I santuari del Friuli
Castelmonte
Nella rete di santuari che copriva e copre il Friuli - alcuni rinomati, altri solo locali; alcuni di lunga e secolare tradizione, altri più modestamente « specializzati » per la protezione contro la
tos pagàne
, la difterite, il « mal caduto », la sterilità... tutti sempre frequentati per invocare pioggia e sereno - ce ne sono alcuni che possono assumere giustamente, anche per la loro collocazione geografica, la veste di simboli di una regione di confine come il Friuli:
luoghi di incontro e di convivenza fra le etnie che circondano e sono presenti nell’area friulana.
Castelmonte
il più antico, il più rinomato, il più frequentato da sloveni e friulani, con la sua Madonna nera che aveva preso possesso della cima del monte dopo aver sconfitto il demonio in una corsa rimasta celebre nella tradizione popolare, nonostante i trucchi e i sotterfugi del maligno capace di bucare con le corna le pareti della montagna.
Lussari Luschariberg - Visarje
il più alto sulle montagne, dove la statuetta lignea miracolosamente rivelatasi al povero pastore di Camporosso, accoglie e ascolta insieme dal 1360 i canti dei carinziani, degli sloveni e dei friulani, accanto ai cacciatori sacrileghi trasformati in roccia dalla Madonna.
Sauris
l’isola tedesca nel mezzo delle montagne della Carnia, con il suo santuario che conserva il dito di sant ‘Osvaldo:
vi salivano numerosi i pellegrini friulani e carinziani fin dal sec. XIV a chiedere protezione contro le ricorrenti pestilenze.
Accanto a questi, i più rinomati, altri santuari accoglievano pellegrini di lingua e cultura diversa, nel segno di una pacifica convivenza:
il Monte Santo
sopra Gorizia,
Clauzetto
e i suoi
spiritétz
,
e, oltre confine,
Maria Zell
dove ogni anno molti paesi carnici si recavano a sciogliere i loro voti.
Una maglia di legami e di scambi costruiti sotto il segno della religiosità popolare che costituisce l’altra faccia di una realtà che ha visto troppe volte le popolazioni confinanti in contrasto e in lotta per ragioni che rimanevano estranee e lontane.
G. P. Ori