I renitenti alla leva delle Valli ai tempi dell'Impero austro-ungarico
Sotto la repubblica di Venezia gli sloveni delle Valli del Natisone, oltre a godere di un’ampia autonomia amministrativa e giudiziaria, erano esenti dalla prestazione di alcuni obblighi nei confronti della Serenissima e della Patria del Friuli, compreso il servizio militare.
Avevano però l’obbligo di sorvegliare i cinque passi che portavano nelle valli dell’Isonzo e del Judrio: Pulfero, Luico, Clabuzzaro, Clinaz e San Nicolò.
Per questo servizio erano mobilitati duecento uomini che, divisi in turni e armati di schioppo, facevano la guardia per impedire arrivi indesiderati e, in tempo di epidemie, rimandare indietro chi era incamminato verso il territorio veneto.
Questo collaudato e tranquillo sistema di autonomia fu sconvolto dal governo napoleonico, che abolì le vicinie, gli arenghi e le banche giudiziarie, istituì i comuni e i tribunali; impose tasse, contribuzioni e obblighi vari.
E istituì la leva obbligatoria.
Un provvedimento che sconvolse la vita dei giovani, obbligati a recarsi in regioni sconosciute, il più delle volte senza conoscere la lingua del posto; ma costituì anche delle famiglie che venivano private delle braccia necessarie per i lavori dei campi.
Con il regolamento emanato nel 1807 per tutto il regno italico, l’aliquota di leva nel dipartimento di Passariano era ripartita tra i vari comuni in rapporto alla popolazione.
La ferma interessava i giovani dai 20 ai 25 anni e durava dai quattro ai sei anni. Nonostante le pene previste, numerosissimi erano i disertori e i renitenti alla leva, specialmente nel mondo contadino. Il fenomeno era presente anche nelle Valli del Natisone.
Ne fanno fede le numerose circolari indirizzate a sindaci e parroci da parte del prefetto di Passariano e del viceprefetto del Natisone perché esortassero i giovani a rispondere con entusiasmo alla chiamata alle armi; ai renitenti (chiamati refrattari) e ai disertori venivano concessi periodi di «ravvedimento» per poter rientrare impunemente o con pene leggere nei reparti.
I giovani si davano alla macchia e girovagavano a gruppi per le montagne, inseguiti dai gendarmi austriaci, oppure emigravano in Austria, Ungheria, Germania, dove rimasero fino alla fine dell’epoca napoleonica.
La speranza di tornare alle vecchie autonomie e ai privilegi, compresa l’esenzione del servizio militare, fu ben presto delusa dal nuovo governo austriaco, che il 7 aprile 1815 istituì il Regno Lombardo - Veneto, al quale nel 1816 venne annesso anche il distretto di Cividale, che in un primo momento doveva far parte del nuovo Regno d’Illiria, ricavato, con decreto del 3 agosto 1816, dalle ex Province Illiriche.
Le nuove autorità austriache mantennero il servizio militare, che obbligava i giovani della Benecia ad assenze dalla famiglia, ancora più lunghe di quelle previste dal regime napoleonico.
La ferma, che scattava al compimento del 20° anno d’età, si protraeva per ben otto anni, ma ogni coscritto, pagando una notevole somma, poteva farsi sostituire da un supplente e, dopo il 1848, si doveva sborsare una forte tassa. Potevano essere esonerati gli impiegati dello Stato, gli insegnanti, gli ecclesiastici, parte degli studenti dei seminari.
Dopo un congruo periodo di addestramento, i soldati erano destinati a sedi anche molto lontane, quali Buda, Praga, Vienna e non tornavano a casa se non dopo lunghissimi mesi.
Da qui si capisce che, chi poteva, si cercava un «supplente», ma date le precarie condizioni economiche della Slavia, ben pochi potevano permettersi questo lusso. I più, a malavoglia o meno, prendevano la strada delle caserme, altri, invece, si davano alla macchia o emigravano oltre le Alpi.
Un nostro affezionato lettore di Travesio (Pn), Roberto Moschion, ha scoperto nel municipio del suo comune alcuni «prospetti» a stampa dei «coscritti giudicati refrattarj alla leva 1815. 1816. e 1819 della provincia del Friuli».
In esso vengono riportati i nomi e i cognomi (a volte anche i soprannomi) dei coscritti, data e luogo di nascita, domicilio, professione, nomi dei genitori, distretto e comune di appartrenenza, giorno di destinazione al contingente, indicazione del luogo «ove s’attrova dietro le notizie avute» (per le Valli non c’è alcuna di queste segnalazioni) e perfino la descrizione dei «contrassegni» personali: capelli, fronte, ciglia, occhi, naso, bocca, mento, viso.
I renitenti alla leva delle Valli ai tempi dell'Impero austro-ungarico
Nel distretto di San Pietro al Natisone, che faceva parte della Provincia del Friuli inserita nel Regno Lombardo - Veneto, furono 61 i coscritti giudicati «refrattari», cioé renitenti alla leva negli anni 1815, 1816 e 1819.
