Intervento del consigliere Roberto Novelli
al Consiglio comunale di Cividale del Friuli
del 9 gennaio 2012
Questo dibattito ci offre l’occasione per affrontare con senso strategico la questione della qualità dei rapporti della nostra Città con il suo naturale entroterra in una prospettiva di respiro europeo nel comune e sinergico interesse di Cividale e delle stesse valli del Natisone.
Nessuno contesterà la solidità degli storici rapporti sociali ed economici tra queste due entità ma nessuno potrà nemmeno negare l’evidente diversità culturale e linguistica esistente tra queste due distinte componenti della stessa Nazione italiana.
Il riferimento all’Europa porta necessariamente a chiamare in causa il concetto di sussidiarietà.
Il punto di partenza dal quale muove tale principio sta nella constatazione che la società risulta composta dagli individui, dalle famiglie, dagli ambienti di lavoro, dai vari gruppi di appartenenza, dai Comuni, dalle Province e Regioni. Ciascuna di queste componenti ha una propria ragion d’essere e deve funzionare in modo corretto e coerente, per quanto le compete, affinché la società intera ne possa beneficiare.
Tale principio esalta quindi quelli che potremmo definire i “corpi intermedi” e cioè quei corpi sociali o quelle “formazioni sociali” che si trovano tra il singolo e lo Stato.
Una prima formulazione del principio di “sussidiarietà” ,risale alla dottrina sociale della Chiesa e più precisamente all’enciclica Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI: “come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento nella società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium) le membra del corpo sociale non già di distruggerle e assorbirle.”
Avendo chiara l’origine del concetto ed attualizzandolo, si capisce come quel principio, nell’attuale contesto, affermi che le decisioni vadano prese il più vicino possibile al cittadino per poter soddisfare al meglio i suoi bisogni. Considerando l’evoluzione del sistema internazionale, sempre più “umanocentrico” e cioè che pone al centro della sua attenzione l’individuo, è necessario e doveroso che le Istituzioni operino in funzione dei specifici e diversificati bisogni delle persone.
La “sussidiarietà” implica, quindi, l’intervento compensativo e ausiliario degli organismi sociali più vasti (come lo Stato e/o le altre Istituzioni) a favore dei singoli e dei gruppi sociali più ristretti e non la loro sostituzione dai livelli “superiori”.
Questo principio “etico” non è rimasto circoscritto nella sfera della dottrina sociale della Chiesa ma si è progressivamente esteso anche ad altri ambiti, come quello della scienza giuridica fino a diventare, più vicino a noi, principio cardine della costruzione dell’Unione Europea. In effetti, il Trattato di Maastricht del 1992 recita nel suo Preambolo: “… portare avanti un processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini conformemente al principio di sussidiarietà.”........ (l’essere gli Slavi delle Valli una “formazione sociale” a se, giustifica la loro distinzione da Cividale) ......
Questo principio è, infine, entrato a far parte (dal Papa all' Europa) anche dell’ordinamento giuridico italiano con l’art. 118 della Costituzione che cosi recita: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” In altri termini, le diverse istituzioni, nazionali come sopranazionali, devono tendere a creare le condizioni che permettano alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività: un’entità di livello superiore non deve agire in situazioni nelle quali l’entità di livello inferiore è in grado di agire per proprio conto.
Si può, quindi, dire che il principio di sussidiarietà tende alla realizzazione del bene comune, alla partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale, politica ed economica della comunità locale, valorizza la pluralità degli apporti e, trovandosi gli attori sociali vicini alle esigenze concrete della comunità, stimola la ricerca di modi di intervento sempre più efficaci. (Sindaci)
E’ in virtù di questo principio che le Riforme ed il Cambiamento di cui necessita la nostra società a tutti i livelli, possono nascere solo dal basso, partendo proprio dalle piccole comunità locali attraverso la definizione di interventi che incidono sulla realtà sociale a loro più vicina, allargandosi poi ad ambiti sempre più vasti. (individuare che tipo di collaborazione con Cividale, ecc …)
E’ in questa logica che va affrontata la questione all’ordine del giorno.
Ma per farlo correttamente e compiutamente è necessario richiamarci ad un altro concetto fondamentale - di livello costituzionale, questo - che è quello di “formazione sociale” .
Va ricordato che la Costituzione italiana è dominata da un principio dal quale derivano la sua organicità e la sua architettura. E’ quello affermato esplicitamente nell’articolo 2 che è così formulato: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità .............e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale.”
