Gli scavi di Biarzo


Resoconto degli scavi effettuati nel riparo di Biarzo dalla prof.sa Bressan
Siamo tanto antichi da non ricordarcelo più.

Dunque è provato che siamo molto antichi; per ora possiamo dire dagli anni che vanno tra il 8.000 e il 6.000 avanti Cristo.
Le analisi di laboratorio preciseranno meglio la data in tale arco di 2.000 anni.
Questo è il risultato cronologico degli scavi effettuati quest'estate a Biarzo, in un riparo sotto roccia, sulla riva del Natisone.

L'insediamento era stato scoperto dai soci del Circolo Speleologico ed Idrologico friulano, che nel 1980 avevano fatto alcuni sondaggi esplorativi, ritrovando resti che si rivelarono di notevole interesse all'esame della dotta Francesca Bressan, incaricata della sezione paletnologica del Museo Friulano di Storia Naturale.
Richiesta ed ottenuta dal competente ministero la concessione degli scavi, questi si sono potuti attuare grazie all'intervento della nostra Comunità Montana, dell'Amministrazione Provinciale e del Comune di Udine, organizzati dal Museo di storia naturale, con la direzione della stessa dott.sa Bressan e del Prof. Antonio Guerreschi, dell'Università di Ferrara, ben noto per i suoi lavori in Italia e all'estero.
L'opera è stata condotta con estremo rigore scientifico, individuando nei diversi strati del terreno i diversi periodi in cui il riparo fu usato da questi nostri lontani antenati, tenendo conto della qualità e della forma degli oggetti ritrovati; negli strati superficiali, quindi quelli ultimamente abitati, sono presenti rari frammenti di ceramica.

Tra gli oggetti più antichi rinvenuti, vi sono strumenti in pietra, detti "a dorso", per avere la parte tagliente da un solo lato, come i "grattatoi" usati per scuoiare gli animali o per pulire dai residui le pelli destinate alla concia; numerosi e interessanti anche i microliti, piccole schegge di pietra lavorate in forma di triangolo o di trapezio che erano incastrati in pezzi di legno, per farne zagaglie a più punte, armi veramente micidiali.

Che la pesca costituisse pratica frequente di questi antichi e testimoniato dalla presenza in tutti gli strati di vertebre di pesci, che erano pescati non certo "a mosca" o "lancio", come oggi, ma con arpioni immanicati su aste di legno, com'è testimoniato dal ritrovamento di uno di questi attrezzi a più punte in osso, che, anche se mancante della parte terminale, è prezioso per la sua rarità.
Non mancano neppure piccole conchiglie marine, allora usate come merce di scambio, che però, essendo forate, fanno anche pensare a collane o braccialetti di cui si ornassero le donne di allora.

Molto abbondanti anche i resti d'ossa animali, che permetteranno di stabilire quali fossero allora presenti, nei diversi periodi, nelle nostre Valli e quali fossero le prede preferite da quei cacciatori, i quali, pur non essendo ancora agricoltori, non disdegnavano la raccolta di bacche e di frutti spontanei di cui si sono trovati i resti.
Pare che ci siano anche dei vinaccioli, il che testimonierebbe l'antichità di certe preferenze!
I resti d'ossa bruciate sono particolarmente importanti per stabilire l'età degli insediamenti; infatti, le ossa degli animali vivi contengono una certa quantità di C14, cioè carbonio dotato di radioattività, che si riduce di quantità note con il trascorrere del tempo, perciò, misurando con accurate analisi di laboratorio la radioattività che oggi resta si può stabilire con notevole approssimazione, il tempo in cui tali animali erano in vita.

Certo che la dottoressa Bressan ha detto queste cose e molte altre, assai meglio e con più precisione di chi scrive, nel corso della sua conferenza al Circolo culturale di S. Leonardo, il 13 agosto scorso, e con lei ci scusiamo d'eventuali imprecisioni.
Ma quanto Lei ha detto e le diapositive che ha mostrato, hanno avvinto le persone presenti, molto numerose, così come gli scavi hanno suscitato l'entusiasmo dei giovani che vi hanno partecipato e che qui meritano di essere ricordati:

Roberto Zucchini, Ferruccio Luppi, Laura Giovannelli, Glauco Toniutti, Sonia Borghese, prof.ssa Pina Petruccio, dott. Licia Nadalet, dai soci del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano dott. Giuseppe Muscio, Maurizio Ponton, Maura Tavano, Gino Monai, che hanno tutti validamente collaborato ai lavori.
Alla fine dello scavo ha visitato il sito il professor Alberto Broglio dell'Università di Ferrara, studioso di fama internazionale per i periodi preistorici più antichi.

