Un Patriarcato per tre popoli
Le relazioni di Menis e Cevc sui rapporti tra Friuli, Slovenia e Carinzia ai Benerčanski kulturni dnevi
La relazione di mons. Giancarlo Menis
«C’è un unico luogo nel nostro continente dove le tre culture che hanno formato l’Europa si incontrano: le Alpi Orientali.
Qui nel corso di 14 secoli le popolazioni di Friuli, Slovenia e Carinzia hanno saputo realizzare forme di incontro e di collaborazione prefigurando l’Europa che oggi noi tutti sogniamo».
Con questa ampia visione europeistica, che affonda nelle radici della storia di friulani, sloveni e tedeschi in questo angolo tra l’Adriatico e le Alpi, il prof. Mons. Giancarlo Menis, storico e direttore del Centro regionale di catalogazione e restauro, ha iniziato la sua relazione alla serata inaugurale del 18. ciclo degli incontri culturali «Bene#anski kulturni dnevi».
Un folto pubblico, che non si registrava da tempo in simili manifestazioni, ha seguito con attenzione il 23 ottobre scorso nella sala comunale di San Pietro, sia la relazione del prof. Menis sul Patriarcato di Aquileia che quella del prof. Emilijan Cevc, storico dell’arte e membro dell’Accademia di Lubiana, sui rapporti in campo artistico tra Friuli e Slovenia.
Mons. Menis ha ripercorso le tappe storiche ed ha illustrato i punti che queste tre regioni hanno in comune sotto l’aspetto ambientale e storico respingendo con fermezza le tesi nazionalistiche che hanno considerato il Friuli solo come un campo di battaglia contro le pressioni slave e germaniche.
Contro queste tesi mons. Menis ha opposto «numerosi fenomeni di segno opposto.
Le popolazioni delle tre regioni - ha affermato - seppero esprimere in ogni tempo insospettabili energie di collaborazione e di pacifica convivenza.
Il fattore che agi più a lungo in quest’area fu il Patriarcato di Aquileia che per secoli tenne uniti i tre popoli in un unico organismo statuale ed ecclesiale».
Questo «comune strato culturale di matrice cristiana» si è evidenziata in numerose manifestazioni sia nella vita civile che religiosa.
Basti ricordare l’opera di evangelizzazione partita da Aquileia e che fu portata avanti nel segno della tolleranza e del rispetto delle culture, la particolare liturgia diversa da quella romana, il comune culto dei martiri aquileiesi, i santuari frequentati dai tre popoli, le confraternite, i mercati e le fiere, l’arte popolare e dotta che non ha conosciuto confini, la musica e il canto popolare.....
«In questo clima nel medio evo - ha sostenuto mons. Menis - i friulani al di qua delle Alpi, sloveni e tedeschi al di là, hanno avuto la possibilità di sviluppare le proprie particolarità etniche, consolidare la propria cultura ed esprimere quel fondamentale sentire di un popolo racchiuso nella propria lingua.
In questo modo è spiegabile la presenza in Friuli di alcune isole linguistiche tedesche a Sauris, Timau, Tarvisio e Sappada, e slovene nella Val Canale, Resia, valli del Torre e del Natisone».
Il Patriarcato di Aquileia, ha concluso il prof. Menis, è stato abolito nel 1751.
Di esso è rimasta una grande eredità che non solo non va dimenticata ma deve costituire un preciso «progetto politico per il futuro».
L relazione del prof. Emilijan Cevc
Tracciato questo quadro generale è risultato facile al prof. Emilijan Cevc presentare la figura e l’opera di Andrea di Škofja Loka e di altri artisti sloveni che tra il 15. e 16. secolo operarono nella valle dell’Isonzo, nelle valli del Natisone fino a raggiungere la pianura friulana.
A facilitare i contatti tra le due aree congiunte dalle Alpi è stata la «slovenska pot» (strada slovena) che attraverso i valichi alpini raggiungeva Škofja Loka e che
«nel medio evo divenne un’arteria viva e pulsante tra Slovenia e Friuli contribuendo a creare un saldo legame culturale tra le due regioni».
Dal punto di vista stilistico le espressioni artistiche che si sono sviluppate in quest’area appartengono, secondo il prof. Cevc,
«ad un’arte periferica, popolaresca ma molto bene caratterizzata ed individuata.
I maestri crearono quelle opere con lo stesso impegno e la forza dei grandi artisti».
Le radici dell’architettura delle chiese della Slavia Friulana edificate in quest’epoca vanno ricercate nelle chiese di Kranj e di Škofja Loka ed anche oltre nella cattedrale di san Vito a Praga.
L’arco gotico, la volta a stella, gli incroci dei costoloni ornati da chiavi figurative, le mensole pure figurative sono le caratteristiche comuni di questa architettura.
Uno dei maggiori rappresentanti di questa scuola fu il mastro costruttore Andrea di Škofja Loka, del quale il prof. Cevc ha tracciato il fecondo itinerario artistico a partire dalla chiesa di Sedlo e Volarje (del 1475, la prima opera datata e firmata).
Probabilmente fu il vicario di San Pietro, Klement Naistot, pure lui di Škof]a Loka, il mecenate e lo «sponsor» di Andrea nella valle del Natisone.
Qui egli costruì con mirabile intuito ed eleganza la chiesa nella grotta di san Giovanni d’Antro e la chiesa di Brischis, ora distrutta.
Nello stesso anno costruì anche la chiesa di Porzùs.
Le orme di Andrea si perdono negli anni ‘80 a Ponikve sulla Šentviška planota nella vicina Slovenia.
Alla scuola di Škofja Loka appartengono altre chiese della Slavia:
san Bartolomeo di Vernasso, Clenia, Codermaz, Tiglio, Centa, Cravero, s. Ulderico di Rodda, s. Pietro di Faedis.
Altri artisti sloveni operarono in quest’epoca nelle valli del Natisone e nelle zone limitrofe:
Martin Petric (?) che nel 1493 costruì la chiesa di s. Quirino a San Pietro,
Lucas quella di s. Silvestro a Merso di sotto,
Gaspare di Tolmino quella di Ciubiz e probabilmente la vecchia parrocchiale di San Pietro.
da DOM n.19 - 1992