Il fenomeno era molto più frequente nei comuni della ex Banca di Antro (Tarcetta, Rodda, San Pietro e Savogna), dove i renitenti erano complessivamente 52; meno presente era, invece, sul territorio della ex Banca di Merso (S. Leonardo, Grimacco, Drenchia e Stregna), dove non è stato registrato nessun renitente. Vediamo, comune per comune, i nominativi di questi giovani, che preferivano darsi alla macchia o emigrare, piuttosto che passare ben otto anni lontani da casa, in regioni sconosciute, a servire uno Stato che nella propria piccola «patria» appariva ostile anche perché non aveva ripristinato i privilegi e le esenzioni che essa godeva sotto la Repubblica di Venezia.
Il primato dei renitenti appartiene al comune di Rodda:
ben 18 dei 61 «refrattari» della Slavia si eclissavano dai ridenti paesi sparsi sulle falde del Matajur sul versante sinistro del Natisone.
L’elenco si apre con Antonio Juretigh (i cognomi vengono trascritti come riportati dal documento) e Domenis Mattia di Rodda, seguono Antonio Marseu di Mersino, Blasutig Giovanni (detto Breat), Antonio Buttera, Bortolo Oriecuja, Antonio Marseu, Giacomo Simaz, Valentino Clavora, Filippo Juretigh, Mattia Manzin, Giuseppe Morielaz, Giovanni Manzin (detto Coredgnach), Antonio Clavora, Filippo Ursigh e Valentino Oriecuja tutti di Rodda, Matteo Crucil di Mersino e ancora Valentino Oriecuja di Rodda.
Secondi in classifica troviamo i comuni di Savogna e San Pietro degli Slavi con 12 renitenti ciascuno.
San Pietro:
Giovanni Birtigh (detto Chuchier) di Vernasso, Giuseppe Tropina (detto Vanielich) di Azzida, Bortolo Jussigh di Azzida, Stefano Venturino di Azzida, Giuseppe Podrecca (detto Chis) di S. Pietro, Giuseppe Libuz di Azzida, Antonio Gosgnach di S. Pietro, Mattia Dorbolò di Vernasso, Giacomo Cumer di Azzida, Giovanni Carlig di Altavizza, Lorenzo Menich di Azzida, Giovanni Venturino di Azzida.
Comune di Savogna:
Giovanni Martinigh di Cepletischis, Giuseppe Loszach di Tercimonte, Stefano Blasutigh di Savogna, Simone Cendon di Masseris, Pietro Franz di Gabrovizza, Giuseppe Jellina di Jellina, Andrea Massera di Masseris, Valentino Petricih di Cepletischis, Filippo Petricich di Tercimonte, Valentino Periovizza di Savogna, Giuseppe Periovizza di Savogna, Mattia Gosgnac di Montemaggiore,
I «refrattari» del comune di Tarcetta erano 10:
Bortolo Banchig di tarcetta, Giacomo Succaglia di Biacis, Valentino Floram di Pegliano, Giovanni Gujon di Erbezzo, Stefano Gujon di Erbezzo, Antonio Urbancigh di Tarcetta, Mattia Plata di Lasiz, Antonio Banchigh di Tarcetta, Stefano Spagnut di Biacis, Stefano Clignon di Lasiz.
Un numero decisamente inferiore dei renitenti è stato registrato nei comuni delle «Rečanske doline».
Del tutto assenti erano nel comune di Stregna.
Cinque furono registrati nel comune di Grimacco:
Matteo Sdrauligh, Tommaso Vogrigh e Andrea Loszach di Grimacco, Antonio Vogrigh di Plataz, Giuseppe Gus di Lombaj. A Drenchia ce n’era 3: Giovanni Crainich, Andrea Jurman e Antonio Tomasetigh.
Infine, l’unico giovane che si era dato alla macchia nel comune di San Leonardo era Stefano Briz, proprio di San Leonardo.
Un fenomeno inverso si verificò nel corso del XVIII secolo, quando approdarono nelle Valli del Natisone circa 220 giovani sloveni della Valle dell’Isonzo e dalla Šentviška planota che erano sfuggiti alla leva resa obbligatoria nell’Impero austro - ungarico.
Molti di essi trovarono lavoro come braccianti nei mulini e presso le famiglie contadine della Benecia, si sposarono innestando così nei paesi della Slavia tipici cognomi sloveni «a parte Imperii».
Tra questi ricordiamo:
Droli, Qualla, Struchil, Leban, Fon, Reiz, Uran, Saccù, Ursig, Crast, Moderian, Gorenszach. Cornelio, Pagon, Crisnaro, Zufferli, Mlinz, Zuiz, Suber, Blasetig, Iaculin, Ieroncig, Beuzer, Garbaz, Quos, Visin, Pippa, Obit, Gollia, Medvescig, Stanig, Sidar, Sauli .
(cfr. B. Zuanella, La Schiavonia Veneta: ottimo rifugio per disertori e renitenti alla leva,
«Dom» 10/89 - 22/90).
Giorgio Banchig
DOM 15-05-2006 31-05-2006