per gli abitanti e soprattutto alle felici condizioni ambientali, alla ricchezza delle acque ed alla densa vegetazione, richiamò le antiche popolazioni preistoriche.
Le condizioni ambientali favorirono le attivitã produttive.
La cava di Vernasso
Per contro, rappresentando una porta obbligata per la valle dell’Isonzo, le Valli del Natisone ebbero una funzione strategica importantissima fin dai tempi più antichi.
Paolo Petricig