Da quest’articolo si evince come la personalità umana si sviluppa attraverso l’appartenenza organica a successive comunità sociali nelle quali essa è inserita ed attraverso le quali essa ordinatamente si perfeziona. Nello stesso articolo 2 viene, inoltre, affermata l’anteriorità e la finalità che la persona umana possiede rispetto alla società ed allo Stato. L’ordinamento giuridico presuppone ordinamenti anteriori - i diritti inviolabili dell’uomo - che esso deve garantire e promuovere. (la “formazione sociale” esiste prima della Provincia, della Regione, ecc …)
Lo Stato non è, quindi, il “creatore” di questi diritti che sono preesistenti ad ogni legge positiva perché si radicano nella natura stessa della persona
L’ Uomo è quindi titolare di una serie di “status”, cioè di qualità giuridiche, dai quali derivano specifici diritti soggettivi, sia per il fatto di essere un individuo che vive e opera nella società civile sia per il fatto di essere inserito nel sistema organico delle “formazioni sociali” (famiglia, comunità di lavoro, confessione religiosa, comunità linguistica).
La Costituzione italiana vuole anche che si operi in termini di democrazia sostanziale e cioè di effettiva partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica economica e sociale del Paese. Si tratta quindi di garantire alle “formazioni sociali” - ( in ordine al pieno sviluppo della personalità dell’uomo) - un’autentica autonomia.
L’articolo 5 recita: ”La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali“. Le “autonomie locali” esistono con dignità propria e non concessa e come tali sono titolari di una garanzia costituzionale.
Oltre alle “autonomie locali” esistono anche “autonomie sociali” che si caratterizzano per ragioni storiche, culturali, economiche, professionali, etniche, ecc … . Esse sono quei gruppi intermedi che si collocano tra individuo e società.Questo principio del "pluralismo” delle autonomie - locali e sociali - esige di essere calato nella concreta organizzazione politica ed amministrativa dello Stato.
Il terzo inciso dell’articolo 5, recita: “La Repubblica … adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. Va subito rilevata la distinzione tra il concetto di “autonomia” e quello di “decentramento”. Il decentramento: attiene esclusivamente ad una razionale organizzazione dei servizi dell’apparato dello Stato e riserva il potere di guida e decisione ai soli organi centrali; l’autonomia, invece, riguarda il riconoscimento alle diverse “formazioni sociali” di determinate funzioni che lo Stato “trasferisce” alle stesse.
In questa prospettiva, lo Stato deve praticare un pluralismo sostanziale basato, non solo sul riconoscimento a tutte le “formazioni sociali” della titolarità del diritto a svolgere determinate funzioni che incarnano i principi della loro specificità; ma questo pluralismo deve anche basarsi sulla messa a punto degli strumenti normativi e finanziari che rendono operativo tale diritto.
Applicate alla situazione in esame, queste riflessioni possono essere così riassunte: ”non faccia lo Stato quello che meglio può fare la Regione, non facciano altri (Regione e Provincia) quello che meglio potrebbe fare l’Unione dei Comuni delle valli del Natisone o della Slavia friulana o della Schiavonia veneta, con propri rappresentanti e per questo più responsabili nei confronti della comunità e più attenti alle sue reali esigenze !!!!!!!!
Per affrontare correttamente la questione del futuro istituzionale di questa parte importante del nostro territorio - che ha anche evidenti collegamenti di carattere internazionale - non va, inoltre, dimenticata la Storia.
In questo contesto il riferimento obbligato è l’avvocato Carlo Podrecca ed i suoi scritti sulla straordinaria epopea di autogoverno della Slavia, ampiamente documentata da Carlo Podrecca nella sua “Slavia Italiana” del 1884.
In questa sede mi limiterò ad alcune sintetiche citazioni che sono però sufficienti ad indicare che la capacità d’autogoverno del popolo della Slavia sta nel suo D.N.A. e viene, ai giorni nostri, troppo spesso sottovalutata.
E’ proprio il Podrecca ad indicare che la "Schiavonia, isolata per monti e torrenti dai contermini Stati, “ab immemorabili” faceva una specie di Stato a sé” ed era considerata sia dal Patriarcato di Aquileia (dal 3 aprile 1077 - con l’investitura feudale - al 1420) che dalla Repubblica di Venezia (da 1420 al 1751) “una nazione diversa e separata dal Friuli." In realtà, il primo documento che fa specificamente riferimento ad un trattamento differenziato “delle Convalli
di Antro e Merso della Schiavonia” risulta essere una “Ducale” della Serenissima Repubblica di Venezia del 26 settembre 1492.