Il Presidente della Comunità Montana, nel presentare la dr.ssa Bressan a S. Leonardo, ha tenuto a ringraziare particolarmente la stessa, il prof. Guerreschi e tutti i collaboratori, augurandosi che gli scavi di Biarzo continuino, anche per approfondire la ricerca degli strati più bassi, che potrebbero portare ad una non improbabile determinazione di data più antica, auspicando anche che le ricerche si estendano, per riempire il vuoto che va tra questi più antichi abita-tori e le prime notizie storiche delle Valli, per "inquadrarne più precisamente" la posizione nell'ambito del preistoria di tutta la regione.

(da "Valli del Natisone" anno 2 n. 2 - settembre 1982)

A S. PIETRO PER RICERCARE I SEGNI DELLA NOSTRA PIÙ ANTICA CIVILTÀ

Anche in Friuli negli ultimi tempi si trovano sempre più spesso reperti risalenti a periodi molto antichi.
L'insieme d'oggetti preistorici - pietre scheggiate, ceramiche, ossa d'animali, - serve per ricostruire il tipo di vita in uso nel passato, l'ambiente circostante, l'economia praticata dagli antichi.
L'elaborazione, mediante studi accurati dovuti a personale specializzato, di dati che aiutino a ricostruire la storia dei nostri antenati è un fatto per tutti importante, per riconoscere il nostro passato, e giustifica il progresso delle scienze archeologiche.

Molto spesso succede che degli appassionati scoprano nei campi frammenti di cocci, ossa o pietra; essi segnalano il fatto agli archeologi che, se è il caso, interverranno mediante scavi, autorizzati sempre e soltanto dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, perché gli oggetti archeologici, anche se trovati in superficie, appartengono allo Stato affinché siano disponibili per il bene di tutti.
Lo scavo, è eseguito con metodo scientifico, procedendo con cautela non solo per recuperare gli oggetti ma anche per capire in che modo e grazie a cosa gli strati di terra si siano depositati uno sopra all'altro.
Così lo strato più alto conterrà, evidentemente, materiali più recenti mentre quello in basso ne conserverà di più vecchi. Si scava secondo certe regole, si setaccia la terra, si recuperano strumenti di selce (grattatoi, bulini, punte di freccia di vario tipo a seconda del periodo) o frammenti di vasi di ceramica; le ossa degli animali, anche se in pezzi, servono per capire se l'economia era basata sulla caccia soltanto o anche sull'allevamento. Si raccolgono gli eventuali carboni di legna che indicano la presenza di un focolare e che servono per la datazione.
L'insieme di queste operazioni chiarisce con esattezza il periodo al quale si fa risalire il sito archeologico.

Le Valli del Natisone contribuiscono in maniera notevole a fornire dati per l'inquadramento di determinati periodi preistorici in Friuli.
Grotte, anfratti, colline e dorsali montane contengono ancora o contenevano importanti resti archeologici.
Non certamente tesori, nel senso prezioso della parola, e anche se il materiale è povero, è pur sempre testimonianza di varie epoche, importantissime per ricreare la vita degli antichi abitatori di queste valli e per scoprire la loro provenienza o la direzione delle vie commerciali del tempo.
Nei pressi di S. Pietro al Natisone, in un sito preistorico scoperto dai soci del Circolo Speleologico e Idrologico Friulano di Udine (C.S.I.F.), si svolgerà quest'estate uno scavo che riguarda un periodo abbastanza antico, risalente a circa diecimila anni a.C..

Lo scavo, organizzato dal Museo Friulano di Storia Naturale di Udine, sarà diretto dal dott. A. Guerreschi dell'Istituto di Geologia dell'Università di Ferrara (lo specialista ha pubblicato, fra l'altro, lo studio sui materiali paleolitici del Piancavallo) e dall'equipe formata dalla scrivente, incaricata della Sezione paletnologica del Museo Friulano di Storia Naturale di Udine, dal dott. M. Cremaschi, geomorfologo del Museo di Reggio Emilia e dal dott. B. Sala dell'Università di Ferrara, specialista in materia d'ossa animali, con l'aiuto dei soci del C.S.I.F. e di volontari.

Nel 1981 il Comune di Udine, con il Museo Friulano di Storia Naturale ed i Civici Musei di Storia ed Arte, ha presentato al pubblico friulano la Mostra "Preistoria nell'Udinese - testimonianze di cultura materiale"; si voleva in questo modo fare il punto sulle ricerche preistoriche nella Provincia di Udine per indicare agli studiosi le vie future d'intervento ed al pubblico una testimonianza concreta del passato.
Tra gli oggetti esposti allora vi era anche del materiale della località sopra indicata.
Ci si augura che la preziosa collaborazione della Comunità Montana Valli del Natisone permetta la realizzazione di questo progetto, importante per la ricostruzione di un momento di storia del Friuli.
Francesca Bressan - da Valli del Natisone Anno 2 n. 1 - maggio 1982

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