Continua il Podrecca: “Dai suddetti documenti emerge che il popolo della Schiavonia aveva saputo crearsi un governo proprio, democratico e parlamentare, che deliberava nei suoi Arrenghi intorno a tutti gli interessi amministrativi, economici, politici e giudiziari della regione, che fino all’ultimo diede saggio di forte organamento, di sapienza civile e che è degno di figurare nella storia gloriosa dei Comuni Italiani.” Una “storia gloriosa” che si conclude con la fine della Repubblica veneta e non viene riproposta dai successivi dominatori di queste terre e di queste popolazioni: dalla Casa d’Asburgo a Napoleone, dal Regno d’Italia alla Repubblica “nata dalla Resistenza”.
Anche se …
In questi ultimi decenni, indipendentemente dal polemico dibattito sul tema della tutela linguistica della comunità, la vita nella Slavia segue il suo difficile percorso fatto di sottosviluppo economico, emarginazione sociale, emigrazione e scompensi di varia natura.
In quel difficile contesto socio-economico ed esistenziale, la locale classe dirigente si sforzava di dare, comunque, qualche risposta alla crisi strutturale che sembrava destinare la comunità delle Valli ad una rapida estinzione. Già all’inizio degli anni ’60, si manifesto' con forza l’esigenza di specifiche iniziative tese a favorire lo sviluppo, in particolare di quello turistico ed infrastrutturale del territorio. E’ così che, nel 1962, senza alcun riferimento legislativo, ma come espressione della volontà degli amministratori locali, tra i sette Comuni delle Valli del Natisone ed i Comuni di Torreano e Prepotto, nasceva la “Pro Valli del Natisone”. Non si può non leggere in questo atto una chiara manifestazione della caparbia autonoma volontà, di coloro che hanno in mano il destino politico-programmatico della comunità, di non rinunciare alla lotta per la sopravivenza e di tentare, anche da soli, di trovare una via d’uscita ad una situazione quasi disperata.
Ma non è tutto. Tra il giugno ed il novembre del 1971, dopo un ampio e capillare dibattito politico, i Consigli degli stessi nove Comuni deliberavano di unirsi in Consorzio al fine, come recita l’articolo 2 dello Statuto del Consorzio stesso “di favorire lo sviluppo economico e sociale delle valli del Natisone operando in armonia con i contenuti del programma e del piano urbanistico della Regione Friuli-Venezia Giulia, in tutti i settori economici interessati ed in particolare nel settore del turismo, dell’urbanistica, dei lavori pubblici, degli insediamenti industriali ed artigianali, dell’ agricoltura, ecc … . “ Il 30 novembre 1972, con il decreto n. 358 dell’Assessorato agli Enti locali, veniva formalmente costituito il Consorzio denominato “Comunità delle Valli del Natisone”.
Purtroppo, il Consorzio potrà funzionare solo per tre anni. Poi, in applicazione di una legge nazionale ed in considerazione della delimitazione, con legge regionale, del territorio delle Comunità Montane, con l’aggiunta della parte montana del Comune di Cividale, verrà istituita la “Comunità Montana Valli del Natisone”. Con questo atto viene a cadere, per la prima volta, il principio della limita autodeterminazione di questa specifica comunità..
Il resto è storia nota che ci porta ai giorni nostri.
E’ in questo contesto storico, costituzionale di prospettiva europea che dobbiamo collocare la nostra decisione di chiedere con questa delibera all' Amministrazione Regionale, l' esclusione dall' Unione Montana , ed è una responsabilità di non poco conto.
Ritengo che questo consesso debba non solo decidere di uscire dall’Unione proposta dalla legge ma, anche soprattutto, solennemente riconsegnare alle popolazioni della Slavia, come atto dovuto e di fiducia nei loro confronti, il diritto ad amministrare se stesse, ovviamente nel limiti delle competenze del nuovo organismo.
Solo una Slavia istituzionalmente “autonoma” potrà non solo diventare partner essenziale di una forte collaborazione con Cividale nel segno della necessaria e sinergica interdipendenza tra i due territori ma anche riprendere in mano, con determinazione e rinnovato slancio democratico, le questioni legate al suo sviluppo socio economico e dalla tutela della sua identità culturale e linguistica.
La logica conclusiva di questo mio intervento può essere efficacemente riassunta nell’espressione del filosofo francese Jacques Maritain secondo il quale bisogna “diversificare per meglio unire".
Roberto Novelli